La jatropha è una pianta originaria dell'America Centrale, oggi diffusa anche in Africa ed in Asia, dove viene utilizzata come siepe per le recinzioni. Giovanni Venturini [nella foto insieme al suo socio Roberto Crea] ci ha creato un business. Prima ha fondato Agroils, un'azienda che ricava biocombustibile dai semi di questa essenza, quindi ha ceduto le quote di maggioranza ed ha aperto Agroils Technologies, una start-up che ricerca un modo per ricavare un mangime dal panello che rimane dopo la spremitura.
La storia di questo 29nne fiorentino - laurea triennale in ingegneria gestionale e specialistica abbandonata a quattro esami dalla tesi per dedicarsi a tempo pieno all'azienda - è un vero e proprio inno all'intraprendenza. Arrivato all'inizio del 2004 a Stoccolma per un periodo di Erasmus, iniziò un tirocinio alla Nykomb Synergetics. «Stavo lavorando a un progetto per la produzione di idrogeno da black liquor, uno degli elementi base per la produzione della carta. Poi un giorno l'amministratore delegato mi convocò nel suo ufficio e mi fece vedere una foto».
Fu quello il primo contatto con il vegetale a cambiare la vita di Giovanni: «Si trattava di una pianta coltivata in Ghana, dalla quale si poteva ricavare un sostituto naturale del gasolio. Lo trovai subito molto interessante, al punto che dedicai al tema la mia tesi di laurea», conseguita nell'ottobre del 2004 a Firenze. Iniziata la specialistica, cominciò a lavorare nel 2005 con un contratto a progetto per la D1Oils, ora diventata Neos, un'azienda inglese con la quale collaborò prima a distanza, quindi direttamente sul campo, trasferendosi a Johannesburg, in Sudafrica, tra la primavera e l'estate del 2005. «Non ero molto convinto di quest'esperienza: intanto volevo finire di studiare e poi pensavo di voler aprire una mia azienda, perché mi ero reso conto che c'era un'opportunità».
Così tra la fine del 2005 e l'inizio del 2006 nacque Agroils, azienda individuale che già nell'ottobre del 2006 diventò una società a responsabilità limitata con l'ingresso di due nuovi soci: Federico Grati e Stefano Babbini, compagni di corso di Giovanni. Capitale sociale i 'classici' 10mila euro. Subito i soci si concentrarono sul progetto di utilizzare i semi di jatropha per ricavarne un biocombustibile. Lavorando ognuno con il proprio computer, spendendo 500 euro al mese per l'affitto di uno scantinato diventato la sede operativa dell'azienda, nel giro di cinque mesi raggiunsero il pareggio.
Per crescere in un settore ancora poco battuto, appunto la produzione di biocarburanti dai semi di questa essenza, i tre si inventarono anche un'associazione chiamata JatrophaBook, che subito aprì una sorta di social network pensato per coloro che lavorano con questa pianta. E iniziarono a frequentare le fiere di settore.
Il fatturato è cresciuto in fretta, arrivando a toccare i 600mila euro annui. La società si è strutturata, assumendo tre persone a tempo indeterminato e due collaboratori a progetto. Ed ha ospitato anche un paio di stagisti per un tirocinio trimestrale. Nella primavera del 2011 è arrivato il salto di qualità: i tre soci hanno ceduto le quote di maggioranza a Futuris, società milanese che si occupa di biomasse, riservandosi comunque una partecipazione societaria. «Federico e Stefano continuano a lavorare in Agroils, io invece ho creato una nuova società». Appunto Agroils Technologies, nata subito dopo la cessione delle quote della prima start-up.
Perché a 28 anni si cede un'azienda ormai avviata per ricominciare da capo con un'altra? «Non so, forse è una questione di ambizione, di intraprendenza. E poi, sviluppando una tecnologia, hai a che fare con un business che può svilupparsi in fretta a livello internazionale». Tutto sta nell'avere successo in quest'operazione. La questione è semplice, almeno sulla carta: «Una volta 'spremuta' la jatropha rimane il panello, una parte solida residua. Si tratta di un coprodotto ad alto contenuto proteico, che potrebbe essere utilizzato per produrre dei mangimi». «Potrebbe»: perché questa sostanza contiene delle tossine, che lo rendono inutilizzabile. La sfida è quella di riuscire a «eliminare questi antinutrizionali», adoperando il panello per la produzione di mangimi. Se si pensa che questa pianta cresce bene nei climi aridi, che quindi potrebbero produrre cibo per il bestiame, si capisce esattamente cosa intenda Giovanni quando parla di un «business che può svilupparsi in fretta a livello internazionale».
La spinta in questa direzione è arrivata a San Francisco, dove Agroils ha partecipato all'edizione 2011 di Mind the Bridge, un concorso riservato alle start-up. È qui che Venturini ha conosciuto Roberto Crea, scienziato italiano che da 35 anni vive in California, dove sta lavorando a un programma di ricerca dedicato proprio alla possibilità di ricavare mangime dal panello della jatropha. Ora i due sono soci alla pari di Agroils Technologies, società che ha sede all'interno di Incubatore Fiorentino, una culla per le start-up toscane supportata dal Comune e dalla Camera di Commercio di Firenze, oltre che dalla regione Toscana. «Siamo entrati a gennaio. Per il tipo di lavoro che faccio, che mi porta spesso all'estero, è la dimensione ideale». Oltre ad un ufficio, a disposizione delle aziende incubate c'è anche «un incontro mensile con un senior manager con il quale è possibile confrontarsi». La permanenza all'interno di questa struttura costa mille euro mensili, ma «attraverso alcuni bandi regionali è possibile abbattere i costi. Noi arriviamo a pagare 250 euro ogni mese».
Al momento il break even, ovvero il pareggio di bilancio, è ancora lontano: «Ci vorrà almeno un anno». Però l'interesse del mercato c'è e si è già fatto sentire in maniera forte a marzo, quando Agroils Technologies ha ricevuto un finanziamento di 900mila euro. La metà di questi fondi sono arrivati da X Capital, una società privata di investimento toscana, mentre l'altra metà l'hanno messa Innogest sgr e Italian Angels for Growth. Tre realtà pronte a scommettere sul successo di un under 30.
Riccardo Saporiti
startupper@repubblicadeglistagisti.it
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