Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Valeria Cardillo, attualmente stagista alla Centrale Acquisti "Architetti On Line" per Leroy Merlin.
Mi chiamo Valeria, sono nata a Roma e ho quasi 25 anni. Dopo la maturità scientifica mi sono iscritta a Psicologia 2 alla Sapienza, indirizzo Scienze e tecniche psicologico-sociali della comunicazione e del marketing. A ottobre 2009 mi sono laureata con 106/110. Mentre studiavo ho fatto volantinaggio, animazione, la cameriera e l’hostess. Ero pagata pochissimo: 35 euro a serata come cameriera, 10 euro l’ora per convegni di 12 ore (a volte perfino 18!) con contratti di prestazione occasionale. E pochi diritti: sembrava di chiedere la luna per andare al bagno, bere o sedersi cinque minuti. Un’agenzia neanche mi pagò e scomparve nel nulla insieme ai miei 350 euro. Ma ho avuto anche esperienze appassionanti come quella al front office ai Mondiali di nuoto del luglio 2009. Lo stipendio però era da fame: 1200 euro netti per più di un mese ininterrotto (neanche mezza giornata la domenica!) e 14 ore al giorno.
A un certo punto della triennale, era l'ottobre del 2007, decisi di fare un’esperienza all’estero. Destinazione: Irlanda. Qui sarei stata anche avvantaggiata con la lingua, essendo mia madre madrelingua inglese. Grazie a qualche lavoretto sul posto, in un paio di settimane riuscii a trasferirmi da una famiglia a un appartamento in condivisione. Ma andò male: mi sentivo mancare il terreno sotto i piedi, lontana dalla mia “zona di comfort”. Forse non volevo veramente essere lì, ma solo dimostrare che ero brava. Così mi dissi che la vita era fatta per sentirsi sereni, e tornai in Italia dopo poco più di un mese.
L'estate successiva fui selezionata per uno stage curriculare di sei mesi in una piccola società di formazione e consulenza aziendale. Un tirocinio interessante, che si chiuse tra l'altro con una proposta di collaborazione. Però rifiutai, perchè puntavo a lavorare in una realtà più dinamica e l’offerta non era nemmeno così allettante: un telemarketing pagato a commissione!
Subito dopo la laurea triennale iniziai la specialistica, ma per i miei gusti c’era sempre troppa poca esperienza pratica e venivano sostanzialmente ripetuti gli stessi temi e concetti che già avevo studiato a sufficienza. Non ha senso a mio parere pagare di nuovo le tasse universitarie per assistere a lezioni simili a quelle già fatte. Di nuovo, ritentai l’esperienza all’estero, stavolta con l'Erasmus. A gennaio 2010 partii per Milton Keynes, a nord di Londra, per portare avanti un progetto di ricerca. Economicamente ero sostenuta dai miei come a Roma, ma con quattro sere a settimana in un ristorante guadagnavo circa 500 sterline, che mi servivano a coprire l’affitto e un paio di settimane di vitto. Agli aerei provvedevo con i miei risparmi. Mandai anche qualche cv in giro e a febbraio mi scelsero per uno stage di tre mesi come marketing assistant in una società di recruitment. Lasciai il progetto di ricerca e il ristorante: le spese di affitto sarebbero state coperte dal rimborso spese di 500 sterline nette. Il mio compito principale era seguire il lancio di una piattaforma, stile social network, che riunisse esperti dei settori a cui si rivolgeva l’azienda: space, aereospace, defence, engeneering, tutto abbastanza lontano da me. Il mio inglese era molto buono, ma ritrovarsi in un’azienda straniera – per di più come prima esperienza - non era facile... A volte anche un supporto psicologico o un feedback aiutano, mentre io ero lasciata completamente sola. Non basta che in dieci minuti ti spieghino come funziona un software per capire come lanciare campagne marketing o la progettazione di newsletter! Decisi dunque di interrompere lo stage e ripartii ad aprile 2010.
E arriviamo finalmente a oggi, e a Leroy Merlin. L'ho conosciuta tramite il mio relatore di tesi, che svolge attraverso una sua società di consulenza attività di employer branding, che significa letteralmente «rendere appetibile il brand» ma non agli occhi dei potenziali acquirenti dei prodotti, bensì a quelli delle persone che cercano lavoro. In uno dei suoi laboratori mi scelse per partecipare al progetto per questa società. All’inizio era previsto un impegno di un solo giorno a settimana. A maggio però ho accettato di trasferirmi a Milano per uno stage di tre mesi, nella centrale Acquisti/Marketing, su un progetto per la fidelizzazione del cliente, con rimborso spese di 500 euro netti mensili più buoni pasto. Ho iniziato quindi a lavorare ad “Architetti On Line”, un concorso legato al mondo bagno, prenotando sale riunioni, parlando con vari interlocutori aziendali, girando per alcuni dei punti vendita più importanti. Il bello di questo stage è proprio il suo essere così articolato. Si familiarizza con il pane quotidiano di un’azienda: fatturato, margine al valore…
Per ora la mia aspirazione primaria è il marketing, più avanti potrei pensare a un progetto imprenditoriale tutto mio. Sono molto sensibile al tema delle donne - sto preparando una tesi sulla leadership femminile - e mi piacerebbe portare avanti un progetto del genere all’interno della mia realtà lavorativa. Il mondo universitario mi sembra già lontano, anche se credo che potrei completare la mia formazione con un master. Intorno a me vedo realtà che mi scoraggiano, e prima dell’opportunità in Leroy ho pensato qualche volta di abbandonare l’Italia. Dei miei amici qualcuno già lavora e inizia a farsi strada, ma niente di fisso nella maggioranza dei casi: certe possibilità sono destinate solo a chi alle spalle ha una famiglia in grado di offrire un forte supporto economico. Dello stage penso in definitiva che andrebbe utilizzato non più di una volta per approcciarsi al mondo del lavoro, altrimenti diventa uno sfruttamento della risorsa. Spesso le mansioni assegnate sono quelle di un lavoratore vero e proprio, ma purtroppo i compensi sono – se va bene - la metà di un primo stipendio standard, e aggiungo basso: per chi è fuori sede coprono a malapena le spese di affitto di una camera. Come si fa a far girare l’economia, e a spingere i giovani a uscire di casa, se le condizioni sono queste?
Sono completamente d'accordo con i principi espressi dalla Carta dei diritti dello stagista, ma proporrei solo una piccola miglioria: aumentare il rimborso per studenti universitari, specialmente quelli che vanno a fare stage fuorisede, perchè 250 euro al mese non permettono di coprire tante spese che comporta un trasferimento, a cominciare dall'affitto.
Testo raccolto da Ilaria Mariotti
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