Identikit degli stagisti italiani, ecco i risultati: troppo spesso i tirocini disattendono le aspettative

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 14 Giu 2010 in Notizie

Identikit degli stagisti italiani, è tempo di risposte. Il sondaggio promosso l'anno scorso dalla Repubblica degli Stagisti insieme alll’ente pubblico Isfol ha raccolto quasi 3mila voci, per un totale di oltre 5mila stage “raccontati”. Dai risultati definitivi, racchiusi nella pubblicazione «Gli stagisti italiani allo specchio», emerge un progressivo e preoccupante scollamento tra la finalità esclusivamente formativa e di orientamento degli stage, così come prevista dalla norma, e le aspettative che invece i ragazzi nutrono quando fanno questo tipo di esperienze: un terzo dei partecipanti infatti cerca in esso espressamente un canale di ingresso nel mondo del lavoro.

Il rischio è che gli stagisti diventino un bacino di sotto-precari: «Si registrano fenomeni di preoccupante degenerazione» si legge nella premessa del volume «i tirocini formativi e di orientamento rappresentano, da parte di un numero consistente di aziende, una scorciatoia per acquisire manodopera a basso o bassissimo costo, con scarse tutele, senza che venga erogata effettivamente una qualche forma di attività di tipo formativo o di orientamento al lavoro».

Dal sondaggio emerge che i settori aziendali “a più alto tasso di stagisti” sono quelli della comunicazione, spettacolo e pubblicità
, all’interno del quale ha svolto lo stage il 12% dei partecipanti, della pubblica amministrazione (11%), e della consulenza o servizi alle imprese (10%). Ma nessuno di questi registra un buon tasso di trasformazione del rapporto di stage in un contratto (e per gli enti pubblici, del resto, non potrebbe essere altrimenti). Il settore più virtuoso rispetto a questo aspetto è invece quello dell’educazione e formazione, dove la percentuale di prosecuzione dopo lo stage è del 26,5%. Sotto di esso, quasi a parimerito, quelli del commercio e distribuzione (24,5%) e delle telecomunicazioni / Information and Communication Technology (24,3%).

A seconda del momento in cui si fa uno stage cambiano le aspettative: chi lo fa alle superiori è molto giovane e quindi vuole soprattutto completare la propria formazione, solo uno su dieci infatti mira a trovare un lavoro. Il discorso si ribalta appena dopo il diploma: a questo punto la formazione e l’orientamento passano decisamente in secondo piano e la parte del leone la fa la ricerca di un impiego. Così come la metà dei laureati specialistici, oltre un terzo dei laureati triennali e addirittura il 57% di coloro che fanno uno stage dopo un master ammettono esplicitamente di vedere lo stage essenzialmente come un traghetto verso il mondo del lavoro». Una speranza nella maggior parte dei casi frustrata, dato che solo il 14,3% degli stage si tramuta in un contratto (a progetto, a tempo determinato o più raramente a tempo indeterminato), a cui si può aggiungere un altro 6,8% che ottiene una “collaborazione occasionale”. In totale quindi solo uno su cinque trova lavoro attraverso lo stage.

Chi offre i percorsi formativi migliori? Prima di tutto le aziende del settore metalmeccanico e automobilistico, dove gli stage hanno registrato un 50,3% di giudizi favorevoli
(e sarà un caso ma qui si riscontra anche la più alta propensione a fare il “miglior contratto”: in oltre un caso su cinque agli stagisti assunti viene fatto direttamente quello a tempo indeterminato). Al secondo posto l’area educazione e formazione (57,5% di «buoni» e «ottimi»), al terzo le aziende di servizi socio-sanitari (55,4%).
Male i percorsi formativi nelle imprese del settore bancario e assicurativo: hanno ottenuto in quasi un quarto dei casi il giudizio «mediocre» – e una volta su dieci addirittura il «pessimo» – oltre che la più bassa percentuale di buon esito occupazionale dopo lo stage.  Tra i fanalini di coda le organizzazioni no profit: gli stage svolti in questo settore sono stati giudicati severamente (il totale dei tirocini mediocri, sufficienti e pessimi tocca quasi il 54%, quattro punti percentuali sopra la media), lasciando a buoni e ottimi soltanto il 46%. Peggio vanno solo il settore Comunicazione, spettacolo e pubblicità che totalizza un 44,7% di giudizi positivi (gli «ottimi» sono soltanto poco più di uno su sei)  e quello Tessile, moda e beauty dove gli stage sono stati giudicati positivamente solo nel 45% dei casi (e la percentuale di «ottimi» scende addirittura a 12,4%: la più bassa in assoluto).

Poiché per ogni stage poi vi è un soggetto promotore, che si occupa di stendere e convalidare la convenzione di stage e di elaborare insieme al soggetto ospitante il percorso formativo, i ricercatori hanno messo in relazione il dato sulla qualità di ogni stage con il soggetto promotore che lo aveva attivato. Ne è emerso che i tirocini valutati meglio (56,5% di giudizi positivi) sono stati quelli promossi da un’associazione professionale o datoriale, come per esempio le Camere di commercio. I peggiori risultano essere invece quelli promossi dai centri per l’impiego: qui i giudizi negativi sono oltre due terzi, con più del 17% di stage definiti addirittura «pessimi». In posizione intermedia si pongono le università: gli stage promossi dagli uffici tirocini degli atenei o dalle associazioni studentesche hanno salomonicamente riscontrato una metà di giudizi positivi e un’altra metà di giudizi negativi.

Nelle conclusioni, gli autori suggeriscono ai giovani di anticipare quanto più possibile le esperienze di stage, poiché il sondaggio ha dimostrato che quelli fatti durante la scuola e all’università sono i migliori; e per coloro che sono già un po’ più avanti con l’età, e non hanno avuto la possibilità di fare un tirocinio mentre studiavano, la riflessione che si dovrebbe imporre è “quanto può essermi davvero utile un tirocinio?”. Perché a volte è meglio un lavoro vero, anche se non esattamente nell’ambito professionale nel quale si vorrebbe entrare, piuttosto che un tirocinio sterile e senza prospettive (e spesso anche senza un euro di guadagno, dato che oltre il 52% degli stage non prevede emolumento).

A politici e amministratori pubblici
infine Isfol e Repubblica degli Stagisti lanciano un messaggio: è urgente, specie in questo momento di crisi economica, rivedere le norme che regolamentano lo stage, anche a livello regionale, per definire meglio diritti e doveri degli stagisti e prevenire gli abusi.

Eleonora Voltolina

Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:
- Pronti, via! Parte il grande sondaggio online di Isfol e Repubblica degli Stagisti per scoprire chi sono gli stagisti italiani
- Identikit degli stagisti italiani: prorogato fino all'inizio di ottobre il sondaggio online promosso da Isfol e Repubblica degli Stagisti

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