Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Telemaco Rossi, 25 anni, oggi assunto con un contratto di apprendistato in EY.
Sono nato e cresciuto a Roma, dove ho frequentato prima l’istituto tecnico per ragionieri programmatori e poi mi sono iscritto all’università Roma Tre alla laurea triennale in Economia e gestione delle imprese. In realtà non volevo continuare gli studi, il mio sogno era fare il programmatore, ma con il tempo ho realizzato che l’istituto superiore scelto era per ragionieri! Così, anche su suggerimento dei miei genitori, mi sono iscritto all’università nel settembre 2011 e ho scelto di fare, appunto, economia. Presa la laurea triennale, in meno di tre anni nel luglio 2014, ho realizzato che non avevo alcuna competenza per iniziare a lavorare, così dopo aver valutato l’ipotesi di trasferirmi in Inghilterra e studiare all’estero, ho deciso di rimanere a Roma e studiare in inglese alla Luiss.
Mi sono iscritto alla laurea specialistica in lingua inglese in Management nel settembre 2014 e laureato nel luglio 2016.
Al contrario di molti miei coetanei non ho avuto l’opportunità di fare l’Erasmus, ma ho ugualmente vissuto all’estero per quattro mesi in Germania durante la triennale. Da agosto a novembre 2013, infatti, ho vissuto a Monchengladbachm, vicino Dusseldorf, dove ho fatto la mia prima esperienza come giocatore professionista di hockey su prato, anche se non avevo un contratto di lavoro. Giocavo per il Gladbach HTC, che come rimborso spese mi dava una casa, una macchina, delle squadre da allenare e su mia richiesta lavoravo in una tipografia industriale di proprietà del manager della squadra. Allenavo squadre u12 maschili e femminili e per me è stato importante, perché mi ritengo un educatore prima ancora di un allenatore. Ho fatto due campi estivi ed è stata una bellissima esperienza. Che mi ha aiutato tantissimo anche a imparare la lingua prima ancora di iniziare le lezioni di tedesco. Mi appuntavo tutte le nuove parole tedesche che sentivo dai bambini e ricordo che in tre giorni ne segnai almeno 180!
In Italia sono stato giocatore della nazionale di hockey su prato per nove anni, ricevendo in questo caso una diaria di circa 40 euro al giorno per i giorni di raduno. E sono stato anche allenatore del club HC Roma, sia maschile che femminile, con un rimborso spese di circa 200 euro mensili.
L’esperienza all’estero l’ho ripetuta per altri quattro mesi questa volta in Inghilterra, durante la specialistica, sempre per seguire la mia passione sportiva: l’hockey su prato. Questa volta avevo un contratto di quattro mesi, da gennaio ad aprile 2016, come allenatore di livello internazionale e un rimborso spese di 800 £, una macchina, una casa e i pasti all’interno del college dove lavoravo come allenatore. Il mio impegno lavorativo era di tre giorni alla settimana e il mio rapporto di lavoro era direttamente con l’Head of Sports del college. Mi occupavo di allenare e formare squadre under 14, 16, 18 per un totale di circa 60 studenti. Finita quest’esperienza mi è stato chiesto di tornare a settembre con l’opportunità di vivere all’interno del college e di espandermi al cricket e al rugby, ma visto il mio percorso di studi ho cercato di iniziare una carriera lavorativa differente.
Così ho mandato un auto candidatura a EY facendo application sul loro sito e ho ricevuto una email dal team di advisory in cui mi veniva chiesto di partecipare al Meet the Future. Ho partecipato all’evento e ho iniziato a fare una serie di colloqui da cui è nata l’opportunità di fare lo stage: sei mesi come consulente digitale, con mansioni di analista sia in termini di Big data che di social network. Meet the Future si è tenuto a giugno ed è passato circa un mese per il colloquio conoscitivo fatto a luglio. Poi l’ultimo colloquio il 4 agosto con una Senior manager e a ottobre 2016 ho cominciato lo stage. Il rimborso spese era di 850 euro al mese con l’aggiunta di buoni pasto. Al termine mi è stato proposto un contratto di apprendistato di due anni con una retribuzione pari a 24.500 euro annui.
Così ho cominciato il mio contratto di apprendistato il 10 aprile di quest’anno, esattamente il giorno dopo la fine del mio stage. Oggi all’interno di EY sono un project manager: seguo un progetto che ha l'obiettivo di installare il Wi-Fi all'interno di 620 stazioni italiane. Coordino tutti i fornitori presenti nel progetto per attrezzare le stazioni e allo stesso tempo fornire soluzioni digitali per implementare nuove soluzioni di user experience all'interno del portale di stazione ed attrarre nuovi partner attraverso strumenti di Big Data analytics. In pratica ogni giorno forniamo stati di avanzamento del progetto sia dal punto di vista infrastrutturale (deploy delle stazioni) che applicativo (test dei portali di stazione). Mensilmente produciamo dei documenti che attestano lo stato di avanzamento dei lavori, e per finire forniamo nuovi benchmark per capire come vengono utilizzate le stesse tecnologie in tutto il mondo per sviluppare nuove soluzioni.
In passato ho anche mandato il curriculum all’estero e sto cercando di muovermi in questa direzione attraverso un’esperienza di mobility all’interno di EY. Se mi guardo intorno ho amici sparsi per il mondo, ma anche tanti senza lavoro: perciò credo di essere abbastanza fortunato ad avere un lavoro che mi dà uno stipendio puntuale ogni mese. Soprattutto considerando il fatto che non ho avuto altre precedenti esperienze di stage, prima di quella in EY.
La mia esperienza con il mondo dello stage, quindi, è andata piuttosto bene. Ma penso che sia sotto gli occhi di tutti il fatto che lo stagista viene usato in molte realtà come un rimpiazzo a cui non viene mai fatto un contratto fisso. Perciò condivido i principi presenti nella Carta dei diritti dello stagista: perché sono fortemente necessari per tutelare la mia generazione.
Con EY sono stato fortunato, visto che è stata la mia prima e unica esperienza lavorativa. Quelle precedenti, infatti, erano solo di tipo sportivo. Ho deciso di smettere con l’hockey proprio quest’anno e non per il lavoro. Credo, infatti, che il binomio lavoro sport funziona fino a quando si ha voglia di continuare a farlo.
Ma qualcosa nello sport è cambiato negli ultimi anni: per troppi interessi di potere si è sviluppato un completo allontanamento tra il livello dirigenziale e gli atleti che veramente rappresentano lo sport. E che sono tutti: i bambini che giocano nelle scuole, gli adolescenti che seguono una passione e gli adulti professionisti. Sono stato rappresentante dei giovani di tutta Italia per promuovere idee e innovazione all’interno dell’hockey, ma sono sempre e solo finite nei meandri della federazione. E quando con altri dieci ragazzi abbiamo scritto una lettera elencando quello che non andava in nazionale e suggerendo soluzioni perché volevamo partecipare a un’Olimpiade, siamo stati allontanati dalla squadra: ma avevamo solo tanta voglia di fare. Credo che si stiano perdendo di vista i valori dello sport e ho sentito molti incolpare i giovani di questo, perché sono viziati e non sanno sacrificarsi. E invece oggi i giovani sono anche più determinati di una volta. Vogliono fare carriera e la vogliono subito. Ma devono ricordarsi di avere sempre un piano B per affrontare la situazione. Sono un sostenitore della tecnica del bastone e della carota: una via di mezzo tra la presunzione di sapere tutto degli adulti e l’arroganza del volere tutto e subito dei giovani. Oggi bisogna diventare bravi leader dando spazio ai giovani e insegnandogli cos’è il sacrificio, l’umiltà, il rispetto dei ruoli. Perciò ai miei coetanei do un consiglio: siate sempre pronti ad accettare ogni sfida e abbiate tanta voglia di imparare.
Testimonianza raccolta da Marianna Lepore
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