C’è una spaccatura, in Italia, tra chi ha potuto proseguire – e sta proseguendo – il suo stage da remoto durante il lockdown e chi non ha avuto questa opportunità, perché non era possibile svolgere le mansioni da casa oppure perché la Regione di riferimento ha vietato la modalità “agile”. Gli stagisti che sono stati lasciati a piedi questi due mesi sono rimasti privi di attività e hanno visto tagliata la propria fonte di reddito, ossia l’indennità mensile. Fortunatamente per molti invece è stato possibile proseguire lo stage da casa.
È il caso di Virginia Scardilli, ventitreenne piemontese, che dopo una triennale in Economia a Torino, un programma Exchange di sei mesi in Canada presso l’Université du Québec di Montréal, ora sta finendo la magistrale in Management alla Bocconi di Milano e da inizio febbraio è anche stagista in Marsh, una delle aziende virtuose che fanno parte del network della Repubblica degli Stagisti.
«Dopo circa un mese di stage in ufficio abbiamo iniziato a lavorare in modalità smartworking: il percorso formativo comprende alcune ore dedicate alla formazione e altre impiegate in attività di sales/commerciale» racconta: «Il passaggio è stato improvviso, come d'altronde per molte attività lavorative. È stato comunicato tramite e-mail dall’azienda e sono state immediatamente riprogrammate tutte le attività previste, in modalità telematica. È stato assegnato un tutor di riferimento per ognuno di noi stagisti, con il compito di supportarci e assegnarci le attività da svolgere».
Dal punto di vista della strumentazione tecnologica nessun problema, dato che un laptop le era stato consegnato pochi giorni dopo l’inizio dello stage. «La tecnologia è fondamentale in questo momento ed è ciò che permette la continuità delle mie attività». Ma anche l’aspetto umano non va trascurato: «Il contatto con i colleghi e con il mio tutor è quotidiano e costante. Dopo l’assegnazione delle attività da parte del tutor, nei giorni successivi avvengono aggiornamenti e feedback sullo stato di avanzamento del lavoro. La distanza ha in qualche modo rafforzato le relazioni e la collaborazione anche coi colleghi».
Scardilli è inserita all’interno di un percorso particolare che Marsh prevede per formare i giovani talenti, il “Sales Graduate Program”, rivolto a neolaureati interessati a una carriera commerciale nell'ambito della consulenza strategica, in particolare nell’intermediazione assicurativa. Il Program prevede una alternanza di momenti di formazione tecnica in aula e di formazione on-the-job con il costante affiancamento di un tutor durante tutte le fasi delle trattative commerciali. «Trattandosi di un Graduate Program, è stato chiaro fin da subito l’obiettivo da parte dell’azienda di puntare alla crescita professionale degli stagisti» aggiunge Scardilli: «il proseguimento delle attività in questi mesi senza interruzioni ha permesso che ciò potesse verificarsi».
La giovane bocconiana al momento prosegue il suo stage da Moncalieri, in provincia di Torino, dove vive insieme ai genitori e alla sorella: «Solitamente lavoro dalla mia camera al mattino e dal giardino al pomeriggio. Nonostante la mia casa permetta ad ogni membro della famiglia di avere il proprio spazio in cui lavorare e studiare, spesso lo condivido con mia sorella per favorire la concentrazione e l’impegno» dice: «Anche se lo smartworking permette ad ognuno di noi una gestione più autonoma del tempo, cerco comunque di rispettare le ore lavorative standard: 9-13 e 14-18. Avere la giornata organizzata e pianificata rende più efficace il mio lavoro, soprattutto da remoto».
Ma è consapevole che poter continuare è stata una fortuna: «Alla maggior parte dei miei amici e conoscenti lo stage è stato interrotto, con la conseguente perdita dell’indennità mensile. Per molti di loro è stato un duro colpo, specialmente per chi vive fuori sede in una città come Milano dove gli affitti e il costo della vita sono alti».
E c’è addirittura chi non solo fa lo stage ma contemporaneamente consegue anche la laurea e viene perfino assunto… tutto da casa. E’ il caso di Michele Nigro, 26enne ingegnere pugliese, da novembre dello scorso anno in stage presso Prometeia, una società di consulenza che da due anni fa parte dell’RdS network. Lui non solo sta completando lo stage da remoto, ma in questo periodo si è anche laureato, conseguendo la specialistica in Ingegneria Informatica presso l’università di Bologna, e tra pochi giorni passerà dallo stage a un vero contratto di lavoro, perché Prometeia ha deciso di assumerlo.
Fino a metà marzo raggiungeva tutte le mattine in bicicletta l’headquarter di Prometeia, a Bologna: uno stage svolto mentre ancora era studente, con orari flessibili per permettergli di mettere la preparazione della tesi in cima alla lista delle proprietà. Poi di colpo tutto è cambiato: «Qualche giorno prima della chiusura, quando era tutto ancora indefinito, ci è stato chiesto se avremmo avuto problemi a lavorare da casa» ricorda. Per lui nessun problema: con il portatile «fornito dall’azienda», e una buona connessione internet («ottima, fortunatamente») la prosecuzione dello stage da casa è avvenuta senza problemi. Ma certo la circostanza è quantomeno insolita: «Mai avrei immaginato di farlo», sopratutto «per un periodo così lungo e a causa di una situazione del genere».
La scelta di proseguire da casa è secondo lui quella giusta: «in questo modo posso avere continuità di apprendimento: restare fermo sarebbe stato controproducente». Anche la sua giornata-tipo è cambiata radicalmente. Sta passando questo periodo di lockdown in casa con la sua fidanzata, che fa l’infermiera: «Mi sveglio un po’ più tardi. Riesco a lavorare senza problemi, grazie agli strumenti che l’azienda ha fornito e alla disponibilità dei colleghi. Ho capito fin da subito di essere entrato a lavorare in un ambiente pieno di persone estremamente disponibili, e me ne rendo conto ancora di più adesso. Gli altri sono sempre ben disposti ad aiutarmi per qualsiasi dubbio o difficoltà, in particolar modo il mio tutor con il quale sono ovviamente in contatto molto più spesso».
Ma certo qualche accorgimento è stato necessario: «Non essendoci una separazione netta tra ambiente lavorativo e privato, la gestione dei tempi è differente». Tra i pro «posso staccare per fare spesa, non devo preoccuparmi di preparare il pranzo per il giorno dopo». Tra i contro «capita di lavorare nel fine settimana perché voglio – o non ho fatto in tempo – a portare a termine qualche compito». E poi «lo svago nel tempo libero è limitato a ciò che si può fare in casa: TV, videogame, libri».
Lo stage a distanza può anche essere un modo per cambiare ritmi e anche recuperare tempo prezioso. È il caso di Giovanna D’Angerio, stagista all'interno dell'ufficio People di everis, la primissima azienda ad aver aderito al network della Repubblica degli Stagisti ormai undici anni fa: «La mia giornata tipo iniziava con circa un’ora di viaggio in treno verso la sede di Milano, in via Arconati, con la speranza di non arrivare in ritardo a causa dei prevedibili ritardi. Poi pochi metri a piedi ed eccomi in ufficio: accensione del pc, inizio delle attività lavorative e coordinamento con le colleghe. Ambiente luminoso e accogliente. Al termine della giornata lavorativa rieccomi sul treno, con la stessa speranza del viaggio di andata: non regalare tempo ai ritardi».
Da due mesi il problema del ritardo dei treni, beh, non esiste più. Trentatré anni, pavese, laureata in Giurisprudenza con una tesi in Diritto tributario, D’Angerio aveva iniziato la pratica forense, ma poi capito che il mondo dei tribunali non faceva per lei: da qui il viraggio verso un master in Giurista d’Impresa a Milano, terminato con un focus proprio sullo smart working.
Oggi vive a Pavia, da sola: «Lavorando da casa certamente percepisco meno la stanchezza del viaggio, al quale dedicavo circa due ore al giorno! Impiego quel tempo leggendo il quotidiano, lavorando la maglia, creando puzzle, chiacchierando un po’ di più al telefono con la famiglia, guardando film… Le ore scorrono. Per fortuna affacciandomi al balcone ho la possibilità di vedere e parlare con persone che come me non possono fare altro che proteggersi dalla pandemia stando il più possibile in casa».
Il passaggio allo smart internshipping «non è stato affatto difficoltoso, in quanto nei giorni in cui si è iniziato a parlare di diffusione del contagio, per scrupolo, portavo il pc portatile con me e dalla ricezione della comunicazione della “chiusura degli uffici”, avevo già tutto l’occorrente per lavorare da casa». Tutto bene dunque? Sì, ma non per sempre: «Anche in questa situazione di “emergenza” ho tutto ciò che mi occorre per poter lavorare e restare in contatto con le colleghe: grazie alla tecnologia abbiamo la possibilità di condividere documenti e informazioni. Nel contempo, credo anche che per quanto la tecnologia svolga un ruolo centrale, non potrà però regalarci il contatto umano – la classica “pacca sulla spalla” di un collega in un momento di sconforto o l’entusiasmo del raggiungimento di un obiettivo condiviso». Dunque bene lo smart internshipping, ma nella speranza di poter presto tornare a vedere i colleghi anche di in carne ed ossa.
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