Formazione, giovani e lavoro in tv: su Rai3 la trasmissione Il Posto giusto parla alle famiglie

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 31 Gen 2019 in Approfondimenti

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È alla quinta edizione e va in onda tutte le domenica alle 13 (presto anche in replica in tarda serata) il programma di Rai Tre Il posto giusto condotto da Federico Ruffo e dedicato ai temi del lavoro. Testimonianza di come negli ultimi tempi si stia facendo largo una maggiore presenza in radio e tv di dibattiti collegati alla questione occupazionale, anche se non è la prima volta che un programma televisivo è dedicato all'argomento: «In passato per moltissimi anni, dal 1998 al 2000 circa, c'è stato 'Okkupati', format storico da me ideato e realizzato insieme a Maurizio Sorcioni, che oggi è dirigente all'Agenzia nazionale per il lavoro Anpal» racconta alla Repubblica degli Stagisti l'autore del programma Romano Benini [nella foto sotto], 53 anni, docente di Politiche per il lavoro alla facoltà di Sociologia alla Sapienza e consulente in materia di occupazione.

Questi temi insomma piaccono al pubblico: anche se in realtà più le famiglie che i diretti interessati, ovvero i giovani. «A quell'ora di domenica i neet dormono» scherza l'autore, ma è «normale che lo share sia composto soprattutto dalle famiglie, quindi mamme e nonne, perché è il format che è pensato in questo modo ed è anche un orario in cui il pubblico è di quella tipologia». E poi non c'è solo approfondimento in trasmissione, bensì «alterniamo fasi di informazione tecnica con momenti di svago per creare un contesto più godibile».

Oltretutto «le famiglie cominciano a capire – con dieci anni di ritardo che il lavoro ha a che vedere con la realtà delle aziende, che cercano competenze più che titoli di studio». Nel nostro paese «c'è un generale disorientamento verso strumenti e regole per avvicinarsi al mercato del lavoro» argomenta Benini. E allora Il Posto Giusto «in un'ora a settimana prova a fare da bussola, sopperendo a quella mancanza di orientamento colpa della scuola e verso cui le famiglie sono impreparate».

Il filo conduttore del programma «è dare le linee guida su que
llo che richiede il mercato del lavoro e sulla promozione dell'autoimpiego, con attenzione particolare al mismatch tra offerta e domanda di lavoro». Operiamo come «servizio pubblico, fornendo istruzioni per l'uso: a ogni puntata mostriamo per esempio video di colloqui reali, per poi analizzarli con l'aiuto di tutor e consulenti». Sono tantissimi gli errori in cui si cade in queste occasioni, «ci si presenta spesso dalle aziende senza conoscerne il profilo» evidenzia l'autore, e così noi «diamo trucchi e dritte per essere più apprezzati».

Ospiti politici non ce ne sono e nemmeno storie di denuncia, bensì «storie esemplari e che funzionano» spiega Benini, «proprio in ragione del fatto che noi illustriamo quanto va bene per far emergere quello che non va». Ad esempio la prima puntata, «in cui abbiamo festeggiato l'acquisizione di un'azienda casertana uscita così dalla crisi, o i racconti di giovani stabilizzati dopo l'apprendistato, e ancora facciamo vedere attorno a ogni attività quanti mestieri ruotino». Si parla anche di stage, «che non ha una buona fama ma che per noi deve essere fatto in un certo modo per portare ad assunzioni». 

Per non restare vittime del mercato e di certe distorsioni, i ragazzi  dovrebbero imparare a individuare «dove sono le opportunità, non pensando al lavoro solo dopo aver conseguito il titolo di studio, ma scegliendo un percorso che sia in grado di portare a un rapporto con le imprese». Bisogna pensare che «mancano ogni anno centinaia di migliaia di figure tecniche, perché di fatto siamo il settimo paese manufatturiero al mondo».

I telespettatori del Posto giusto «sono intorno a quota 450mila, oltre ai 150mila che si aggiungono alla replica serale, con contatti [chi finisce sul canale facendo zapping, ndr], che vanno oltre i 200mila» chiarisce Benini. «Circa il 2,6% di share, una percentuale che supera la media della rete» fa sapere, «e che è salita rispetto alle prime edizioni, quando si registravano circa 380mila spettatori a puntata». Numeri che peraltro non tengono conto dei dati dei social network collegati al programma. Ma «i segnali sono buoni: dalla pagina Facebook riusciamo a capire quante visualizzazioni ci sono su Rai Play». Risultati che consentono di dire che «la trasmissione è cresciuta: contiamo di arrivare a 700mila contatti» auspica Benini.

Per il momento tuttavia di lavoro sui mass media non si parla molto. Il motivo è secondo l'autore che «in Italia manca un giornalismo specializzato in questo ambito, ci sono solo giornalisti economici o con conoscenze in ambito statistico». Nella redazione de Il Posto Giusto «lavorano una ventina di persone tra cui circa sette giornalisti e sei videomaker, oltre a tutto il personale tecnico e la struttura dello studio in cui registriamo che è a Torino». Il programma conta poi su un finanziamento proveniente da stanziamenti europei: «si tratta del Fondo sociale europeo, destinato anche alla comunicazione per la promozione del lavoro, inclusi programmi come il nostro». La sovvenzione  ricevuta dalla trasmissione per quest'anno «è circa 8-900mila euro per venti puntate»
(ne mancano undici alla fine) e che vengono pilotati tramite l'Anpal. «Con questa e con la Rai costruiamo il programma in una sorta di triangolazione». Per offrire ai telespettatori una trasmissione di vero "servizio pubblico", nella migliore tradizione Rai, focalizzata sull'impegnativo tema dell'occupazione giovanile.

Ilaria Mariotti

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