È tra le regioni in cui il tasso di disoccupazione è tra i più alti: quasi il quarantasette per cento per i giovani tra i 15 e i 24 anni e ben oltre il ventisette nella fascia immediatamente seguente, tra i 25 e i 34. Per risolvere il problema la Sardegna punta ancora una volta sui tirocini. Nessuna certezza di un inserimento finale, ovviamente: un semplice tampone della situazione.
La Regione ha pubblicato ai primi di febbraio un avviso pubblico per tirocini negli uffici giudicanti del distretto della corte di appello di Cagliari. Gli stage in questione sono «destinati a giovani laureati in materie giuridiche ed economiche». Nello specifico a 103 disoccupati tra i 18 e i 35 anni che per sei mesi lavoreranno 30 ore alla settimana con un rimborso mensile di 450 euro. Per i primi 48 posti, quelli per la città di Cagliari, la scadenza era il 4 marzo. Diverse invece le scadenze per le altre sedi: per i 23 posti a Sassari, sempre accorpando tribunale, giudice di pace, tribunale per i minorenni,ufficio di sorveglianza e sede distaccata della corte di appello, si può fare domanda fino al 24 marzo. Stessa scadenza per gli otto tirocini di Tempio Pausania e La Maddalena. Mentre per i complessivi 24 posti di Lanusei, Oristano e Nuoro le domande vanno consegnate dal 24 marzo fino al 14 aprile. Complessivamente, quindi, ci sono ancora a disposizione 55 stage.
L’avviso è finanziato dall’Agenzia sarda per le politiche attive del lavoro (Aspal) con 540mila euro a valere sulla missione 15, programma 2, del bilancio di previsione pluriennale 2019-2021, approvato a fine febbraio.
Gli aspiranti tirocinanti, come espressamente indicato nel bando, devono alla data di presentazione della domanda essere domiciliati in Sardegna ed essere disoccupati ai sensi del decreto legislativo 150 del 2015. Quest’ultimo requisito deve essere posseduto nel momento di presentazione della domanda e mantenuto per tutta la durata del tirocinio, così come la Regione Sardegna ha precisato. Gli aspiranti stagisti non devono poi essere beneficiari di altro intervento di politica del lavoro o essere iscritti all’albo degli avvocati, nemmeno nel registro dei praticanti.
Per partecipare bisogna presentare entro i termini previsti la domanda presente sul sito completa di documento e curriculum vitae. A questo punto l’Aspal attribuirà un punteggio alle candidature pervenute che sarà completato da un colloquio motivazionale.
Nel bando alla voce “caratteristiche dei tirocini” si precisa che gli stage hanno una durata di sei mesi «eventualmente prorogabile di ulteriori sei». Insomma, con tutta probabilità dureranno complessivamente un anno.
Il punto nodale, però, è che questo tipo di stage difficilmente porterà a un inserimento finale. Uno dei principali problemi dei tirocini negli uffici giudiziari, che da sempre la Repubblica degli Stagisti sottolinea, è che l’assunzione post stage non è nemmeno ipotizzabile. E purtroppo questi percorsi formativi non forniscono competenze poi spendibili sul mercato del lavoro, specialmente nel settore privato. Ed è qui che si concentrano tutte le contraddizioni di iniziative di questo tipo.
Uno stage serve principalmente a far capire a un giovane che cosa significa il mondo del lavoro, come ci si comporta, quali regole seguire. Ma al giorno d’oggi è soprattutto un primo passo per entrare e cercare di rimanere nel mercato del lavoro. Offire uno stage in un campo come quello della giustizia, dove si entra solo tramite concorsi pubblici, e farlo proprio in un ambito dove da anni – come ampiamente documentato dalla Repubblica degli Stagisti – si susseguono tirocini di tutti i tipi (da quelli in Garanzia giovani a quelli con progetti provinciali, dai bandi alle dirette dipendenze del ministero della giustizia a quelli su sola base regionale) che non hanno mai portato ad un’assunzione finale, non è certamente un buon biglietto da visita. E non lo è nemmeno includere dei disoccupati laureati ultratrentenni in un percorso senza sbocchi.
Nel testo dell’avviso, è vero, viene precisato che «il tirocinio non costituisce rapporto di lavoro, ma è un’esperienza pratica» che consentirebbe, quindi, il contatto diretto dello stagista con l’organizzazione e l’opportunità «di acquisire competenze e conoscenze specifiche, tecniche relazionali e trasversali che possono agevolare e supportare le scelte professionali oltre che favorire il suo ingresso o reingresso nel mercato del lavoro».
Ma proprio nelle competenze e conoscenze specifiche che c’è un’incongruità. La stessa che ha riguardato i tirocinanti della giustizia che all’incirca dal 2010 affollano gli uffici giudiziari di tutta Italia, portando risultati apprezzati da tanti Presidenti di Corti di appello. Una platea larghissima che coinvolge cassintegrati, anche over 50, neo laureati in giurisprudenza, trentenni disoccupati: tutti destinatari di progetti in cui hanno acquisito e sviluppato competenze e conoscenze specifiche che non hanno portato a nulla. Oggi, per esempio, quanti erano stati inclusi nel cosiddetto ufficio per il processo hanno terminato a dicembre il percorso e a tutt’oggi non si sa quale sarà la loro sorte. Mentre gli esclusi da questo percorso, che in alcune regioni erano stati inclusi in progetti locali, si trovano tutti in fasi diverse. Tre esempi su tutti: chi ha da poco ripreso con l’ennesima proroga, come Lazio e Calabria, chi non è mai stato rinnovato come l’Abruzzo.
Il tirocinio avrebbe dovuto migliorare l'occupabilità di questi disoccupati, proprio come in questo nuovo caso sardo. Ora sottolineare le differenze è d’obbligo: qui c’è un’età limite, seppure alta, l’obbligo di una laurea in settori precisi come giurisprudenza o economia. Ma l’iter del percorso non sembra molto distante da quello che ha illuso per anni tanti altri. E a tutti i disoccupati sardi che nonostante tutto presenteranno domanda di partecipazione, se non altro attirati dal rimborso spese, val la pena ricordare che tra sei mesi, un anno al massimo, dovranno ancora una volta ricominciare tutto da capo. Con un bagaglio di nuove competenze difficilmente spendibile in altri settori.
Marianna Lepore
Foto in alto: Firma dell'accordo di collaborazione tra Regione e Corte d'appello di Cagliari, da sinistra Gemma Cucca, presidente della Corte di appello di Cagliari, Francesco Pigliaru, presidente Regione Sardegna, Virginia Mura, assessore al lavoro.
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