Mantenere i figli è un obbligo per i genitori, anche se sono adulti e vaccinati. Ma chi ci perde di più sono proprio i giovani

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 03 Mar 2010 in Editoriali

Di nuovo un tribunale decreta l’obbligo per un genitore di mantenere i figli. Anche se i pargoli sono ormai adulti, anche se hanno passato il quarto di secolo, anche se hanno scambiato l’università per un parcheggio e non danno segno di volersi impegnare per diventare economicamente indipendenti.
L'ultimo caso è quello di un pensionato che si ritrova due figlie bamboccione – stando alla notizia su Corriere.it la prima ha 26 anni ed è al terzo anno fuori corso di giurisprudenza, la seconda ne ha 30 ed è addirittura al sesto anno fuori corso di sociologia. Il Tribunale di Roma gli ha ordinato di versare loro 1800 euro al mese, più del 70% della sua pensione. Perchè?
Un mese fa era stato il Tribunale di Bergamo (qui la notizia Ansa) a pronunciarsi in maniera analoga dando torto a un padre, di professione artigiano, che da tre anni non manteneva più la figlia – attualmente 32enne e iscritta fuoricorso da otto anni alla facoltà di filosofia. Dovrà continuare a darle 350 euro al mese, così come aveva stabilito il Tribunale di Trento nel 1998 (quando la ragazza aveva vent’anni) fintanto che lei non si renderà – bontà sua – autosufficiente. Cioè potenzialmente per sempre.
E anche un quarantenne, stoppato a febbraio nelle sue richieste dalla Corte d’appello di Milano, ha deciso di ricorrere alla Cassazione per farsi riconoscere il diritto di essere mantenuto: anzi in questo caso, siccome è figlio di un medico facoltoso, non si accontenta di briciole e pretende ben 2mila euro al mese più oltre 50mila di arretrati.
Dalla Sicilia, fortunatamente,  un po' di buonsenso: lì il tribunale di Palermo si è trovato di fronte a una situazione simile – un padre consulente del lavoro che aveva smesso di mantenere il figlio, oggi 30enne, iscritto a Ingegneria ma disastrosamente indietro con gli esami – e ha dato ragione al genitore, secondo il principio che a una certa età una persona deve darsi una mossa e trovarsi un lavoro.
Gli addetti ai lavori spiegano che è una sentenza della Cassazione del 2007 ad aver fatto scuola: «l'obbligo dei genitori di concorrere tra loro, secondo le regole dell'art.148 c.c. al mantenimento dei figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma perdura immutato finché il genitore interessato non provi che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica (o sia stato avviato ad attività lavorativa con concreta prospettiva di indipendenza economica), ovvero finché non sia provato che il figlio stesso, posto nelle concrete condizioni per poter addivenire all'autosufficienza, non ne abbia, poi, tratto profitto per sua colpa…» (Cassazione civile , sez. I, 11 gennaio 2007 , n. 407).
Questa la cronaca – ora, tre considerazioni. Primo: essere mantenuti troppo a lungo da mamma e papà è apparentemente una comodità per i giovani; ma sotto sotto diventa controproducente, perchè frena la voglia di camminare sulle proprie gambe, di crearsi la propria vita, la propria casa, la propria carriera.
Seconda considerazione: se è vero che i figli so' piezz ’e core, e la stragrande maggioranza dei genitori italiani non si sogna di «chiudere i rubinetti» nemmeno con figli ampiamente adulti continuando a dare una paghetta, o a pagare un affitto, o a coprire le spese per le vacanze, è altrettanto vero che con questo sistema i figli rimangono sempre un po’ al guinzaglio. Ti dò la paghetta, però vieni a pranzo tutte le domeniche, mi raccomando. Ti pago l’affitto ma qui vicino a noi, non cambiare quartiere e tanto meno città, non vorrai mica abbandonarci. Ti pago le vacanze, ma scegli un posto che va bene a noi – anzi magari lo stesso nostro, così ci facciamo compagnia. E così ricevere denaro dai genitori per una persona che ha già venticinque o addirittura trent’anni diventa una resa: barattare la propria indipendenza per un po' di tranquillità economica.
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n terzo luogo, questa abitudine molto italiana vizia il mercato del lavoro con enormi danni per la collettività: perchè quei giovani che si sentiranno sempre le spalle coperte potranno continuare ad accettare stage gratuiti o con rimborsi spese indignitosi, o cocopro sottopagati, tranquilli e certi che tanto la "differenza" ce la metteranno mamma e papà. Andando quindi a "dopare" il mercato.
Il grande assente, in questo frangente, è lo Stato. Un welfare state degno di questo nome – con aiuti alle giovani coppie, affitti a prezzo agevolato, ammortizzatori sociali per non essere costretti a correre da mamma e papà tra un contratto a progetto e l’altro  –  sarebbero un sostegno ben più sano, per i giovani, di quello delle famiglie d’origine.

Eleonora Voltolina

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