Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 12 Giu 2012 in Editoriali

Oggi la Repubblica degli Stagisti inaugura una nuova rubrica. Dedicata come sempre ai giovani che cercano di diventare adulti, di costruire la propria strada professionale e la propria indipendenza economica. Stavolta però focalizzata su quelli che invece di andare in cerca di un lavoro dipendente, decidono di mettersi in proprio, di provare a realizzare un'idea e lanciarla sul mercato, di aprire un'impresa. Gli startupper.
startupper stage lavoroChe in Italia non hanno certo vita facile, perchè mille sono i problemi da affrontare. Innanzitutto per racimolare i primi soldi necessari per partire: troppe porte sbattute in faccia dalle banche e dai fondi d'investimento, ben poco propensi a dar credito a chi non può fornire garanzie. Poi i passaggi obbligatori attraverso il labirinto della burocrazia, che spesso appaiono insensati e costruiti per scoraggiare e indebolire, più che facilitare. Infine la cultura dominante, non solo gerontocratica ma anche giovane-fobica, per cui tutti guardano con sospetto i giovani imprenditori, tendono a non fidarsi, non sia mai che l'inesperienza possa generare qualche catastrofe.
Ma gli startupper vanno avanti. Non si fanno scoraggiare. Racimolano i primi soldi attraverso la solita rete FFF, family friends and fools, oppure se sono fortunati riescono a farsi finanziare da qualche business angel o integrare in qualche incubatore. Studiano la complessa cartina geografica delle regole, la differenza tra società srl, snc e tutta la galassia di possibilità previste dall'ordinamento italiano. Imparano i nomi delle tasse, le date delle scadenze fiscali e contributive, le diverse tipologie contrattuali e i loro costi.  Di solito all'inizio guadagnano poco o nulla; coinvolgono nel progetto qualche fratello, cugino, amico, compagno di scuola o di università, e per i primi mesi si va avanti in perdita, sviluppando l'idea senza un tornaconto economico, investendo il proprio tempo e le proprie energie, usando il proprio computer personale, lavorando dal divano di casa. Combattono contro i pregiudizi, contro i proprietari di immobili talvolta guardinghi ad affittare anche solo piccoli seminterrati senza la garanzia dei genitori, contro i primi fornitori che vorrebbero essere pagati in anticipo e i primi clienti che vorrebbero pagare a 90 giorni da fine mese.
Poi a un certo punto, se le cose vanno bene, il meccanismo ingrana, arrivano i primi soldi, almeno quanto basta per comprare una scrivania e due sedie, e magari cominciare a fare qualche contratto e pagare qualche stipendio. Si tira un sospiro di sollievo, e si comincia a pensare a come reinvestire i primi guadagni per crescere e svilupparsi.
Gli startupper non sono tutti uguali: ci sono i figli di imprenditori e i figli di nessuno, ci sono i tradizionalisti e gli innovatori, i solitari e i comunitari. Parleremo di loro, in questa rubrica, ogni martedì. Racconteremo le loro storie, le difficoltà, le conquiste, i costi affrontati, i guadagni realizzati. Siamo convinti che le loro testimonianze siano importanti e che possano mostrare la faccia di un'Italia giovane che non si arrende, che si dà da fare e che affronta sulla propria pelle tutto il bello e il brutto di questo Paese.
È certamente esagerata, e in un certo senso addirittura ipocrita e disturbante, la frase del rettore di Harvard consacrata dal film The social network: «I migliori allievi di questa università non sono quelli che escono e trovano un lavoro, ma quelli che escono e se lo inventano». La maggior parte dei giovani, in tutti i Paesi del mondo, continuerà legittimamente a cercare un lavoro dipendente, perché fondare un'impresa non è un gioco: servono idee, competenze, spirito di sacrificio, propensione al rischio, capacità di gestione che non tutti hanno o vogliono mettere in gioco. Ma al contempo le imprese fondate da giovani sono una speranza, un segnale: e le più forti tra loro potranno anche poi, in futuro, creare nuovi posti di lavoro. Per questo vanno protette, sostenute, valorizzate.
Ai lettori della Repubblica degli Stagisti un appello: segnalateci voi stessi storie da raccontare, scrivendo all'indirizzo startupper [chiocciola] repubblicadeglistagisti.it
Ed ecco la prima puntata della rubrica: «Non più bambini, oggi le Cicogne portano babysitter». Buona lettura.

Eleonora Voltolina

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