Tirocini curriculari, c'è chi li fa anche all'interno dell'università

Francesco Piccinelli Casagrande

Francesco Piccinelli Casagrande

Scritto il 29 Ago 2016 in Approfondimenti

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Forse non tutti sanno che gli stage curriculari, quelli svolti dagli studenti durante un percorso di studi, possono essere effettuati anche all'interno delle università. Non di tutte, a dir la verità: ma la maggior parte degli atenei italiani prevede questa formula, e permette dunque a molti suoi studenti di fare stage negli uffici amministrativi, nei laboratori, ovunque vi sia attività lavorativa.

Non esistono dati precisi sul numero di tirocini curriculari attivati ogni anno, perché il ministero dell'Istruzione non li monitora; però per esempio il consorzio Almalaurea stima che tra coloro che si sono laureati nel 2015 siano 131mila coloro che hanno svolto almeno un tirocinio durante il loro corso di studi. Di essi, il 21,7% ha svolto la propria attività curricolare all’interno degli atenei.

Significa che 28mila giovani tra quelli che si sono laureati nel 2015 (Almalaurea indaga qualsiasi ciclo di studi: dunque chi ha preso la laurea triennale, chi la specialistica, chi una laurea a ciclo unico...) hanno svolto almeno un tirocinio all'interno della propria università. In ambito letterario, il 29,2% dei tirocini curricolari si sono svolti all'interno degli atenei, stessa percentuale dell'ambito agrario. Nelle facoltà scientifiche, mediche e bio-geologiche, invece, si arriva, rispettivamente al 42,3%, 53,5% e 54,1%.

Questo tipo di tirocini “interni” è meno frequente di quelli “esterni” anche per stessa scelta delle università. Per esempio, l'articolo 2 del “Regolamento in tema di tirocini” di quella di Palermo recita: «I tirocini sono di norma svolti presso soggetti ospitanti esterni convenzionati con l’università. I tirocini destinati ad essere svolti all'interno dell'università hanno carattere eccezionale e devono essere adeguatamente motivati».

Addirittura la Statale di Milano nemmeno prevede nella documentazione la terminologia “tirocinio interno”. «Certo, ci sono delle facoltà che organizzano attività curricolare all’interno dei laboratori dei dipartimenti» spiega Barbara Rosina, responsabile del Cosp, il Centro per l'Orientamento allo Studio e alle Professioni della Statale: «Ma non sono degli stage, sulla base della normativa nazionale e regionale. Soggetto ospitante e promotore sono soggetti diversi, e sono soggetti diversi in quanto il soggetto promotore, l’università deve fare da garante tra le parti. Che garanzie può offrire un soggetto che è sia garante che soggetto ospitante?»

Il punto è che «in Statale a un’attività di laboratorio vengono riconosciuti crediti, per esempio, se uno studente di agraria fa la tesi presso i nostri laboratori o se, come nell’ambito delle biotecnologie, gli studenti hanno bisogno di strumentazioni e tecnologie che non sono presenti nelle aziende del settore privato. Per quanto ci riguarda, la legge 142/1998 è scritta così».

La Rosina fa riferimento al decreto legge di attuazione del Pacchetto Treu: l'unico che fa ancora fede per i tirocini curriculari, malgrado sia ormai obsoleto e in alcuni punti addirittura in contrasto con le nuove normative in materia di tirocini extracurriculari – motivo per cui la Repubblica degli Stagisti da anni chiede al Miur una revisione del quadro normativo degli stage curriculari.

Altri atenei interpretano la normativa in modo diverso. L’università di Verona per esempio sulla sua pagina “stage” ha predisposto un tutorial in pdf per spiegare come possono essere attivati stage interni e conseguire i crediti conseguenti. Come spiega la sezione “informazioni generali” della pagina web dell’ufficio stage e tirocini, il soggetto ospitante è la struttura universitaria dove si svolge il tirocinio (non l’università nel suo complesso), mentre l’ateneo, in quanto tale, svolge la funzione di garante, come soggetto promotore.

Anche l’università di Bologna permette la possibilità che di effettuare tirocini interni, anche se le procedure per attivarli non sono state ancora digitalizzate, a differenza di quelle degli altri tirocini. Il dipartimento di informatica dell’ateneo è molto organizzato in questo senso. Lo studente può scegliere quale area tematica gli interessa di più e, alla fine, seguire il gruppo di ricerca che più interessante. «Nel mio laboratorio gli stagisti non fanno certo gli amministrativi» specifica alla Repubblica degli Stagisti Danilo Montesi, ordinario dell’Alma Mater.

«I tirocinanti ci sono molto utili» ammette Francesco Olmastroni, Field manager del Laps, il Laboratorio di Analisi politica e sociale dell’università di Siena – struttura che si occupa di condurre indagini demoscopiche per conto di soggetti pubblici e privati avendo lavorato, nel corso degli anni, per numerose istituzioni: «Nel laboratorio svolgono molte attività, come condurre interviste telefoniche e raccogliere dati. Alcuni stagisti arrivano a intervistare anche appartenenti alle élites politiche per i nostri progetti di ricerca più importanti.» continua «Quelli più bravi vengono coinvolti anche nell’analisi dei dati». Il lavoro presso il Laps può essere l’inizio di una carriera di ricerca: «Io stesso
ho cominciato qui» ricorda Olmastroni «prima di trasferirmi per un periodo di studio negli Stati Uniti».

I tirocini curricolari presso gli atenei si svolgono pressochè sempre a titolo gratuito. Anche perché nessun ente ospitante è obbligato a offrire un rimborso spese in caso di stage curricolari, neanche le università. Il compenso per il lavoro fatto, in pratica, sono i crediti formativi universitari (cfu) che vengono conseguiti durante il tirocinio. Eppure, in Toscana esiste un bando interno al programma “GiovaniSì”, finanziato dal Fondo sociale europeo, che dovrebbe fornire un aiuto economico a tutti i tirocinanti. Anche a quelli curriculari, quindi. Il problema, però, è che i tirocini curricolari non sono, in genere, abbastanza lunghi per rientrare nei limiti del bando che prevede un minimo di 300 ore (che equivalgono a circa 2 mesi) o almeno 12 cfu.

«Non è mai capitato che siano atenei a richiedere ammissioni al contributo del Fondo sociale» racconta Mirko Carli dell'ente Diritto allo studio universitario toscano alla Repubblica degli Stagisti: «Gli atenei sono i soggetti che promuovono i tirocini con aziende e non ho mai avuto notizia, dall’attivazione del programma, che siano state delle università a richiedere rimborsi per gli stagisti che operano al loro interno».

Il meccanismo del programma “GiovaniSì” prevede che siano le aziende ospitanti a offrire quelli che la documentazione regionale definisce “tirocini retribuiti” – anche se la terminologia non è proprio correttissima, dato che gli stage non sono contratti di lavoro e dunque non possono generare “retribuzione” – con 500 euro mensili. In caso siano convenzionate con l’università e il progetto formativo sia in regola con il bando, la Regione rimborsa 300 euro per ogni mensilità di stage alle aziende (o altri enti) che ospitano studenti senza disabilità, una volta che lo stage è concluso. Il rimborso sale a 500 euro in caso lo studente sia disabile.

Gli stage interni non sono mai stati particolarmente presi in considerazione dalla normativa, e di conseguenza dagli incentivi. Anche il fondo per i tirocini curricolari, costituito con il decreto ministeriale 1044/2013, non era concepito per sostenere gli stage interni. Non solo, quei decreto era solo un una-tantum che, ricordano dal ministero dell’Istruzione, dopo il 2014 non è stato più rinnovato.

Eppure ci sono studenti che scelgono espressamente di effettuare il loro tirocinio all’interno delle università. «Il più grande rimpianto che ho è quello di non aver potuto fare la fase di analisi dei dati» dice Giusuè Cerciosimo, stagista del Laps di Siena: «Ma rifarei il mio tirocinio all’interno dell’ateneo: farne uno in azienda non mi è mai neanche passato per la testa!».

Francesco Piccinelli Casagrande

foto di copertina da Wikipedia, Laboratorio del campus Santa Marta dell'università Ca' Foscari di Venezia

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