Benevento, i commenti della Cgil: «Mesi terribili che sono costati molto a chi sperava in un futuro assicurato». Dalla Regione: «Impossibile un controllo preventivo»

Andrea Curiat

Andrea Curiat

Scritto il 28 Dic 2009 in Interviste

Dopo il sequestro amministrativo dei beni per 2,5 milioni delle aziende Eurocalzature e Tranceria Tomaificio, la Repubblica degli Stagisti ha interpellato Regione e sindacati per capire le ragioni di un fallimento che ha lasciato a casa quasi 300 tirocinanti che già versavano in condizioni di disoccupazione.
Le tappe della vicenda e il provvedimento della Procura sembrano infatti raccontare una storia di malversazione, di cui i primi a fare le spese sono stati proprio i giovani coinvolti nei tirocini formativi. Le aziende coinvolte avevano messo in piedi un'attività "fantasma", con strutture, capannoni e macchinari affittati e non di proprietà, un piano industriale evanescente e un capitale sociale ridotto all'osso, almeno stando ai risultati delle ispezioni regionali. Le attività formative, e le successive assunzioni, non sarebbero state altro che una facciata di cartapesta costruita alla bell'e meglio dalle aziende coinvolte, interessate in primo luogo ai fondi pubblici. La fiducia dei 290 giovani tirocinanti è stata carpita dal miraggio di un impiego sicuro, con tanto di sostegno della Regione Campania e inaugurazione in pompa magna da parte delle autorità locali. I ragazzi di allora non hanno perso soltanto gli arretrati non ancora retribuiti, ma due anni di vita, due anni di potenziali attività lavorative in altre realtà ben più sane, e senza bisogno di sperperi pubblici.
«Sono stati mesi durissimi», racconta Luciano Valle [nella foto], segretario generale della Flai-Cgil di Benevento. «Sin dal principio, non ci convinceva l'idea che due aziende con un capitale sociale nell'ordine dei 10mila euro ciascuna fossero in grado di insediare una realtà produttiva da 300 dipendenti in una zona difficile come Benevento e in un settore già in crisi come quello manifatturiero. Quando il progetto è partito e si sono presentati i primi problemi, abbiamo provato la strada del dialogo, abbiamo organizzato scioperi, io stesso ho denunciato alla Asl di competenza le condizioni di lavoro in cui versavano i dipendenti. Alla fine abbiamo chiesto di visionare un progetto industriale: le aziende ci hanno risposto con un documento scarno, di poche pagine appena. Allora abbiamo avuto la certezza che i dirigenti erano interessati soltanto ai 4 milioni di euro di finanziamenti pubblici, non certo allo sviluppo di un'attività imprenditoriale solida né tantomeno al benessere economico della provincia. Quando la regione ha ritirato i finanziamenti e ha chiesto l'intervento della Guardia di Finanza, era già troppo tardi: 290 lavoratori, perlopiù giovani, avevano visto svanire il proprio impiego. Qualcuno si era trasferito a Benevento dalla provincia di Napoli, molti avevano lasciato un impiego precedente per il miraggio di un posto migliore assicurato».
Francesco Girardi, coordinatore d’area della Regione Campania per l’istruzione, educazione e formazione professionale, rileva: «Ricordo la riunione in prefettura con i sindacati e le maestranze per arrivare allo sblocco della seconda tranche di finanziamenti, a ottobre del 2006. Il fatto è che spesso i lavoratori tendono a difendere il posto di lavoro, anche quando i pagamenti non arrivano, nella speranza che un domani le cose migliorino. Noi stessi ricorriamo alla revoca completa dei finanziamenti soltanto come extrema ratio; ove possibile, preferiamo ricontrattare i termini degli accordi in modo da garantire almeno la creazione di una certa percentuale dei posti di lavoro promessi inizialmente». Alla fine, però, ogni speranza di compromesso si è dimostrata vana. «Fermo restando che le indagini della procura sono ancora in corso e ogni responsabilità legale è tutta da appurare», aggiunge Girardi, «a livello puramente amministrativo le nostre attività ispettive hanno stabilito che, nel caso delle due aziende Eurocalzature e Tranceria Tomaificio, non c’era assolutamente la possibilità di impiantare con successo un’attività produttiva che portasse anche un minimo di occupazione. Per questo abbiamo ritirato i fondi e chiesto l’intervento della Guardia di finanza».
Una strategia di intervento ex-post che, però, ha illuso e danneggiato gli stessi lavoratori che l’Accordo Aifa si proponeva di aiutare. Anche alla luce di queste considerazioni, il dubbio sulla valutazione iniziale della Regione Campania circa l’opportunità di concedere circa 4 milioni di euro a due aziende con un capitale sociale di 20mila euro appare legittimo. «Il nostro territorio è soggetto a pratiche predatorie di soggetti malintenzionati», ammette Girardi, «ma se concedessimo fondi soltanto ai grandi gruppi consolidati paralizzeremmo di fatto le operazioni, perché questi ultimi hanno sede in realtà ben differenti e se devono delocalizzare preferiscono farlo all’estero. Noi siamo responsabili per i piani di formazione, non siamo tenuti alla verifica specifica del piano d’impresa. In fase di start-up, non possiamo che approvare i progetti su carta limitandoci a verificarne il rispetto formale dei requisiti. In seguito, però, è nostro dovere vigilare sull’attuazione dei piani formativi e di assunzione, e credo che in questo caso abbiamo fatto del nostro meglio. I finanziamenti, inoltre, sono garantiti da polizze fideiussorie, così da escludere ogni perdita da parte della Regione proprio quando si verificano casi del genere».


Andrea Curiat


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