Autoimpiego, il flop di Selfiemployment: usato in pratica solo in Campania, e spesa solo la metà dei soldi a disposizione

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 15 Lug 2023 in Approfondimenti

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Ha chiuso giusto giusto un mese fa, il 15 giugno, la misura della Garanzia Giovani dedicata all’autoimprenditorialità: parliamo di Selfiemployment, un finanziamento a tasso zero per giovani interessati a mettersi in proprio. E se la prima fase del programma era dedicata solo agli under 30 iscritti a GG (quindi non impegnati in un lavoro o un percorso di studio o formazione professionale), la seconda fase – denominata Nuovo Selfiemployment e operativa dal 22 febbraio 2021 era destinata anche a donne inattive e disoccupati di lungo periodo, senza limiti anagrafici.

L’incentivo è stato gestito da Invitalia sotto la supervisione dell’Agenzia nazionale Politiche attive del lavoro ed era costituito da tre sotto-misure a seconda dell’entità del prestito richiesto. Per il Microcredito esteso e i Piccoli crediti, che consentivano prestiti estesi da 25mila fino a 50mila euro, la possibilità di far domanda era scaduta già a novembre 2022, secondo le disposizioni europee. Diversamente è stato per la sotto-misura Microcredito, che elargiva prestiti dai 5mila ai 25mila euro, per la quale la scadenza è stata appunto il 15 giugno di quest'anno.

Secondo i dati inediti che la Repubblica degli Stagisti ha ottenuto da Invitalia, in alcuni territori la misura non è proprio mai stata utilizzata, come per esempio in Basilicata e in Trentino Alto Adige; e c’è stato invece un utilizzo sproporzionato in Campania.

Il numero totale di iniziative finanziate – comprensivo anche della precedente edizione, attiva fino al febbraio 2021 – è 1.991 su 6.407 richieste presentate, per un totale di agevolazioni concesse  pari a quasi 66 milioni di euro: vale a dire più o meno la metà delle risorse disponibili, che ammontavano a circa 132 milioni.

Meno di una candidatura su tre è dunque stata accolta: solo il 31%. I beneficiari sono stati 3.532: a prima vista sembrerebbe la metà delle domande. In realtà la richiesta poteva essere fatta anche “in gruppo”, ovvero da società di persone, cooperative (composte da massimo nove soci) o associazioni professionali e società tra professionisti (costituite da non più di 12 mesi e inattive, o non ancora costituite). I numeri risultano ancor più esigui se si guarda la sola misura del Nuovo Selfiemployment: le domande presentate sono state 2.185 e di queste ammesse 446: solo il 20%.

Un numero decisamente molto basso, giustificato dal fatto che «gran parte delle istanze pervenute, circa il 40%, è risultata non lavorabile per incompletezza o non conformità della documentazione presentata, per esempio domanda non trasmessa correttamente e/o non firmata digitalmente, o per mancanza dei requisiti previsti dalla normativa di riferimento» spiega
alla Repubblica degli Stagisti l'ufficio stampa Invitalia.

Questo significa che per quattro domande su dieci l’iter istruttorio è stato interrotto «senza poter entrare nel merito della valenza dell’iniziativa imprenditoriale proposta; e solo per il sessanta per cento delle istanze pervenute è stato possibile completare l’iter valutativo». Di queste, circa il trentacinque per cento è stato considerato ammissibile alle agevolazioni. Per un totale concesso per la misura Selfiemployment 2 di 13 milioni e 800mila euro, e 782 nuovi posti di lavoro calcolati da Invitalia.

Una spiegazione al basso numero di progetti approvati prova a darla Maurizio Del Conte, professore di Diritto del lavoro all’università Bocconi di Milano, giuslavorista ed ex presidente dell'Anpal. «L’autoimprenditorialità è chiaramente una misura molto selettiva, non tutti ci sono portati. Per funzionare bene serve un tutoring molto stretto. Non basta l’investimento finanziario, ci vuole un forte accompagnamento in tutta la fase di start-up, dall’accesso al credito a come si gestisce un’impresa. Attività molto onerose che devono essere ben strutturate. La mia impressione» continua Del Conte, «è che probabilmente non si è fatto un investimento sufficiente nell’accompagnamento». Un divario tra domande e progetti finanziati giustificato anche dal fatto che spesso «molte proposte non hanno nemmeno le premesse per poter partire. È giusto selezionare all’inizio per non creare frustrazioni ex post. Dopo la selezione, però, la parte pubblica deve crederci e mettere a disposizione un forte aiuto per realizzarlo. Qui, forse, c’è il buco della misura».

Un altro dato interessante riferito all’impatto della misura riguarda il genere: più di sei richiedenti su dieci erano donne e la percentuale rimane pressocché identica nelle concessioni dei prestiti.

La regione dove si è concentrata la maggior parte delle domande è la Campania con quasi un quarto del totale, seguita dal Lazio e, a più di dieci punti percentuali in basso, Sicilia, Lombardia (unica regione del Nord nelle prime cinque posizioni per richieste femminili) e Calabria.

Rispetto all’utilizzo delle risorse disponibili, per quanto riguarda il primo avviso pubblico del febbraio 2016 chiuso a gennaio 2021, Marche, Umbria, Toscana e Molise  hanno dovuto chiudere prima della scadenza per insufficienza di risorse – erogate quindi già tutte nei mesi precedenti – e hanno potuto riaprire gli sportelli con il nuovo avviso di febbraio 2021.

Altra categoria di potenziali beneficiari del Nuovo Selfiemployment erano i disoccupati di lungo periodo, anche ultratrentenni: categoria per la quale, come le donne, non c'era bisogno di  essere iscritti al programma Garanzia Giovani. L’ampliamento della platea è stato fatto nel 2021, con il rifinanziamento del programma, con la motivazione di potenziare il sostegno all’occupazione nella fase dell’emergenza sanitaria. E sono proprio queste due sottocategorie ad aver richiesto di più la misura, visto che circa il 21 per cento  di chi ha presentato una proposta è rappresentato dai disoccupati di lungo periodo; gli over 30 sono addirittura quasi il  sessanta per cento. E meno male che Selfiemployment doveva essere una misura per giovani!

«Mi sembra sempre sbagliato il non capire che le misure devono essere pensate e strutturate in funzione del target. Se ne creo una per i giovani, devo rimanere su quei destinatari! Altrimenti il rischio è dare soldi ma non gambe a questi percorsi di avviamento all’autoimprenditorialità», commenta ancora Maurizio Del Conte. «È un errore concettuale compiuto, a mio avviso, nel tentativo  di riciclare
semplicemente l’esistente, mentre si sarebbe dovuto immaginare qualcosa di assolutamente mirato, in particolare per le donne». Invece, di fatto, si è andati a snaturare il programma.

Se si vanno poi ad analizzare i dati dei candidati (i “proponenti”) disoccupati di lungo periodo per regione di residenza, la regione che svetta su tutte è di nuovo la Campania: quasi un quarto dei proponenti erano disoccupati di lungo periodo. Segue la Sicilia con l’undici per cento delle richieste, Calabria, Puglia e Toscana con il nove, Lazio e Lombardia con l’otto, il Veneto con il cinque,  le altre altre regioni hanno tutte un indice molto basso con Basilicata e Trentino Alto Adige addirittura ferme a zero.

I finanziamenti erano certamente appetibili visto che erano senza interessi, senza garanzie e rimborsabili in sette anni con rate mensili a partire da sei mesi dalla concessione del prestito. Una caratteristica, quella dell’essere senza garanzie, difficilmente riscontrabile in altri prestiti per giovani, specie se disoccupati.

Chi ha ottenuto le agevolazioni deve realizzare il programma di investimenti entro 18 mesi dal perfezionamento del provvedimento di ammissione. Invitalia, poi, ha offerto anche un servizio di tutoraggio per accrescere le competenze imprenditoriali dei giovani. I percorsi di formazione e accompagnamento all’avvio di impresa erano convenienti perché consentivano di ricevere un aiuto nella redazione del business plan e anche perché la conclusione del percorso dava diritto a nove punti aggiuntivi sul punteggio complessivo nella fase di valutazione del finanziamento.

Tutti i settori della produzione di beni, fornitura di servizi e commercio, anche in forma di franchising, sono stati ammessi agli incentivi previsti. Esclusi, invece, i settori della pesca, dell’acquacoltura e della produzione primaria in agricoltura, oltre alle attività riguardanti lotterie, scommesse e case da gioco. Il finanziamento consentiva la copertura delle spese per investimenti materiali e immateriali, e per le spese di capitale circolante successive alla presentazione della domanda, ovvero locazione degli immobili, utenze, stipendi e premi assicurativi.

Al momento della compilazione della domanda c’era anche la possibilità di partecipare a un colloquio conoscitivo con il personale di Invitalia in modalità remota. Questa scelta consentiva di aggiungere elementi che non erano inseribili nella domanda online e di ricevere, in base alla griglia di valutazione dei progetti, un ulteriore vantaggio nell’attribuzione dei punteggi.

Ora che il programma è chiuso bisognerà vedere nelle rendicontazioni finali, che saranno effettuate entro fine anno, se le Regioni saranno state in effetti in grado di utilizzare tutte le risorse a disposizione. E capire quale programma o incentivo prenderà il posto di Selfiemployment e sosterrà la voglia e creatività dei giovani che vogliono mettersi in proprio.

Marianna Lepore

Foto di apertura di Mart Production in modalità Creative commons
Foto di MART PRODUCTION: https://www.pexels.com/it-it/foto/persone-ufficio-uomini-donne-7550298/

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