Ilaria Mariotti
Scritto il 16 Giu 2021 in Notizie
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Niente più esame di Stato ma accesso diretto alla professione. Una laurea abilitante in principio prevista solo per i medici con il decreto Cura Italia, e che riguarderà in futuro – grazie anche a quanto sottoscritto nel Recovery Plan definitivo - pure i percorsi per odontoiatra, farmacista, veterinario, psicologo, geometra, agrotecnico, perito agrario e perito industriale. Salvo sorprese dell'ultima ora dovrebbero essere queste le facoltà per cui sarà soppresso l'esame di abilitazione, conferma alla Repubblica degli Stagisti Manuel Tuzi, 33enne deputato M5S in Commissione Cultura e relatore del disegno di legge Manfredi attualmente in discussione in Parlamento, approvato a ottobre 2020 sotto l'allora governo (Conte II).
«Siamo in fase di trattativa» fa sapere Tuzi: «Per queste lauree abbiamo la certezza, per altre ne stiamo discutendo». Probabile sarà però l'inserimento di «chimici e fisici, oltre a un articolato che preveda la possibilità per i singoli Ordini professionali di fare richiesta per un accesso diretto alla professione post laurea» prosegue il parlamentare: «Una modalità aperta per favorire l'adesione al nuovo sistema anche in una fase successiva». E che stando al testo attuale dovrebbe riguardare le professioni di tecnologo alimentare, dottore agronomo e dottore forestale, pianificatore, paesaggista e conservatore, assistente sociale, attuario, biologo, chimico e geologo. Titoli che, è scritto nel ddl, «possono essere resi abilitanti, su richiesta dei consigli dei competenti ordini o collegi professionali o delle relative federazioni nazionali».
Scopo primario: accelerare il processo di entrata nel mercato del lavoro per i giovani. «L'obiettivo è semplificare l'iter, che così com'è è presente quasi esclusivamente in Italia, comportando un rallentamento per l'occupazione giovanile» osserva Tuzi. Il che non significa abbassare gli standard della preparazione, ma riformulare il tipo di formazione: «Il testo attuale prevede che l'abolizione dell'esame di Stato corrisponda con un tirocinio professionalizzante da svolgere nel corso degli anni accademici».
«Nell'ambito delle attività formative professionalizzanti previste per le classi di laurea magistrale di cui al comma 1» si legge infatti all'articolo 1 del disegno di legge, «almeno trenta crediti formativi universitari sono acquisiti con lo svolgimento di un tirocinio pratico-valutativo interno ai corsi di studio». Vale a dire, i trenta crediti acquisiti con il tirocinio professionalizzante andranno a sostituire l'esame vero e proprio di abilitazione. Sarà poi ogni corso a indicarne le modalità «nell'ambito della disciplina delle citate classi e dei regolamenti didattici di ateneo dei relativi corsi di studio» è scritto ancora.
Non solo, ma nella seduta di laurea con tutta probabilità «sarà inserita una prova pratico-valutativa» specifica il relatore. Una sorta di piccolo esame che confermi insomma l'abilitazione alla professione. Aspetti però «su cui si sta discutendo, anche per capire se la seduta di laurea sia il momento giusto per il loro svolgimento».
Maggiore sicurezza c'è invece sulle tempistiche secondo Tuzi. «Il testo sarà in aula il prossimo 21 giugno», dopodiché «l'iter tra Camera e Senato dovrebbe essere veloce perché la legge è collegata a un'altra riforma relativa alle classi di laurea». Ci sarò quindi una norma transitoria «in fase di elaborazione», per cui chi si laurea entro l'anno finirà con le modalità classiche. Probabile invece che rientreranno nella nuova normativa «gli studenti che stanno al momento frequentando il terzo anno».
Una cosa è sicura però, a non rientrare nelle previsioni del disegno di legge – né ora né in futuro – saranno almeno tre titoli: avvocati, notai e commercialisti. Lo confermano sia Tuzi che Antonio De Angelis, 40enne presidente di Aiga, associazione italiana dei giovani avvocati. «L'esame da avvocato ci sarà sempre» asserisce De Angelis, «tra le lauree abilitanti non c'è Giurisprudenza e non ci sarà come ha espressamente chiarito il ministero dell'Istruzione». Una prova per l'abilitazione da avvocato al momento riformata – a causa dell'emergenza Covid – e passata dai tre scritti e un orale a una doppia prova solo in forma orale. Una formula temporanea, destinata forse a cambiare di nuovo in futuro.
«Al momento ci sono due proposte di legge in discussione in Parlamento sulla riforma dell'esame da avvocato» spiega De Angelis. «Speriamo che una volta superata la crisi sanitaria si torni a affrontare la questione». L'auspicio per i circa 26mila giovani italiani che ogni anno attendono l'abilitazione alla professione forense «è che si dia il via a una riduzione delle prove scritte, passando da tre a una, eliminando i due pareri e lasciando solo l'atto giudiziario, che è poi quello che si fa durante la pratica». In aggiunta per Aiga la speranza è che «si passi da una a due sessione all'anno di esame, per consentire a chi non passa» prosegue De Angelis, «una doppia chance».
Ilaria Mariotti
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