Servizio civile, bando riaperto per gli stranieri. Il deputato Chaouki: «Evitiamo le guerre tra poveri»

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 01 Dic 2013 in Approfondimenti

Una nuova bufera si abbatte sul Servizio civile. Dopo la scure sui finanziamenti, la soppressione del bando 2012 e le incertezze sulla pubblicazione di quello attuale, era finalmente arrivato il momento della partenza - o dell'inizio dei progetti in patria - per migliaia di giovani italiani (quest'anno circa 8mila). Una sentenza del Tribunale di Milano ha però sparigliato le carte in tavola, dichiarando «discriminatoria» la clausola che riserva ai soli cittadini italiani il diritto di partecipare al bando. A decidere è stata la sezione Lavoro del Tribunale di Milano, giudice Fabrizio Scarzella, accogliendo lo scorso 19 novembre il ricorso di quattro candidati di origine straniera ma residenti in Italia da anni. In sostanza ragazzi delle cosiddette "seconde generazioni" che, con l'assistenza dei legali Alberto Guariso e Livio Neri, hanno ottenuto dai giudici milanesi la riapertura dei termini del bando, perché, si legge nella sentenza, «Allo straniero residente in Italia» è concesso «di concorrere al progresso materiale e spirituale della società e all’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» come a qualunque altro italiano e nel rispetto delle finalità proprie del Servizio civile nazionale». Non è la prima volta che il tribunale si pronuncia in questo senso. Già a gennaio 2012 il ricorso di un ragazzo pakistano aveva bloccato l'avvio del servizio per quasi ventimila ragazzi perché - in quel caso - la richiesta era arrivata a bando chiuso e graduatorie pubblicate. Scatenando così un putiferio. Ma lì la procedura – in un primo momento sospesa – era stata infine riavviata per permettere ai ragazzi di iniziare il servizio. Adesso invece «le selezioni sono ancora in corso, gli enti accreditati stanno ancora intervistando i ragazzi e non c'è niente di nuovo né di definito» spiegano dalla segreteria del Servizio civile, rassicurando che «appena ci saranno novità sul bando ne verrà data notizia sul sito». Tutto fermo quindi. Chi sta facendo le preselezioni passerà allo step successivo senza - pare - nessun cambiamento. Anche se nel frattempo i non residenti italiani potranno presentare domanda entro la fine di novembre e – in caso il loro punteggio sia superiore – subentrare in graduatoria a chi è già stato assegnato a un progetto. A chiarire questo aspetto è Claudio Di Biasi, responsabile dell'Associazione Mosaico, un ente di gestione del servizio civile. «È possibile che uno straniero che faccia richiesta grazie alla riapertura dei termini disponga di più punti rispetto a un cittadino italiano che si è candidato entro il 4 novembre (data di chiusura del bando 2013)». Queste non sarebbero le uniche conseguenze prodotte dall'ordinanza milanese. «Il nostro ente» ragiona Di Biasi «ha in programma la definizione delle graduatorie entro il 10 dicembre. Se a Roma decideranno effettivamente di dare seguito alla sentenza allungare la scadenza per i privi di cittadinanza, ci sarà uno slittamento nell'invio delle graduatorie (dovranno essere recepite le domande presentate da stranieri e dovrà essere effettuata la selezione per loro); e dell'avvio al Servizio civile dei selezionati. Tradotto significa un ritardo variabile da alcune settimane ad alcuni mesi». Non poco se si tiene conto che le candidature sono lievitate negli anni, complici disoccupazione e crisi economica. E che chi si aggiudica i progetti, oltre all'opportunità formativa, riceve anche un rimborso di 433 euro netti mensili, che salgono di quindici euro al giorno per i progetti all'estero. Di Biasi racconta il suo caso: «Due anni fa avevamo ricevuto circa 500 candidature per 200 posizioni di servizio civile. Quest'anno, sempre per 200 posti, le domande pervenute sono oltre 1.000, di cui 1 (una) presentata da privo di cittadinanza». A parte gli aspetti più tecnici, a Di Biasi non convince neppure la volontà politica che a suo dire si cela dietro la sentenza. L'idea è che «alcune realtà operanti a favore degli immigrati, soprattutto di area cattolica, abbiano studiato a tavolino la vicenda, e abbiano utilizzato l'argomento servizio civile in modo strumentale». Inoltre «il Servizio civile aperto ai privi di cittadinanza con la difesa della Patria non ha nulla a che fare» sostiene Di Biasi, ventilando «le conseguenze gestionali che ne derivano, prima tra tutte la sua totale regionalizzazione». 
Non si sbottona più di tanto il ministro per l'integrazione Cecile Kyenge, pur essendo - come scontato – favorevole all'apertura agli stranieri. «Bene la decisione del Tribunale di Milano. È un bel passo per me, vuol dire che si riconosce l'importanza di un certo percorso. Al di là della riforma del Servizio civile, un tribunale si è pronunciato e questo verrà sicuramente guardato con attenzione dal mio ministero» ha dichiarato all'Ansa.  Ora «vedremo gli sviluppi di questa decisione del giudice di Milano», ha aggiunto.
Un altro rischio – sottolinea il deputato Khalid Chaouki, classe 1983, eletto in quota Pd - è di «alimentare guerre tra poveri». «Il Servizio civile» precisa alla Repubblica degli Stagisti «è un’opportunità preziosa, un’esperienza importante, e io credo che si debba lavorare per aprire ad un numero sempre maggiore di giovani questa opportunità, non per costruire recinti e steccati». Chaouki fa poi una precisazione sul concetto di stranieri. Questi ragazzi sono stati definiti «pienamente cittadini dalla sentenza del tribunale di Milano» a prescindere dalla loro cittadinanza, talvolta non ottenuta per colpa dei ritardi della burocrazia.  «Ragazzi nati e cresciuti in Italia, magari arrivati qui da piccolissimi, e dunque italiani di fatto ma stranieri per legge» sintetizza. Sono «nuovi italiani che non devono 'essere integrati', lo sono già» perché «frequentano licei e università italiane, parlano spesso diverse lingue e sono il volto di questa Italia plurale». «Escluderli è un atto palesemente discriminatorio» afferma  Chaouki in accordo con il Tribunale di Milano.
Il punto adesso è capire se la decisione del tribunale non sia discriminatoria nei confronti di chi è già stato selezionato e rischia di vedersi surclassato da nuovi candidati in lizza, italiani o stranieri che siano. Pericolo facile da arginare. Sarebbe bastato adeguarsi all'ordinanza del 2012 e nessuno ne avrebbe pagato le conseguenze.

Ilaria Mariotti


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