Marianna Lepore
Scritto il 09 Feb 2017 in Interviste
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Una laurea in legge, un titolo di avvocato, poi la decisione di lasciare l’Umbria e spostarsi a Vicenza dove per qualche anno ha fatto consulenza specifica nell’ambito di proprietà intellettuale. Poi motivi personali la costringono a tornare in Umbria e reinventarsi, aderendo a un tirocinio promosso dalla Provincia per un bando di “tirocini di qualità” che, grazie a fondi europei, rilasciava un attestazione di apprendimento con il profilo di funzionario giudiziario con un’entrata mensile di 800 euro. Nel suo caso specifico l'ente ospitante era la corte di appello di Perugia e l'obiettivo dello stage - come da bando - era «l'apprendimento della procedura civile in relazione alle attività di cancelleria civile». È così, con «un tentativo di reinventarmi nel mio territorio dove la mia specializzazione non serviva» attraverso un percorso in linea con i suoi studi, che Maria Teresa Biscarini, 46 anni, è entrata a far parte del gruppo dei “tirocinanti degli uffici giudiziari”. Occupandosi all'interno dell'ufficio del tribunale civile di Perugia «dei vari adempimenti d'ufficio, quali richiesta di certificati, sollecito deposito, integrazione dei documenti» raggiungendo un'approfondita conoscenza della procedura civile «attraverso l'esame e lo studio degli atti contenuti nei fascicoli di cognizione ordinaria e volontaria giurisdizione e le attività relative e conseguenti», come recita il primo attestato del bando provinciale e pressoché allo stesso modo le successive attestazioni in cui promotore era diventato il ministero della giustizia.
Ma con il decreto del 20 ottobre 2015 dell’ufficio del processo, che ha ridotto drasticamente i posti, in tutta Italia i tirocinanti sono stati all’improvviso dimezzati. E Biscarini è rimasta fuori.
Partiamo da questa scissione: nel bando per il 2016 per i tirocini negli uffici giudiziari il ministero ha messo a disposizione solo 1.502 posti su un bacino di almeno 2.500 stagisti. Come mai c’erano meno posti?
Ovviamente non lo so. Partimmo con un numero superiore ai 3mila ed eravamo rimasti circa 2.500. Credo fosse un discorso di smembramento di un gruppo. Ci siamo sempre chiesti: se doveva essere la prosecuzione di un maxi tirocinio, per quanto anomalo, come mai non seguire le “direttive” di sempre di coinvolgere tutto il comparto, suddividendo poi per l’intero numero a seconda dei fondi a cui potevano accedere? Non so dare una risposta. Posso dedurre che c’era l’intenzione di portare avanti un gruppo.
Quali sono state le regioni più colpite?
Presumo la Calabria, perché sono stati assegnati solo 23 posti a fronte di un numero tra i 600 e i 700 tirocinanti. Ho seguito più che altro la situazione umbra, la mia regione. Qui sono risultate “selezionate” 26 persone tra la provincia di Perugia e quella di Terni a fronte di circa 50: un 50% dunque.
E in base a cosa è stata fatta questa selezione?
Il mio profilo, come tutti quelli umbri, è un po’ diverso dalla media. Venimmo selezionati con un iniziale bando della provincia del 2011 con riferimento a specifici titoli di laurea. Li chiamarono “tirocini di qualità” su stanziamento di fondi europei con un’attestazione finale di apprendimento con il profilo di funzionario giudiziario per i laureati in legge e funzionario contabile per quelli in economia e commercio. La specificità che riguarda l’Umbria è questa: l’intento iniziale era avere una documentazione da spendere all’interno di concorsi o nella pubblica amministrazione o nel comparto giustizia. Abbiamo avuto punteggi, c’erano criteri di valutazione e di priorità. Per esempio io sono risultata tra i primi perché ero già over 40 e si dava priorità alle persone a rischio esclusione del mondo del lavoro. Poi la presa in carico del ministero della Giustizia ha un po’ omogeneizzato tutta la platea a livello nazionale, indipendentemente dai percorsi precedenti.
Quando avvenne la presa in carico del ministero della giustizia?
Il tirocinio da regionale diventa di portata nazionale nel 2013, con una durata di 220 ore. Possiamo definirlo tirocinicidio, dura da anni. Qui i pagamenti erano orari, poi diventati a corpo, cioè cumulativi. Gli ultimi colleghi rientrati nell’ufficio del processo hanno una “borsa lavoro” di 400 euro. Tornando alla sua domanda, come fu fatta la selezione del decreto del 20 ottobre 2015, lì intervengono le dolenti note perché non è una selezione comprensibile.
Perché?
Partiamo dai dati documentali: il decreto ministeriale 20 ottobre 2015 che va letto in parallelo con il provvedimento 3 novembre 2015 e le avvertenze tecniche per l’impostazione della domanda. Incrociando i documenti si ha il quadro. Prendiamo dal bando gli articoli 3, requisiti, e 5, criteri di priorità. Prendiamo questi perché non ci sono “criteri di valutazione”. Ma i requisiti all’articolo 3 si dà per scontato che siano una conditio sine qua non per partecipare. E a parte quello di aver svolto tutti i tirocini pregressi, gli altri erano di condotta morale. Allora vediamo i criteri di priorità. Qui si parla di aver maturato esperienza negli uffici giudiziari del distretto interessato, perché noi dovevamo scegliere fino a un massimo di 4 distretti, il secondo era la minore età anagrafica, il terzo essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di scuola media superiore. Come abbiano applicato mixando i requisiti e i criteri di priorità io non lo so. Non è mai stato attribuito un punteggio specifico, ci sono solo elenchi nominativi. Non so nemmeno in quale posizione sono finita tra gli esclusi.
Quindi nel 2016 lei non ha svolto alcun tirocinio presso gli uffici giudiziari?
No, perché non ero rientrata nella selezione. Ci era stato ventilato un percorso parallelo con il coinvolgimento delle regioni, che non si è mai verificato a livello di stato centrale. Quindi alcune regioni sono state più virtuose che hanno preso in carico gli esclusi, altre no. Ci era stato assicurato che non saremmo stati lasciati da parte. Ma il semplice fatto che non se ne parli più mi fa pensare che c’è l’intento di dimenticare.
Al bando avete partecipato tutti e circa 2.500 tirocinanti per 1.502 posti ma alla fine hanno firmato il patto formativo solo 1.115: lei sa perché in 400 hanno rinunciato?
Non ho accesso alle carte quindi non lo so. Ma credo non siano arrivati a meta, per usare gergo sportivo. So per certo che sono rimasti dei posti vacanti che potevano essere coperti con un bando successivo, che comunque avrebbe lasciato fuori qualcuno. L’articolo 12 del decreto ministeriale 20 ottobre 2015 preannunciava infatti l’emanazione di un successivo bando, laddove non tutti i posti fossero risultati coperti dalle prime chiamate.
Personalmente cosa ha fatto nel 2016, una volta conclusa l'esperienza di tirocinio?
Ho cercato di restare a galla con realtà di supporto allo studio che mi mantenessero nello stato di disoccupazione. Perché se veniva emanato un nuovo bando e magari io ero disposta a fare un trasferimento era necessario mantenere lo status di disoccupazione. Quindi mi sono dovuta barcamenare con quello che ho trovato. L’attesa del bando, mai arrivato, mi ha obbligata a non accettare anche la minima offerta di lavoro. Nel frattempo avevamo anche scoperto che il trasferimento, per i tirocini fuori regione, non sarebbe stato lungo nel tempo perché c’era la possibilità di accorpare le ore - e quindi lavorare appoggiandosi da parenti o facendo il pendolare una sola settimana al mese, situazione assolutamente gestibile.
A proposito dell’articolo 12 del bando del 2015, mai applicato: diceva che i posti non assegnati sarebbero stati oggetto di nuova procedura disposta con successivo decreto. Avete chiesto spiegazioni?
C’è stato un question time del 13 luglio 2016 presentato dall’onorevole Mottola al ministro della Giustizia: faceva presente la non attuazione, citando l’articolo 12 e il comparto degli esclusi. Ma nella risposta del ministro non c’è alcun riscontro. Oltre a chiedere ragione della mancata emanazione del bando, si chiedeva anche che fine avessero fatto i fondi esplicitamente stanziati. Ma il ministro ha risposto partendo da quelli che sono entrati nell’ufficio del processo. Un chiaro segnale, secondo me, di voler abbandonare gli altri tirocinanti. Poco prima, a giugno, tramite iniziative di colleghi, sono stata coinvolta in un incontro con il sottosegretario Migliore e anche in quel contesto venne chiesto se sarebbe stato emanato in un momento successivo un nuovo bando che avrebbe dato continuità, se pur anomala, distorta e beffarda, a questi percorsi che si proiettano in avanti con dei punteggi per il concorso per assistente giudiziario. All’inizio Migliore sembrò possibilista, poi guardò meglio le carte e disse che eravamo fuori tempo per applicare il bando.
E alla fine i tirocinanti inclusi nella proroga avranno sei punti aggiuntivi nella fase finale del concorso per 800 assistenti giudiziari, mentre voi esclusi solo uno?
Esatto. Certo prima bisogna superare tutte le altre prove preselettive: siamo arrivati al limite delle 400mila domande per 800 posti. Chi ha fatto parte dell’ufficio del processo - un percorso durato un anno, anche se non continuativo - avrà sei punti. E teniamo conto che non è chiaro nemmeno il livello di partenza perché non si è capito neanche da bando se questo diploma era un requisito imprescindibile o meno. Sembra di no, visto che in tanti non ce l’hanno. La beffa, pure per loro, è che pur avendo sei punti aggiuntivi per il concorso non hanno il diploma quinquennale per parteciparvi. È difficile comprendere il progetto, se c’è.
Quando ci saranno aggiornamenti sul concorso?
Febbraio è la deadline che attendiamo per capirne di più. Ma la nota dolente è la proroga dei tirocini. Certo è uno sfruttamento, non penso lo si possa definire diversamente, ma dà un senso di continuità a un percorso che altrimenti non avrebbe un minimo di senso.
Lei ora cosa pensa di fare?
Attendo: nuovi passaggi ministeriali per capire meglio e la pronuncia del Tar. È stato inoltrato un ricorso a questo bando, per tutta una serie di elementi non comprensibili che sono in spregio ai principi di par condicio e trasparenza. È un’iniziativa dei colleghi campani, un’impugnazione per far decadere il bando laddove si fossero individuati gli elementi che non ne consentissero una chiara interpretazione del perché di quelle graduatorie ed esclusioni. Ma arriverebbe tardi, perché il primo tirocinio nell’ufficio del processo è già finito e ora c’è addirittura il secondo.
In questi anni cosa si aspettava: di essere assunta o prorogata a tempo indefinito?
Sicuramente non mi aspettavo questo exitus. Credo fosse legittimo attendersi una qualche progettualità da parte del ministero della giustizia che ci ha richiamato a partire dal 2013 per ben cinque volte collocandoci nel medesimo ufficio, con medesime mansioni. Anche perché negli anni il mantenimento dello status di disoccupazione è diventato sempre più stringente e la non cumulabilità con altri percorsi di lavoro o tirocinio ci ha richiesto una sorta di esclusiva, che poteva far pensare a una valorizzazione nel tempo. E non si può neanche parlare di "capitalizzazione" della formazione raggiunta. Il mio caso è simile ad altri: nonostante una laurea magistrale, titoli specialistici, master, abilitazioni e formazione sul campo non sono stata inclusa nell'ufficio del processo e mi è stato assegnato solo 1 punto, in un concorso con 400mila domande.
Pensa che la “formazione” che lo Stato le ha offerto in questi anni sia servita a qualcosa?
Visti gli ultimi accadimenti penso che più che una chance, come l’ha definita in più occasioni il ministro, sia stata una perdita di chance, che giuridicamente vuol dire correre dietro a un progetto che forse si poteva pensare il ministero avesse con questa reiterazione dei tirocini. Forse c’è stata una perdita di tempo, di energie e di risorse per un servizio che è stato reso e che oggi risulta arenato. Nel nostro caso siamo sospesi in un limbo e siamo anche dimenticati dagli organi di stampa. Ed è molto svilente pensare di investire in uno studio e in una formazione quando i risultati sono questi.
Intervista di Marianna Lepore
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