Disoccupati in stage nei tribunali italiani da otto anni, l'UE non li conosce malgrado le interrogazioni

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 09 Mar 2018 in Notizie

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«La Commissione non è al corrente dei tirocini ai quali fa riferimento l'onorevole deputata. Per questo motivo non può valutarne la conformità al quadro di qualità per i tirocini». A parlare è Marianne Thyssen, commissaria europea per l’occupazione rispondendo il 19 febbraio a una interrogazione con richiesta di risposta scritta presentata a inizio dicembre dello scorso anno da Laura Ferrara, 34 anni, europarlamentare del Movimento 5 stelle.

La questione non è nuova per la Repubblica degli Stagisti: l’esponente del M5S, infatti, nella sua interrogazione chiede conto alla Commissione dell’uso che il ministero della Giustizia italiano fa dei suoi stagisti. Il riferimento è ai tirocinanti degli uffici giudiziari di cui la RdS ha ampiamente raccontato in questi anni la sorte. Una storia cominciata nel maggio 2010 per 50 lavoratori: soggetti in cassa integrazione o mobilità appartenenti alla provincia di Roma. Per loro era previsto un rimborso spese di 400 euro lordi mensili e a loro era affidato il compito di aiutare il complesso e rallentato iter all’interno degli uffici giudiziari. Un processo che funzionava così bene da essere esteso a tutta Italia, arrivando a coinvolgere migliaia di persone.

La pentastellata Ferrara non è nuova alle interrogazioni al Parlamento europeo per chiedere lumi su questo insolito sistema. Già nel dicembre 2014, infatti, aveva presentato un’interrogazione sui “precari” della giustizia, come si sono autodefiniti questi tirocinanti. L’europarlamentare ricordava che «dal 2010 in Italia risultano attivati tirocini negli uffici giudiziari
tramite convenzioni con enti locali finanziati con fondi europei, poi reiterati dal ministero della giustizia» per circa 3mila stagisti e spiegava che, ad esempio, in Calabria «risultano spesi per i tirocini iniziali fondi europei Por Fse 2007-2013 mirati al reinserimento nel mondo del lavoro con Asse I». Ma visto che questi tirocini non sono mai sfociati in alcuna forma di contratto di lavoro, utilizzando in maniera non appropriata i fondi europei, Ferrara chiedeva alla Commissione se fosse al corrente di tutto questo e quali iniziative intendeva «intraprendere per accertare il corretto utilizzo dei fondi europei e indurre il governo italiano a porre rimedio alla precarietà generata dai tirocini».

Già in questo caso la risposta, del gennaio 2015, arriva da Marianne Thyssen che scrive come per la Commissione «i tirocini in oggetto siano stati organizzati in linea con il programma operativo per la Calabria del Fondo sociale europeo e pertanto rispondano agli obiettivi cui erano destinati» ovvero quelli di prevenire i rischi di disoccupazione

Quindi nel 2015 per la Commissione europea era tutto nella norma (!).
E non è un anno qualsiasi
per i tirocinanti. Perché è nel marzo di quell’anno che il “perfezionamento del completamento” del tirocinio, stabilito con la legge 147 del 2013, si conclude e nel frattempo il ministro della giustizia Orlando istituisce l’ufficio del processo per smaltire l’arretrato degli uffici giudiziari, decidendo di inserire al suo interno – in base a quanto stabilito da una legge, la 132 del 2015 - anche un tirocinante da affiancare al cancelliere. In pratica si trova il modo per far continuare a lavorare nei tribunali i soliti stagisti che però, per errori di calcoli o volontà precisa – questo non è dato sapere – vengono ridotti da bando a 1502, superando la selezione in 1115.

Per gli esclusi dall’ufficio del processo iniziano varie trattative che portano mano mano alla creazione a macchia di leopardo di nuovi bandi su base regionale, per cercare di dare un prosieguo al percorso cominciato nel 2010. Due esempi su tutti: il Lazio e la Calabria. Nel primo caso per una parte degli esclusi è partito un progetto regionale nel giugno 2016 della durata di un anno. Percorso prorogato nel giugno dell’anno scorso per altri 12 mesi per le 143 risorse rimaste. Un tema rientrato anche nella campagna elettorale del neo riconfermato presidente della Regione, Nicola Zingaretti, che nel suo programma si è assunto l’impegno a eliminare anche questa forma di precariato, al momento sostenuta con periodi formativi «nella prospettiva futura di accordi per una loro piena valorizzazione da parte dell’amministrazione statale competente».

Nel caso della Calabria, invece, dopo una prima fase di stallo dovuta a una richiesta di ampliare il bacino dei tirocinanti,alla fine nel marzo dell’anno scorso è stata firmata una nuova convenzione per 650 tirocinanti, più 23 posti nella suddivisione dell’ufficio per il processo.
Alla firma della convenzione è seguita, a maggio, una “manifestazione di interesse” per mille lavoratori da cui, secondo la convenzione, gli uffici giudiziari hanno potuto attingere per attribuire 650 tirocini, della durata di 12 mesi. Ma la convenzione ha validità di un anno «con possibilità di rinnovo per un ulteriore periodo di pari durata», mettendo quindi nero su bianco la possibilità di un prosieguo.

La Commissione europea, però, con l’ultima risposta data sembra non essere per nulla al corrente delle infinite proroghe che con nomi simili o differenti hanno consentito agli uffici giudiziari italiani di andare avanti con lavoratori a basso costo, grazie a fondi europei e soprattutto contro tutte le normative in materia di tirocini extracurriculari che ne vietano la reiterazione.

Tanto che Ferrara ha deciso di presentare lo scorso 20 febbraio, quindi il giorno dopo la risposta della Thyssen, una nuova interrogazione con richiesta di risposta scritta in cui dichiara che «da parte delle regioni è illegittimo continuare a destinare risorse del FSE per formare le stesse persone già formate negli anni», e che tali tirocini non sono mai sfociati in un contratto di lavoro, «per cui i fondi utilizzati non hanno perseguito alcuna finalità di inserimento o reinserimento lavorativo». E chiede alla Commissione se «È a conoscenza dell'uso improprio che le regioni italiane fanno delle risorse del FSE» e se intende intraprendere qualche iniziativa per porre rimedio alla precarietà generata da questi tirocini.

In tutto questo, però, una nota positiva c’è e va raccontata. Ed è quella che si è ottenuta dopo
la dura battaglia portata avanti in questi anni dalla Fp Cgil, sindacato che negli anni ha continuato ad avanzare le richieste dei tirocinanti, pur ricevendo spesso critiche da più parti. Già un anno fa la proposta era stata fatta: pubbliche selezioni attraverso i centri per l’impiego o riqualificazione del personale, con liberazione di posti per i tirocinanti alla base della piramide. Così a fine dicembre 2017 il ministro della giustizia, Andrea Orlando, ha annunciato di aver prolungato di un anno il tirocinio presso l’ufficio del processo, ma soprattutto di «aver inviato alla funzione pubblica la richiesta di procedere all’assunzione nel 2018 di 300 operatori giudiziari».  Un reclutamento che avverrà «mediante le liste dei centri per l’impiego, operazione che consentirà una corsia preferenziale per i tirocinanti che hanno completato il percorso presso l’ufficio per il processo negli uffici giudiziari».

Una notizia ben accolta dalla Fp Cgil, perché «può aprire la strada alla regolarizzazione di questi lavoratori». Anche se il sindacato non dimentica tutti gli altri, ribadendo che «vanno cercate risposte per l’intera platea che vadano al di là del tirocinio formativo, anche nell’ambito dei percorsi regionali che devono consentire una prospettiva a tutti i tirocinanti per una futura regolarizzazione anche in altre amministrazioni».

Insomma, che l’Europa ne sia a conoscenza o continui a pretendere di non esserlo, gli stagisti negli uffici giudiziari esistono. Da otto anni ormai entrano ed escono negli uffici, utilizzano password, organizzano il lavoro. Sono talmente essenziali da aver ricevuto da più presidenti di corti di appello attestati di stima, da aver attirato negli ultimi anni l’attenzione del mondo politico con interrogazioni varie, da aver scomodato regioni e ministero per cercare soluzioni, al momento quasi sempre solo tampone. L’unica a non essersi accorta di tutto è l’Europa, che proprio con i suoi fondi ha permesso il loro finanziamento.

Marianna Lepore

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