Stage a pagamento: un lettore chiede «help» alla Repubblica degli Stagisti

Andrea Curiat

Andrea Curiat

Scritto il 26 Ott 2009 in Help

Li chiamano "stage di formazione", ma di stage hanno ben poco: si tratta a tutti gli effetti di corsi a pagamento, di durata ridotta (solitamente pochi giorni, per un totale di qualche decina di ore) e nessuna attività lavorativa prevista per i partecipanti.
Uno di essi è stato segnalato
alla rubrica «Help» (help [chiocciola] repubblicadeglistagisti.it) da un lettore, in dubbio se aderire o meno all’offerta del Centro sperimentale di ricerca formazione e documentazione per gli studi umanistici "Gertrude Margaret Lowthian Bell" di Viterbo: 20 posizioni aperte per 25/30 ore di lezioni teoriche e di esercitazioni didattiche in museologia e didattica museale, da svolgere nel corso di cinque giornate presso il museo di Palazzo Braschi di Roma al costo di 420 euro iva inclusa. Lo “stage di formazione” è aperto a tutti i laureati provenienti da determinate facoltà (storia, filosofia, scienze politiche e altre ancora), senza limiti di età e di cittadinanza; il sito web del G.M.L. Bell specifica espressamente che «è finalizzato unicamente alla formazione dei partecipanti e non implica in alcun modo un rapporto di lavoro con il Museo stesso o con il Centro Studi».
La Rete pullula di offerte simili, con corsi di ogni genere denominati stage: solitamente si tratta di corsi di formazione nell'ambito dell'arte, dello spettacolo o dello sport (stage di kung-fu, di skateboard, di teatro, di hip-hop...).

Attenzione, però: la normativa italiana (il decreto ministeriale 142 del 1998) stabilisce criteri ben precisi e procedure standard sulla base di cui si può parlare di tirocini formativi, riepilogati qui in un articolo di approfondimento. Criteri e procedure che non vengono riprodotti in questo caso.

Per capire allora l’inquadramento esatto dell’offerta del Centro G.M.L. Bell, la Repubblica degli Stagisti si è rivolta alla responsabile Caterina Pisu, che ha spiegato: «Esiste una differenza tra gli stage aziendali, tanto di moda ai nostri giorni, e gli stage/seminario, come quello da noi organizzato, che sono invece propri di determinati settori di studio e ricerca, e che sono destinati a una nicchia di persone che desiderano approfondire  le proprie conoscenze in una data materia». Quello che loro organizzano sarebbe quindi uno «stage seminariale, equivalente ad un corso di perfezionamento post-lauream ma con modalità particolari: l'essere ospitati presso la sede museale, l'incentrare le lezioni di tipo seminariale sulle attività e sul funzionamento della sede ospitante, le esercitazioni attinenti le collezioni proprie di quel museo». Secondo la responsabile «in alcuni casi la denominazione "stage" viene data anche a seminari e workshop aventi carattere di apprendimento. I partecipanti, pertanto, sono studiosi che desiderano approfondire le proprie conoscenze su specifici temi inerenti la museologia e la didattica museale. Lo dimostra anche l'età dei richiedenti che varia dai 25 ai 40 anni, quindi si tratta anche di persone che chiaramente non hanno necessità di un inserimento lavorativo ma hanno solo finalità di studio».

Il rischio di fare confusione, però, è dietro l'angolo. Innanzitutto c'è la parola stage; poi c'è l'aggettivo "di formazione", infine il riferimento a un "tutor" e a un "ente promotore". Una terminologia mutuata dalla normativa, che potrebbe generare errori di comprensione.

Nel caso specifico, lo "stage" presso il museo di Palazzo Braschi sarebbe rivolto a studiosi più che a giovani in cerca di lavoro (in effetti, una durata di appena cinque giorni renderebbe poco probabile l’inserimento di un tirocinante all’interno di una qualsiasi struttura). Alla luce di queste considerazioni, il suggerimento è quello di sforzarsi sempre di distinguere in maniera netta i tirocini come definiti dalla lettera e dalla ratio della legge, e questo tipo di “stage formativi” che per caratteristiche e svolgimento (prima di tutto, la presenza di una tassa di partecipazione) sono più assimilabili a corsi di formazione specialistica.

«È vero» riconosce Maria Elisa Tittoni, direttore del museo di Palazzo Braschi: «la parola stage è oggi usata in un gran numero di situazioni, a volte a sproposito». E aggiunge che «l'accordo del museo con il Centro non rientra infatti nella convenzione prevista dal decreto 142. Forse sarebbe meglio parlare di offerte didattiche». Per evitare il rischio, aggiunge la Repubblica degli Stagisti, di creare confusione tra l’uno e l’altro modello, e di generare magari false speranze nei giovani in cerca di un’occasione per entrare nel mondo del lavoro.

 

 

Andrea Curiat

Eleonora Della Ratta

Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:
- Cosa costituisce tirocinio formativo e cosa no (secondo la legge italiana)
- Lo "stage-seminario" si fa al museo, ma i partecipanti pagano il Centro
- La Repubblica degli Stagisti al servizio dei lettori: al via la nuova rubrica «Help»
- Stage deludente dopo un master da 11mila euro: una lettrice chiede «help» alla Repubblica degli Stagisti

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