Qualche anno fa uscì un film che ebbe grande successo descrivendo in toni quasi grotteschi la situazione tremenda di migliaia e migliaia di laureati italiani, costretti a una vita precaria e a lavori lontani anni luce dalla loro formazione. Il film, di Paolo Virzì, si chiamava Tutta la vita davanti ed era liberamente tratto da un libro, Il mondo deve sapere: dopo il film ovviamente tutti corsero a recuperarsi il libro, il che fece la fortuna della sua autrice Michela Murgia.
In effetti, sono tante le cose che «il mondo deve sapere». Per esempio i giovani italiani, gli studenti, i neodiplomati e neolaureati, gli inoccupati e i disoccupati dovrebbero sapere una cosa rispetto agli stage: che solo in un caso su 10 portano ad un'assunzione.
È importantissimo conoscere questo dato, per parametrare le proprie aspettative, per non nutrire eccessive speranze, per valutare bene se accettare o rifiutare una proposta di tirocinio.
Ovviamente si parla qui esclusivamente dei circa 300mila stage svolti ogni anno nelle imprese private: per quelli svolti all'interno di enti pubblici (che sono un numero ignoto, indicativamente compreso tra 150mila e 200mila) la probabilità di essere assunti al termine dell'esperienza formativa rasenta lo zero.
Fatta questa premessa, ecco in sintesi i dati e i numeri che «il mondo deve sapere» (e sopratutto i giovani italiani).
Primo numero: 10,6. Questa è la percentuale di «personale in tirocinio formativo e stage ospitato dalle imprese nel 2011 che è stato o sarà trasformato in assunzioni», tratta dal rapporto annuale Excelsior 2012 realizzato da Unioncamere, l'unione delle Camere di commercio italiane. Dunque in media su 1000 giovani che cominciano uno stage, 106 verranno assunti (con qualsiasi tipo di contratto), e 894 verranno invece lasciati a casa senza ricevere una proposta di lavoro.
La probabilità di essere assunti però si alza con l'aumentare della grandezza dell'azienda. Per cui approfondendo questo numero si scopre che chi fa uno stage in una microimpresa (con meno di 10 dipendenti) ha solo il 7,5% di possibilità di essere assunto. Le probabilità lievitano impercettibilmente per la classe immediatamente superiore (imprese con un numero di dipendenti compreso tra 10 e 49): qui il valore medio si attesta a 8,3%. Va meglio a chi fa uno stage in una impresa medio-grande (tra 50 e 249 dipendenti): qui si può sperare di essere assunti al 13,6%. La prospettiva di inserimento lavorativo più concreta è comunque nelle grandi aziende, quelle con oltre 250 dipendenti: qui l'indagine Excelsior rileva che la probabilità di essere assunto per uno stagista è quasi una su quattro (22,9%).
Ma la possibilità di essere assunti non aumenta o diminuisce solo per il fattore della grandezza dell'azienda che accoglie lo stagista. Vi sono anche significative differenze a seconda del settore di attività dell'impresa.
Pessime le prospettive di assunzione per chi fa uno tirocinio in una industria di estrazione di minerali: solo il 3,6% di assunzioni. Meno male che gli stagisti che hanno fatto stage in questo settore nel corso dell'intero 2011 sono poche decine: solo 250 in totale (meno della metà degli anni precedenti). Malissimo anche per gli stagisti delle industria che svolgono lavori di impianto tecnico (riparazione, manutenzione e installazione), dove Excelsior registra solo un 6,5% di assunzioni dopo lo stage - dunque 183 assunti su 2.820 stage avviati - e nelle industrie del legno e del mobile (6,8% di probabilità di ricevere una proposta di lavoro dopo il periodo formativo - in numeri assoluti, 228 assunti su 3.360).
Ma per questi settori si tratta di poche migliaia di stagisti all'anno. Una vera emergenza invece è quella del settore "Servizi di alloggio e ristorazione e servizi turistici": cioè alberghi, bar, ristoranti, campeggi, stabilimenti balneari e chi più ne ha più ne metta. Qui gli stagisti sono un esercito: circa 50mila all'anno. Ma ad ottenere un vero lavoro dopo il tirocinio sono solo il 7,1 %. In parole ancor più chiare e precise: dei 46.460 giovani che hanno fatto stage in questo settore nel corso del 2011, solo 3.299 sono poi stati assunti. Poco più di tremila su oltre 45mila!
Malissimo anche il settore "Istruzione e servizi formativi privati" con un 5,9% di assunzione dopo lo stage (362 assunti su 6.130 stage realizzati), e quello "Sanità, assistenza sociale e servizi sanitari privati" con un 6% (1.513 assunti su 25.220).
Ma dopo le bad news è giusto anche dare le good news. E dunque: fortunati i giovani che finiscono in stage nelle aziende di "Public utilities" (quelle che si occupano di energia, gas, acqua, ambiente): qui la percentuale di assunzione media è addirittura del 18,9%, dunque quasi uno stagista su cinque - 495 sul totale di 2.620 - ha ottenuto un vero contratto.
Reggono ottimamente anche le "industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere", per le quali Excelsior registra un 17,8% di contrattualizzazione dopo lo stage; benino, anche se parecchio distanziati, anche i settori industriali di "fabbricazione macchinari e attrezzature e dei mezzi di trasporto" (13,3 stagisti assunti ogni 100) e le "industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicali" (12,3 assunti su 100).
Sul settore delle imprese di servizi, la miglior prospettiva di inserimento occupazionale dopo lo stage viene garantita dal settore "Servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio" che assume mediamente il 20,3% delle persone che accoglie in tirocinio; bene come sempre i "servizi informatici e delle telecomunicazioni" che contrattualizzano il 17,2% degli stagisti; benino anche il commercio al dettaglio con un 15,3% (oltre due punti percentuali sopra i "cugini" del commercio all'ingrosso, fermi a 12,8%).
Anche la geografia poi ha un suo peso. La Regione dove fare uno stage porta meno spesso all'assunzione è la Sicilia: solo il 7,2% dei giovani vengono contrattualizzati dopo l'esperienza formativa. Percentuale identica a quella del Trentino, ma in questo caso l'interpretazione è molto più positiva: nelle province autonome di Trento e Bolzano lo stage è utilizzato prevalentemente con i giovanissimi, studenti universitari o addirittura delle superiori, e in questi casi l'inserimento lavorativo non è un elemento prioritario.
Il Lazio si conferma invece la Regione dove gli stage più spesso si trasformano in lavoro: siamo al 15,8%, oltre cinque punti sopra la media nazionale. Bene, a sorpresa, anche il Molise (15,2%).
Che vogliono dire questi dati? Che bisogna farsi poche, pochissime illusioni sulla reale efficacia dello stage come strumento di inserimento lavorativo. E che per bypassare la frase standard (corretta, ma troppo generica) «Non possiamo assicurare nulla, al termine del tirocinio si valuterà» bisogna chiedere alle aziende di dire chiaramente quale percentuale di assunzione post-stage hanno registrato negli anni passati. È giustissimo da parte delle imprese non voler dare false speranze. Ancor più giusto però è dare informazioni precise, attuando un comportamento trasparente e responsabile.
Intanto a chi vuole farsi un'idea, almeno generale, rispetto alle prospettive che offrono gli stage nei vari settori delle industrie e dei servizi in Italia, viene in aiuto Unioncamere con questi dati. Perchè «il mondo deve sapere».
Eleonora Voltolina
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