Nel 2007 Benedetta Bruzziches ha vinto il concorso Riccione Moda Italia per la categoria accessori, è stata decretata «Best Italian Talent» dalla Camera della Moda e da Alta Roma ed ha iniziato a lavorare, prima da stagista e poi con un contratto a tempo determinato, come assistente personale di Romeo Gigli per la collezione «Io Ipse Idem». Eppure l'anno che le ha cambiato la vita è stato il 2008. Nel novembre di quell'anno ha deciso di 'mollare tutto' accettando un'offerta di lavoro in India, dove ha cominciato a disegnare quelle borse che ora produce con la sua azienda. Un'attività di consulente che l'ha portata spesso in giro per il mondo e soprattutto le ha permesso di mettere da parte 30mila euro, somma che ha poi investito dando vita alla sua start-up.
Diplomata con lode all'Istituto Europeo di Design di Roma nel 2006, questa viterbese di 27 anni è un vulcano di creatività. Nel luglio del 2009, dopo appena un anno e mezzo trascorso in India, ha deciso di tornare in Italia. «Volevo realizzare una collezione mia, ci ho lavorato tutta l'estate e a settembre l'ho presentata». I primi passi non sono stati facili: «Non ho fatto una vera e propria ricerca di mercato, sono partita all'avventura. Giravo per Milano, mostrando le mie borse che piacevano a tutti. Ma non le comprava nessuno». All'epoca Benedetta aveva 24 anni: «Capivano che non avevo idea dei tempi di vendita, delle consegne». E dunque nessuno si fidava ad inserire nel proprio catalogo i suoi prodotti.
È stato allora che ha deciso di provare a venderseli da sola. Primo passo, uno spazio all'interno delle fiere che accompagnano la settimana della moda di Milano e di Parigi, ottenuto nonostante la sua richiesta fosse arrivata parecchio in ritardo rispetto alle normali scadenze. «Il tempo di un biscotto per la nostra collezione»: era questo lo slogan che accompagnava lo spazio espositivo insieme a un vassoio di dolcetti realizzati appositamente dalla madre. «In questo modo attiravo le persone all'interno del mio stand e in 50 secondi spiegavo tutto quello che riguardava le mie borse». Una strategia di marketing tanto golosa quanto efficace, che le ha permesso di portare a casa i primi 25 clienti. «In realtà ero un po' delusa, me ne aspettavo molti di più. Poi ho capito che era un ottimo risultato».
Così è nata l'impresa che porta il suo nome. Dopo essere partita con i risparmi del lavoro in India, Benedetta ha chiesto un fido ad una banca, sostenuta in questo dalla madre che ha un'azienda di produzione di olio e nocciole. Al momento la start-up, che ha sede a Viterbo, è una ditta individuale: «Dovrò darmi una struttura più articolata. Stavo pensando alla ssrl, vogliamo abbattere i costi». Ci sarà da aspettare però, visto che la società semplificata a responsabilità limitata sembra essersi incagliata nelle secche della burocrazia. Intanto la «Benedetta Bruzziches» continua ad occuparsi dell'ideazione della collezione di borse, che poi fa realizzare ad aziende esterne, generando un fatturato che ha raggiunto i 400mila euro l'anno. «Questo risultato nasce dalla mia filosofia di voler realizzare i prodotti in Italia, coinvolgendo il paese nelle nostre lavorazioni. La mia zona era un punto di riferimento per la maglieria fatta a mano ma ora queste abilità, come tante altre, si stanno perdendo. Per questo ho deciso di introdurre una linea di pelle intrecciata [nella foto, un esemplare della collezione], così da conservare questa forma di artigianato».
E magari creare qualche posto di lavoro nell'indotto, offrendo delle possibilità di occupazione ai suoi coetanei. «Le cose da fare ci sono, l'importante è aprire gli occhi: invece di lamentarsi della disoccupazione, chi vieta di inventare qualcosa di nuovo?». E mentre mentre disegna borse Benedetta pensa già a nuove attività: «Magari un'azienda di trasformazione dei prodotti del territorio». Un cambio radicale rispetto all'alta moda: «Quel che mi interessa è riuscire a raccontare storie, non essere definita un'imprenditrice. Anzi questo è l'aspetto che mi annoia di più: sono la disperazione del mio commercialista». Ci pensa il fratello Agostino, studente universitario 25enne, a ricordarle le scadenze fiscali. «L'idea di un contratto a tempo indeterminato mi mette ansia. Trovo il posto fisso monotono: non mi sono scandalizzata quando il premier Mario Monti l'ha definito noioso, io ne morirei» aggiunge Benedetta: «Mi rendo conto che per tante persone rappresenta un'entrata sicura ogni mese, ma non è quello che voglio, le mie priorità sono altre».
Ad esempio «avere un lavoro che mi piace», come appunto quello che svolge oggi: «Le mie borse vengono disegnate per delle donne che pensano, che vogliono leggerci una storia. Oggi le donne non si vestono più per essere belle, mentre le nostre nonne erano bellissime: la bellezza è una decisione». Come quella di partire, di punto in bianco, per l'India. O di tornare, altrettanto all'improvviso, in Italia per fondare una casa di moda.
Riccardo Saporiti
startupper@repubblicadeglistagisti.it
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