Da grande voglio fare l'avvocato - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti / prima puntata

Fabrizio Patti

Fabrizio Patti

Scritto il 22 Giu 2009 in Approfondimenti

Tempo fa la Repubblica degli Stagisti aveva acceso un faro sul pianeta praticanti, denunciando come - in modo analogo a quanto avviene per gli stagisti - sia una prassi comunemente accettata quella di lavorare senza una retribuzione o per cifre irrisorie.
Oggi comincia un viaggio nel pianeta praticanti, per capire meglio chi sono, cosa fanno, come vivono.


Prima fermata: i praticanti avvocati.

 

Quanti sono. Moltissimi. Secondo il Consiglio nazionale forense nel 2008 si sono presentati all’esame di  Stato 33.028 praticanti. Altri 6mila hanno fatto domanda ma non si sono presentati all’esame. Secondo la Cassa nazionale forense, il 52% dei praticanti iscritti alla Cassa è costituito da donne. Dai dati Almalaurea risulta che il 93% di chi ha una laurea a ciclo unico, e l’82% di chi ha conseguito la specialistica in Giurisprudenza, a un anno dalla laurea svolge il praticantato.

Quanti diventano avvocati. L’esame di Stato viene passato, in media, da un terzo di chi si presenta. Nel 2006, a fronte di 41.400 presenti agli scritti, gli idonei sono stati 16.358. Nel 2007 la percentuale è scesa: su 40.000 presenti, gli idonei sono stati 9.905, circa uno su quattro. Non sono ancora noti i dati complessivi sul 2008.

La severità crescente deriva dalla volontà degli organi dell’avvocatura di limitare gli accessi. I 200mila avvocati iscritti all’albo in Italia, infatti, sono una fetta consistente dei circa 850mila avvocati presenti in tutta Europa (dato Ccbe del 2005). In Francia il numero totale degli avvocati è di 50mila.

Quanto costa sostenere l’esame. Per i giovani aspiranti avvocati i costi da affrontare in vista dell’esame sono di circa 50 euro (in pratica i bolli da accompagnare alla domanda stessa).

Se si supera l’esame, ad altri tre bolli da 14,62 euro (per l’istanza e i certificati di compiuta pratica e superati esami) si aggiungono 168 euro per concessioni governative, 103 euro per tassa di iscrizione e 207 euro come contributo annuo all’Ordine (nell’esempio si tratta di quello di Milano). 

Quanto guadagnano i praticanti. Non esiste una rilevazione ufficiale. In genere si tratta di un rimborso spese che cresce nel tempo. Nel Mezzogiorno una prassi diffusa consiste semplicemente nel non pagare i praticanti avvocati. In realtà come Milano, invece, un praticante guadagna all’inizio più o meno 500 euro al mese in uno studio tradizionale. Negli studi d’affari internazionali la retribuzione può salire fino a 1.500-2.000 euro al mese, a fronte di un impegno in termini di ore di lavoro molto elevato.

La Cassa nazionale forense dà delle indicazioni interessanti sul reddito professionale ad inizio carriera, una volta che l’esame è stato superato: circa 10mila euro all’anno - meno di un quinto dei 51.313 euro del reddito professionale medio degli avvocati.

Retribuzione minima? In Italia attualmente non esiste una retribuzione minima per i praticanti avvocati. Per quanto nel Codice deontologico forense sia previsto l'obbligo di corrispondere, «dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all’apporto professionale ricevuto», l’indicazione non è vincolante.

Una proposta di riforma dell’avvocatura approvata da tutte le organizzazioni della professione (e in particolare dal Cnf) e attualmente allo studio della commissione Giustizia del Senato prevede, tra l’altro, l’obbligo di retribuire i praticanti. Non si fissa, tuttavia, una soglia minima per il salario, perché, spiegano dal Cnf, «sono troppe le variabili da considerare, dal tipo di impegno al tipo di lavoro alla zona geografica dello studio».  

Forme di salario minimo per i praticanti sono previste in Germania (circa 700 euro) e nel Regno Unito (almeno l’equivalente di 1.000 euro per i pupils aspiranti “barristers”). 

Cosa fanno. Ci sono alcune attività tipiche. Come emergeva in un precedente post, il praticante in studio svolge delle ricerche propedeutiche al lavoro di altri avvocati e redige atti, memorie, comparse, citazioni. In tribunale, oltre ad assistere alle udienze, deposita atti presso la cancelleria, oppure  va all’ufficio notifiche per rilasciare atti da notificare.

La procedura. La pratica dura almeno 24 mesi. All’inizio il praticante riceve un libretto, che ogni sei mesi dev'essere controllato da un “tutore” dell’Ordine e firmato dal “dominus”, cioè dall’avvocato presso cui si svolge la pratica. Sul libretto si devono segnare le udienze seguite (almeno 20 a semestre),  gli atti processuali e le attività stragiudiziali a cui il praticante partecipa; infine si devono trattare almeno dieci questioni giuridiche studiate durante il semestre. Alla fine di ogni anno si devono poi scrivere dieci relazioni sulle cause seguite e sulle questioni giuridiche osservate. Dopo il primo anno è possibile fare la domanda per ottenere l’abilitazione al patrocinio, che permette di seguire in proprio alcune cause minori, come quelle di competenza del giudice di pace. Per l'intera procedura si veda, per esempio, il vademecum dell'Ordine di Firenze.

La scuola di specializzazione. Secondo l’attuale disciplina, dei due anni di pratica uno può essere sostituito dal conseguimento del diploma delle Scuole di specializzazione per le professioni legali. La riforma della professione allo studio al Senato prevede, oltre alla pratica negli studi, anche la “frequenza obbligatoria e con profitto”, per almeno 24 mesi, di corsi di formazione tenuti esclusivamente da Ordini e associazioni forensi. I corsi, particolare non  trascurabile, possono essere a pagamento.

Fabrizio Patti

Per saperne di più su questo argomento, vedi anche gli articoli
- «Videointervista a Duchesne: il libro «Studio illegale» vola sulle ali del blog, e presto diventerà un film
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- «Praticanti, ora la retribuzione è obbligatoria: ma è giusto non fissare un minimo - Intervista al presidente dei giovani avvocati»

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