Tirocini Schuman, un giurista precario tra Napoli e resto del mondo: la storia di Giuliano

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 14 Mag 2013 in Storie

Domani, il 15 maggio, è l'ultimo giorno utile per candidarsi al nuovo bando Schuman per tirocini al Parlamento europeo. Le posizioni aperte sono più di 150 - si può scegliere tra l'opzione generale o quella giornalismo - e il rimborso spese è ottimo: 1200 euro mensili. Giuliano Vosa, trentenne di Napoli, ha raccontato alla Repubblica degli Stagisti la sua esperienza. 

Sono a un passo dai trent'anni -
li compirò il primo giugno - e vengo da Napoli. Diciott'anni a Napoli non passano inosservati per le inevitabili sorprese che riserva: anche se vivi in un condominio elegante, basta girare l'angolo e ti scontri con i diecimila rivoli di una vita diversa. Ho vissuto al liceo Classico Umberto I un'adolescenza apparentemente tranquilla. Avevo un curriculum da primo della classe, ma mi sentivo sentimentalmente – a tutti i livelli – inappagato. Con il beneplacito dei miei, mi trasferisco a Roma, sponda Luiss, facoltà di Giurisprudenza, dove in due anni inizio a capire che devo ripartire. Erasmus a Stoccolma, dove quattro mesi diventano un anno; esperienza impagabile, eppure ancora qualcosa manca. Ritorno più ricco e più irrequieto di prima; parto per tre mesi a Madrid (siamo nel 2005), lavoro in un bar e respiro l'odore dei gazpachos malaguegni all'angolo di Alvarado. Malvolentieri torno e inizio a lavorare all'università come tutor per gli studenti Erasmus, escogito piani di studio improbabili e sprono tutti a partire, dentro di me sapendo che toccherà ancora a me. Gli anni della specialistica sono tutti un viaggio, alcuni di piacere, altri per studio come a New York, dove nel 2008 partecipo al Model United Nations, una simulazione diplomatica che ricalca i processi di negoziazione delle Nazioni Unite. È il viaggio più forte, sotto tutti gli aspetti.
La tesi all'estero in diritto costituzionale, concepita grazie a un professore che ci crede, mi porta a Bruxelles, dove inizio per caso, gratis, a collaborare per una fondazione che segue le riforme istituzionali di Lisbona. Da lì entro in contatto con tutti i funzionari del Parlamento europeo e trovo porte spalancate. Alcuni di loro mi spingono a partecipare alla selezione per lo Schuman opzione generale. Mi prendono, e dopo la laurea in Diritto delle Istituzioni a maggio del 2008 passo cinque mesi belli ed intensi alla Commissione per gli affari giuridici: mi occupo di ricorsi alla Corte (insieme col Servizio Giuridico del Pe), basi giuridiche, procedure legislative ed esecutive, rifusione atti (cioè riunire in un unico atto tutta la disciplina di una materia, spuntando qua e là); e ottengo tanto, in termini umani e professionali: al punto che continuo a "campare di rendita" pubblicando gli aggiornamenti delle materie che ho imparato lassù. Seguono sei mesi, nell'ambito di un progetto di ricerca interno al Parlamento in materia di rapporti interistituzionali con il Consiglio Europeo, con una borsa di 900 euro. Nel frattempo supero anche l'omologazione della mia laurea in Spagna. È il piano B, nel caso decidessi di ripartire. Ma non ho mai voluto recidere il cordone ombelicale con la mia terra.
Inizio poi a collaborare a distanza con le cattedre di diritto costituzionale e parlamentare della Luiss e nel 2009 – durante le elezioni al Pe - riesco a vincere un dottorato della Sapienza. Purtroppo però senza borsa di studio. Riparto alla volta di Bruxelles per studiare l'Unione Europea. Mi affeziono al candidato più “contro” su piazza, l'ex pm De Magistris, e quando viene eletto mi propongo per lavorare con lui. Collaboro con la sua commissione per un paio di progetti di rilievo europeo – stipendio circa 900 euro al mese – mentre entro a Firenze al Seminario di studi parlamentari e costituzionali “Tosi”, per sei mesi. Vivo senza fatiche, grazie ai settecento euro della borsa e ai gelati di fronte a viale del Fante, sostitutivi di uno o anche due pasti.
stage lavoroDecido di continuare a Roma e inizio uno stage con l'Ufficio Rapporti Ue della Camera; un posto fantastico, per la qualità delle persone che ci lavorano e per lo splendore della palazzina,  isolata dal delirio montecitoriano. Li avevo incontrati per la tesi e, potendo scegliere uno stage nelle istituzioni grazie al Seminario, non ho avuto dubbi. Tuttavia prospettive future zero, salvo concorso che si celebra ogni dieci anni con 5/10 posti per un numero di candidati tale che non sanno più dove fare le prove, la prossima forse a Villa Pamphili. Mi sento preso fra la voglia di ripartire e la foga di cambiare qualcosa qua. A casa mia.
Il momento in cui il neosindaco De Magistris mi chiama per chiedermi di lavorare nel suo staff al Comune di Napoli lo ricordo perfettamente: ero a San Lorenzo, verso mezzogiorno, per un pranzo al bar con una che volevo incontrare da tempo. Resto interdetto ma non discuto oltre e da due anni, dal 2011, mi dedico al patrimonio immobiliare napoletano per circa mille euro al mese. Roba da far accapponare la pelle, sia pure part time: torno a vivere coi miei, passo giornate intere in sopralluogo in quartieri di Napoli di cui ignoravo l'esistenza - la sospettavo, ma vederli dal vivo è sempre peggio. Continuo anche all'università a Roma, avviandomi verso la fine del mio dottorato. E poi scrivo articoli scientifici, divulgazioni per il giornale del Comune, altro. Sostengo tutte le cause che mi paiono giuste, tipo il movimento delle Agende rosse. Prendo quattro treni a settimana ma sono contento. Ho qualche prospettiva, o mi illudo di averla. Studio un po' per i concorsi italiani, un po' per quelli europei. Sono iscritto alle newsletters di tutti, ma proprio tutti i siti che pubblicizzano offerte di lavoro all'estero, ma non mando più curricula dal 2010. Tengo rapporti con varie università straniere eppure, per ora, galleggio sul filo della domanda fatidica: vado o resto? In Italia il lavoro non esiste, nel senso che è rovesciato nei suoi presupposti: sei tu a pregare gli altri perché se ne avvantaggino. Lo stage è un cappio al collo, eppure è segno dei tempi, del precariato a tutto tondo. Anche se le condizioni sono buone, come a Bruxelles, è sempre instabile come un soffio di vento. 
Qualunque Carta dei diritti dello stagista non può prescindere da due cose: qualità delle persone e possibilità di sbocco lavorativo futuro in quell'ambiente. Nessuno può lavorare sapendo che tempo tre, sei mesi dovrà fare il fagotto. È semplicemente irragionevole pretenderlo ed altrettanto innaturale cimentarvisi. L'Italia, con tutto il rispetto perché anche mio, è un Paese premoderno. 

Testo raccolto da Ilaria Mariotti

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