Centri per l'impiego: pochi addetti (e poco istruiti), e i giovani non li usano

Riccardo Saporiti

Riccardo Saporiti

Scritto il 23 Dic 2013 in Articolo 36

centri per l'impiego

In Europa, per cercare lavoro, è normale recarsi ai centri per l'impiego: uffici pubblici efficienti, con una forte interazione con le realtà imprenditoriali del territorio, in grado di offrire ai cittadini servizi efficaci e personalizzati e trovare per loro opportunità occupazionali adeguate nell'arco di pochi mesi (nei casi di eccellenza anche poche settimane). Anche perché il numero di addetti è proporzionato alla "clientela", e permette di fare in modo che ciascun operatore possa davvero farsi carico dei disoccupati a lui assegnati, "conoscerli per nome", elaborare per loro bilanci di competenze e piani di azione ad hoc. In Gran Bretagna il rapporto tra operatori e utenti, per esempio, è di uno ogni 24 disoccupati; in Germania di 1 a 49, in Francia di 1 a 70. La media italiana è di un addetto ai front office dei cpi per ogni 354 utenti.

Forse è per questo che lo scorso anno hanno visto arrivare ai loro sportelli solo
due milioni e 215mila utenti: tante le persone che hanno sottoscritto una Did, ovvero una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro
. È questo il bacino dei centri per l'impiego descritto nella prima edizione del “Rapporto di monitoraggio” resa pubblica qualche giorno fa dal ministero del Lavoro in collaborazione con il portale “ClicLavoro”. Un documento che descrive l'attività e la tipologia degli utenti dei 566 sportelli diffusi su tutto il territorio nazionale. Strutture che danno lavoro a 7.600 persone, delle quali però solo 5.300 svolgono un'attività di front office, sono cioè a contatto diretto con il pubblico.

Uno dei problemi principali è il grado di istruzione dei dipendenti, davvero modesto: delle persone che dovrebbero prendersi in carico i disoccupati e portarli, con competenza e professionalità, a trovare un nuovo lavoro, solo una su quattro ha la laurea. La stragrande maggioranza (57,1%) si ferma al diploma, e un numero impressionante (15,8%) ha solamente la licenza media. Dal punto di vista dell'inquadramento contrattuale l'88,2% dei dipendenti dei Centri per l'impiego è inserito con un contratto a tempo indeterminato; un dato però molto variegato da Regione a Regione: si va dalla Sicilia, dove il 99,6% degli impiegati ha il posto fisso, al Molise dove questa tipologia contrattuale riguarda appena il 61,7% del personale.

Un dato che salta all'occhio scorrendo le 89 pagine del rapporto riguarda la discrepanza tra i disoccupati censiti dall'Istat a fine 2012, pari a più di 2,7 milioni, e il numero di quanti si sono rivolti ai Cpi sottoscrivendo una Did. Una differenza che si spiega innanzitutto con le modalità di calcolo dell'Istituto nazionale di statistica, che considera disoccupati quanti abbiano cercato attivamente lavoro nelle quattro settimane precedenti l'intervista. Eppure, si legge nel rapporto, «il numero degli individui che sottoscrivono una Did tecnicamente può rappresentare una sovrastima del numero dei disoccupati». Questo perché la dichiarazione di immediata disponibilità «è condizione necessaria per avere accesso ad alcune prestazioni sociali». E quindi chi ne fa richiesta «potrebbe non essere affatto interessato a cercare un impiego». In altre parole, non necessariamente chi firma la Did è in cerca di lavoro: magari il riconoscimento è necessario per accedere a contributi di natura economica dagli uffici dei servizi sociali dei comuni.

La regione che ha visto il maggiore afflusso agli sportelli è stata la Lombardia, dove nel corso del 2012 si sono presentate 297mila persone, seguita dalla Puglia con 255mila e dalla Campania con 243mila. Il numero di utenti non è però correlato né con la quantità di sportelli, né con la popolazione disoccupata. A questo proposito è interessante un raffronto tra la Lombardia e la Sicilia, le realtà con il maggior numero di centri per l'impiego sul territorio: 65 nella “locomotiva d'Italia”, altrettanti nell'isola. Nel primo caso i 297mila soggetti che hanno sottoscritto una Did rappresentano l'86,1% di una popolazione disoccupata che secondo l'Istat raggiunge le 346mila persone. In Sicilia, invece, a fronte di 319mila persone senza lavoro, solo 163mila si sono rivolte ai cpi: appena il 51,1%.

E la proporzione non torna nemmeno se si considera la quantità di pratiche che devono essere seguite dai singoli operatori di front office. I 486 impiegati lombardi seguono infatti in media 613 persone l'anno, contro le 209 affidate ad ogni singolo operatore in Sicilia. Uno degli scopi per i quali il ministero ha deciso di stilare questo rapporto
si legge in una nota per la stampa, è legato al fatto che questo monitoraggio è ritenuto «indispensabile per la realizzazione della Garanzia per i Giovani». Una misura da 1,5 miliardi per favorire l'ingresso nel mondo del lavoro degli under 25 alla quale sta lavorando una struttura di missione istituita al ministero.

Secondo il rapporto nel 2012 sono stati solo 478mila gli utenti con meno di 25 anni che si sono rivolti ai Centri per l'impiego: tale numero corrisponde al 21,6% del totale. Il dato è molto variegato a livello territoriale: si va dai poco più di mille della Val d'Aosta agli oltre 66mila della Campania. Eppure non solo i giovani rappresentano più di un quarto dei disoccupati, ma questo sottoinsieme presenta anche il maggior numero dei Neet, ovvero persone che non studiano, non lavorano e non sono impegnate in un tirocinio. Basandosi sui dati Istat il rapporto individua poco meno di 5mila giovani che si trovano in questa situazione nel bacino di ogni centro per l'impiego campano, per un totale di 225mila ragazzi e ragazze fuori sia dal sistema della formazione che dal mondo del lavoro. Un dato che sale a 396mila persone se si allarga il raggio fino agli under 29.

In Campania, come in tutta Italia dove secondo l'Istat nel 2012 i Neet erano 2 milioni e 110mila, la platea cui si rivolge la “Youth Guarantee” è molto ampia, quattro volte superiore al numero degli under 25 che hanno fatto riferimento ai Cpi per la ricerca di un'occupazione. Tutti numeri che rendono sempre più urgente l'attivazione, da parte del governo, della "Garanzia per i giovani".

Riccardo Saporiti

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