Stage in ambasciata: per molti, ma non per tutti. Il nuovo bando dei tirocini Mae-Crui è stato pubblicato da pochi giorni e fino al 28 settembre sarà possibile candidarsi online per uno dei 580 posti da tirocinante nelle sedi nazionali ed estere del ministero degli Affari esteri. Un’esperienza formativa utile per chi mira ad una carriera internazionale ed apprezzata anche dalle aziende: peccato, però, che i costi da sostenere per trascorrere tre o quattro mesi all’estero siano quasi sempre molto elevati, e non alla portata di tutti.
Il bando Mae-Crui, per giunta, non prevede alcuna forma di rimborso spese: sta allora alle singole università offrire ai rispettivi studenti borse di studio e contributi finanziari per affrontare con maggiore serenità lo stage. Solo pochi atenei, però, destinano fondi specifici al sostegno dei giovani tirocinanti Mae-Crui.
Katya è una ragazza di Mola di Bari, neolaureata in neogreco e arabo all’università Ca’ Foscari di Venezia. Dopo aver partecipato allo scorso bando del Mae-Crui è stata selezionata per partire alla volta di Atene. Alla Repubblica degli Stagisti ha inviato questa richiesta di Help: «La notizia della mia partecipazione mi è giunta il 29 luglio e consapevole del fatto che si trattava di uno stage non retribuito, ho cominciato a cercare casa e lavoro ad Atene e allo stesso tempo qualcuno che prendesse il mio posto a Venezia». Qualche giorno dopo Katya viene messa in contatto con altre due stagiste italiane destinate alla sede di Atene, e da una delle due ha apprende che l’università di Palermo prevede per i suoi studenti tirocinanti Mae-Crui un rimborso spese di 700 euro al mese. E invece da Ca’ Foscari neanche un centesimo: «Mi sento presa in giro», si sfoga Katya, «perchè si tratta dello stesso stage e, nonostante io sia sempre stata una studentessa-lavoratrice, vorrei non dover lavorare all'Istituto italiano di cultura di giorno e di sera dover fare la barman in qualche pub o dare lezioni di italiano per sopravvivere. Vorrei che tutti gli studenti avessero un aiuto dall'università alla quale hanno pagato soldi e soldi durante gli anni, indipendentemente da statuti speciali o fondi regionali, e che ci fossero più possibilità per tutti gli studenti come me che lavorano sodo e che cercano di proseguire gli studi facendo le notti nei bar e nelle pizzerie di tutta Italia».
Katya è decisa, partirà comunque per Atene e per pagarsi lo stage lavorerà part-time. «Nel frattempo scriverò al rettore della mia università e chiamerò l'ufficio culturale del ministero con la speranza che, anche a posteriori, sia possibile ottenere perlomeno un rimborso delle spese di alloggio. Voglio avere voce in capitolo. E se non dovesse esser possibile per me, lo sarà per le future teste di Mae!» [nell'immagine a sinistra, il wall del gruppo Teste di Mae su Facebook].
Una richiesta più che legittima, soprattutto se si considera che, su 480 sedi, 38 sono in Africa, 29 in Asia, 53 in America del Nord, 56 in America Centro-meridionale, 19 in Medio Oriente, 13 in Oceania e le restanti 372 in Europa. Oltre un terzo dei tirocinanti (208 su 580), quindi, dovrà vivere per tre o quattro mesi in Paesi decisamente distanti dall'Italia, con un conseguente aumento anche dei soli costi di trasferta.
La Repubblica degli Stagisti risponde all'appello di Katya con un sondaggio fra le 67 Università convenzionate con il programma Mae-Crui per individuare quelle “virtuose” che, fra fondi propri e finanziamenti regionali, offrono un rimborso spese ai propri studenti. Da sottolineare che le singole università non si occupano direttamente della gestione delle pratiche amministrative, del customer care degli alunni o del mantenimento delle infrastrutture informatiche per l’invio delle candidature, compiti che spettano invece alla Fondazione Crui. A quest’ultima, ogni ateneo versa un contributo spese che varia, a seconda del numero di studenti partecipanti per istituto, da 26 a 52 euro per alunno preselezionato. Il contributo totale può arrivare a varie migliaia di euro, come nel caso dell’università Cattolica di Milano che paga complessivamente circa 5mila euro alla Fondazione per aderire al programma.
Andrea Curiat
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