Ilaria Mariotti
Scritto il 14 Dic 2024 in Approfondimenti
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Oltre confine c’è un’Italia “fuori dall’Italia” giovane e dinamica, che si contrappone a quella che vive nel suo territorio, che invece “galleggia” – come l’ha appena descritta il Censis nel Rapporto sulla situazione sociale del Paese. E infatti mentre il nostro Paese si spopola, si infoltisce la comunità all’estero.
Gli espatri continuano: da gennaio a dicembre 2023 in 89.462 si sono iscritti all'Anagrafe degli italiani all’estero Aire proprio con questa motivazione, questa parola dal sapore desueto, “espatrio”. Sono i numeri contenuti nell'ultimo Rapporto Italiani nel Mondo 2024 della Fondazione Migrantes, giunto alla sua 19esima edizione. Un numero ancora indietro rispetto ai livelli pre pandemia (il picco è stato 130mila), ma si registra di nuovo una crescita, pari al 9,1%. Per un totale di 6 milioni e 134mila connazionali che vivono all'estero, un numero raddoppiato rispetto al 2006.
Anche perché, mentre l’Italia subisce la denatalità con tutte le ricadute economiche del caso, all’estero si mette su famiglia. Una fetta corposa dei nuovi iscritti all’Aire è composta da minori, che sono oltre 13mila, circa il 14% del totale. Il 45,5% ha invece tra i 18 e i 34 anni e il 23,3% tra i 35 e i 49 anni. «Quasi 10 mila adulti con titoli di studio eterogenei respinti dal sistema occupazionale italiano che si ritrovano a doversi giocare la carta dell’estero».
Si dovrebbe puntare sui rientri per compensare le perdite demografiche. L’Italia, terza in Europa dopo Germania e Francia per popolosità, «ha la media di età più alta (48,4 anni rispetto ai 44,5 dell’Ue) e il tasso di fertilità fra i più bassi (1,24 nel 2022 rispetto all’1,46 in Europa)». Esito, sottolinea la sintesi, di «precarietà lavorativa e contrattuale, assenza di welfare e costi proibitivi». Variabili «che più hanno influenzato nel tempo non solo la decisione di quando diventare genitori, ma anche la scelta del numero di figli per famiglia».
Invece il governo italiano scoraggia i rimpatri di soggetti giovani e con figli. «È stata disintegrata la più vantaggiosa norma europea in tal senso» ha sottolineato Toni Ricciardi, deputato Pd, durante la prima presentazione della pubblicazione, qualche settimana fa a Roma. Il riferimento è a Controesodo, legge «che ha accumulato negli anni due miliardi di introiti non previsti dal Fisco riportando in Italia 74mila persone». Con il principio del radicamento permanente, che prevedeva incentivi fiscali per chi non emigrasse di nuovo (eventualità non remota per i soggetti beneficiari della norma, spesso molto qualificati), si era registrata un’impennata dei ritorni pari al più 144%.
Per il 2024 le stime parlano invece di un collasso. Tutta colpa «dell’abrogazione del regime avvenuta con il decreto legislativo 209/2023». Gli effetti già si vedono: per il 2023 e il 2024 si osserva una contrazione dei rimpatri nella fascia 30-40 anni, «che per la prima volta in assoluto scende sotto al 50%, toccando il 47%». La causa è «il ridimensionamento delle agevolazioni che impatta prevalentemente sui più giovani, ai quali non conviene più trasferirsi sacrificando retribuzioni più elevate e prospettive di carriera». Lo stesso vale «per le famiglie con minori che hanno visto azzerare il potenziamento delle agevolazioni legate a radicamento e natalità».
Chi va via dall’Italia si trasferisce soprattutto in Europa, in particolare in Germania e Regno Unito, che insieme raccolgono il 28% degli emigrati. Seguono Svizzera, Francia, Spagna, Brasile e Stati Uniti d’America, che accolgono il 65,5% del totale. «È come se su 100 cittadini italiani, dieci fossero all’estero» ha sintetizzato la curatrice del rapporto Delfina Licata alla presentazione dello studio a Roma a novembre.
Una quota che è destinata con tutta a probabilità a salire ancora. Se non altro perché «è appena entrata in vigore una legge che prevede un regime sanzionatorio per chi omette di iscriversi all'Aire». Si tratta infatti della numero 213 del 30 dicembre 2023, che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 200 a mille euro per ciascun anno di mancata iscrizione. Quindi varie migliaia (se non decine di migliaia) di italiani all'estero "informali", che vivono fuori dall'Italia ma hanno mantenuto in questi anni la residenza in Italia, probabilmente nei prossimi mesi decideranno di fare il grande passo e iscriversi all'Aire.
Il quadro si farà allora ancora più chiaro. Quello che è già evidente è che le partenze comportano per il Paese «un depauperamento di materia grigia» ha ricordato Licata. Nel decennio 2013-2022 l’assottigliamento delle presenze di giovani laureati nella classe di età 25-34 anni in Italia a favore dell’estero ammonta per il Nord a circa 43mila unità, per il Centro a 14mila, mentre nel Mezzogiorno a 30mila.
Non ci sarebbe niente di male nel partire per conoscere il mondo e arricchire il proprio bagaglio di conoscenze, ricorda lo studio. Il problema è che poi si resta per lo più fuori. A mancare è quella circolarità che consentirebbe di sanare «la ferita migratoria» nelle parole di Licata. Quello che è accaduto nei decenni, lo ha ricordato alla presentazione anche il giornalista Paolo Pagliaro, direttore di 9 Colonne e nota firma della trasmissione Ottoemezzo su La7, è che «l’estero ha sostituito l’ascensore sociale, in Italia bloccato dagli anni Novanta». I rimpatri ci sono, ma pochissimi: «È come una bassa marea, e si aspetta invano che cresca».
Ilaria Mariotti
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