Annibale D'Elia: «Principi attivi non è X Factor, la sua forza è la dimensione collettiva»

Annalisa Di Palo

Annalisa Di Palo

Scritto il 16 Lug 2012 in Interviste

Dal 25 giugno scorso sono aperte le candidature alla terza edizione di Principi attivi, la linea d'azione di Bollenti Spiriti con cui fino al prossimo 19 ottobre la Regione Puglia sostiene l'innovazione under 32 con finanziamenti fino a 25mila euro. Annibale D'Elia, sociologo, 42 anni, da cinque è a capo dello "Staff Bs" e alla Repubblica degli Stagisti spiega i principi e i numeri dietro l'iniziativa.

Chi sono le persone che lavorano a Bollenti Spiriti?

Lo staff è composto da dieci persone,
ugualmente distribuite nelle tre principali attività del programma: Laboratori urbani, Principi attivi e le azioni a sostegno della legalità. Sette - me compreso - sono dipendenti a tempo determinato, con un contratto di tre anni; in tre invece hanno un contratto a progetto. E tutti hanno più o meno trent'anni.
Nessuno stagista?
No, nessuno. In tutta la sua storia [dal 2006, ndr] l'ufficio non ha mai ospitato stagisti. Cerchiamo di mantenere coerenza tra le cose che diciamo e quelle che facciamo [i tirocinanti della Regione Puglia non sono quasi mai retribuiti, almeno non con i fondi dell'ente]: la migliore forma di comunicazione sono i comportamenti.
La prima edizione di Principi attivi è stata finanziata con dieci milioni e mezzo di euro, di cui 7,5 statali; la seconda con meno della metà, e tutti regionali. Cosa è successo tra il 2008 e il 2010?
È cambiato il governo, semplicemente. Gran parte delle risorse del primo bando veniva dal Fondo nazionale per le Politiche giovanili, istituito dall'allora ministro Melandri. Era stato firmato un accordo quadro di tre anni, a partire dal 2008, e per ogni annualità erano previsti circa 4 milioni: le prime due hanno finanziato il primo Principi attivi, che si è dispiegato nell'arco di un biennio. Quello è stato un momento di particolare effervescenza per le politiche giovanili territoriali, anche se crediamo di essere, insieme alla Toscana, una delle poche Regioni che ha dato continuità a quelle azioni. Per la seconda edizione del bando non è stato utilizzato un soldo di contributo esterno: 4,8 milioni di euro e tutti regionali.
Quest'anno ricompaiono i finanziamenti statali: oltre 4 milioni dal Fondo nazionale, che costituiscono il 100% delle risorse a disposizione.
Sì. Perché, con "soli" due anni di ritardo, è arrivata la terza annualità dell’accordo quadro, riferita al 2010. E abbiamo pensato di finanziare Principi attivi solo con quelli. È anche un modo per alzare l'asticella: vorremmo dare sempre meno soldi, nel senso che renderci inutili è la nostra più sfacciata ambizione. La cosa migliore che può succedere a Principi attivi è che non serva più.
È mai capitato che dei progetti vincitori siano tornati a chiedervi aiuto perché non riuscivano ad andare avanti?
Sono venuti a chiederci dei pareri, non altri soldi. Volendo le organizzazioni nate con Principi attivi possono partecipare al bando Start up – stiamo cercando di omogeneizzare le logiche dei due bandi. Ma noi siamo una cosa diversa, non facciamo start up [D'Elia comunque è stato recentemente chiamato a far parte della task force nazionale costituita dal ministro dello Sviluppo economico per incentivare le start up innovative, ndr].
Cosa fate allora?
Non molto tempo fa è uscito un libro, Rain Forest, “foresta pluviale”, secondo
cui l’innovazione non avviene attraverso ordinate dinamiche di selezione e avanzamento delle opzioni migliori. La società non funziona a mercati aperti bensì a reti chiuse, con alte barriere di ingresso, alti livelli di sfiducia. Per cui chi c'è ci sarà. I giovani sono tradizionalmente vittime della trappola dell'esperienza: si pretende da loro esperienza ma nessuno è disposto a farla fare. Questo è vero nel lavoro e tanto più vero nell’impresa. La metafora tradizionale del campo coltivato - ara, semina, innaffia - non funziona se cerchi innovazione: il nuovo nasce dove non te lo aspetti. Generando energie non sotto il tuo diretto controllo, costruendo fiducia reciproca, senza puntare all'immediato controvalore. Questo fa Principi attivi.
E in merito al come?
Il principio è abbastanza elementare: le risorse destinate ai giovani è bene che vadano direttamente a loro, senza quella diabolica filiera lunga per cui alla fine ai ragazzi arriva poco e male. Le politiche giovanili oggi hanno un grande limite: emulano lo stile tipico delle politiche sociali, old school aggiungerei. Lo Stato prende i soldi e li dà a degli specialisti di cura del disagio affinché risolvano il problema. Questo schema non può essere applicato ai giovani, che non sono un problema: sono la più grande risorsa di questo Paese, un gigantesco giacimento di petrolio ecologico e abbandonato. L'approccio "Cosa possiamo fare per questi poveretti?" è sbagliato.
Tra tante buone idee e talenti però ci potrebbe essere qualcuno che utilizza male questi soldi. In alcuni casi la fiducia può essere mal riposta.
La fiducia può essere sempre mal riposta. Altrimenti non sarebbe fiducia, sarebbe certezza. Ma il punto è un altro: il valore aggiunto di Principi attivi è nella dimensione collettiva del processo, nel far partire 400 progetti in contemporanea. Qua sta la forza del cambiamento. Non ci interessa né eleggere vincitori né inseguire i furbi. Che ci sia qualcuno che usa male l’opportunità è da mettere in conto.
Ma utilizzate strumenti di controllo?
In Inghilterra per sconfiggere gli hooligans hanno abbassato le gabbie, non le hanno alzate. Per quanto possibile cerchiamo di fare il contrario di quello che in genere la pubblica amministrazione fa quando dà dei soldi, elaborando strumenti rigidi ed astratti per arginare gli abusi. Meccanismi molto rigidi conducono alla clandestinità; i nostri invece sono basati sulle relazioni, non solo virtuali. Fiducia chiama fiducia: se i ragazzi sentono di riceverne, è più facile che ne diano. È persino successo che qualcuno abbia restituito i soldi. E finora, con 15 milioni di euro distribuiti, abbiamo avuto un solo contenzioso.
Com'è costituita la commissione che dichiara i progetti vincitori? Il sito BS pubblica la composizione di quella 2010, ma al momento il file non è scaricabile.

Sì, siamo passati a un nuovo sistema di gestione del sito e alcuni link non funzionano. Sistemeremo subito... Il primo anno la commissione era composta da tre persone dello staff Bs, me compreso, e da un gruppo di esperti nelle più varie materie, suggeriti dall’Arti. Per la seconda abbiamo affidato la valutazione interamente ai membri Arti [mostra il file e presenta singolarmente i componenti]. Pur essendo una commissione collegiale - tutti valutano tutto - si tende a costituire delle sottocommissioni, in base alle competenze. La nuova composizione non è ancora definita, ma replicheremo lo schema del 2010.
C’è un miglioramento che vorrebbe applicare al bando?
Sarebbe bello individuare le idee vincenti tramite colloqui personali, faccia a faccia. E ancora meglio se potesse essere un processo pubblico, tipo presentazione pitch, in cui esporre davanti a tutti le proprie idee, rischiando magari anche dei processi di miglioramento collettivo. Ma applicare questa logica a più di 2mila candidature è troppo complicato!

intervista di Annalisa Di Palo

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