Ministero, Regioni, una domanda: i tirocini di inserimento si posson fare anche negli enti pubblici?

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 18 Giu 2014 in Editoriali

Che valore ha la dicitura "di inserimento" all'interno della categoria dei "tirocini di inserimento"? Detto in maniera più esplicita: gli stage di inserimento si possono fare solo in posti dove sia verosimilmente probabile che alla fine del percorso di tirocinio lo stagista venga “inserito”, oppure possono essere svolti anche in posti dove già si sa a priori che sarà impossibile una assunzione post stage? Insomma: la parola “inserimento” ha un qualche valore concreto, oppure è solo una vuota dicitura senza alcun riscontro nella realtà?

stage lavoroLa questione è molto importante e sarebbe ora che il ministero del Lavoro, quello della Funzione pubblica e soprattutto le Regioni si esprimessero in merito, fornendo una risposta precisa. Per evitare un utilizzo improprio - o addirittura un vero e proprio abuso - di questa tipologia di tirocini.

L'ultimo caso, in ordine di tempo, è quello raccontato ieri proprio qui sulla Repubblica degli Stagisti: una Regione - la Calabria - che decide di utilizzare 3 milioni di euro del Fondo sociale europeo per avviare 500 tirocini di inserimento e reinserimento lavorativo a favore di soggetti disoccupati e inoccupati, con un compenso mensile di 500 euro completamente erogato dallo Stato, prevedendo che possano essere svolti non solo nelle imprese private e negli studi professionali (realtà che, almeno in potenza, potrebbero procedere senza problemi ad assunzioni post stage)a anche in associazioni non profit, fondazioni e addirittura enti pubblici.

Cosa? Tirocini di inserimento negli enti pubblici? La cosa non ha senso, è quasi un ossimoro: perché negli enti pubblici si dovrebbe entrare solo tramite concorso, e non certo in maniera diretta (e discrezionale) dopo un periodo di stage. Si può quindi riassumere dicendo che la possibilità di inserimento post stage è pari a zero negli enti pubblici; il che renderebbe quasi ovvia la deduzione che non sia possibile - addirittura: che non sia legale - attivare tirocini di inserimento nella pubblica amministrazione.

Però in effetti non c'è scritto da nessuna parte che questa tipologia di stage non possa essere utilizzata all'interno di enti pubblici: è un particolare che l'accordo in sede di Conferenza Stato - Regioni non ha specificato, e che dunque non viene normato nemmeno nei vari provvedimenti legislativi che le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano hanno emesso tra il 2012 e il 2013.

Ricapitolando: per effetto della riforma del titolo V della Costituzione e di una sentenza della Corte costituzionale datata dicembre 2012, negli ultimi due anni il mondo degli stage si è letteralmente spaccato in due. Da una parte ci sono gli stage curriculari, intesi come quelli svolti durante un percorso di studi. Questi stage sono di competenza statale, perché inseriti in percorsi formali di istruzione, e per cui è il ministero dell'Istruzione che deve regolamentarli. Attenzione perché per gli stage curriculari ci troviamo in questo momento in una pericolosissima condizione di vacatio legis, cioè c'è un buco normativo, non essendo più valido il dm 142/1998: il nostro auspicio è che il ministero dell'Istruzione agisca il prima possibile per colmare questo vuoto.

Dall'altra parte ci sono gli stage extracurriculari, tutti quelli svolti da una persona che non sta facendo un percorso di studi. Questi tirocini sono adesso di competenza esclusivamente regionale e possono essere essenzialmente di due tipologie: "di formazione e orientamento" oppure di "inserimento - reinserimento lavorativo". I primi sono riservati a persone che abbiano terminato l'ultimo ciclo di studi da meno di 12 mesi; i secondi sono rivolti a tutti gli altri, purché si dichiarino inoccupati o disoccupati in cerca di impiego.

L'accordo raggiunto a gennaio 2013 in sede di conferenza Stato - Regioni rispetto ai tirocini extracurriculari, poi ripreso più o meno fedelmente nelle varie normative regionali, prevede che i tirocini di formazione e orientamento possano durare al massimo 6 mesi (proroghe comprese), mentre i tirocini di inserimento - reinserimento possano avere una durata doppia, fino addirittura a un massimo di 12 mesi. E infatti il progetto Work Training della Regione Calabria ha sfruttato appunto questa durata così lunga, prevedendo che i 500 stage durino tutti un anno.

Qual è la ratio che soggiace alla possibilità di fare uno stage così lungo? Che il tirocinio di inserimento sia l'anticamera… dell'inserimento, appunto. Una sorta di periodo di prova allungato: ovviamente molti giuslavoristi inorridirebbero sentendo questa semplificazione, affrettandosi a negarla, ma in effetti tutti gli addetti ai lavori sanno che è così. Il patto è abbastanza chiaro: se io azienda accetto di attivare un tirocinio di inserimento, con l'obiettivo sincero di assumere lo stagista se si sarà dimostrato valido, in cambio voglio la possibilità di "testarlo" per un periodo più lungo di sei mesi.

Questo "patto" è però valido solo se il tirocinio di inserimento prelude effettivamente - almeno in potenza - a un inserimento. Che senso ha, invece, fare un tirocinio così lungo in un posto dove già si sa che non c'è la minima possibilità di assunzione? Qui urge avere dalle istituzioni competenti una risposta certa. L'appello della Repubblica degli Stagisti va dunque a qualsiasi ente abbia la possibilità di inoltrare un interpello al Ministero del Lavoro: questa possibilità è riservata a organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali, enti pubblici nazionali, organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale e consigli nazionali degli ordini professionali. Perfavore, qualcuno faccia un interpello chiedendo semplicemente se i tirocini di inserimento possono essere attivati all'interno di soggetti ospitanti ove sia già sicuro a priori che non vi sarà possibilità di inserimento.

Oppure, dirigenti del Ministero del Lavoro: senza attendere l'interpello, potreste voi emettere una circolare interpretativa per spiegare questo dettaglio così importante per chi ogni giorno deve districarsi nella giungla degli stage.

Anche perché il discorso non si ferma agli enti pubblici. Essi sono il caso più evidente, quasi eclatante, di contraddizione in termini: un tirocinio di inserimento in una realtà che non ha la minima possibilità di inserire la persona al termine del percorso è, come detto, una sorta di ossimoro. Ma vi sono anche tante imprese private e tanti studi professionali che possono trovarsi, magari anche solo temporaneamente, nella stessa situazione: per esempio è corretto attivare un tirocinio di inserimento in un'azienda dove vige un blocco delle assunzioni?

Un dato utile da ricordare sempre è che la percentuale media di assunzione post stage in Italia, rilevata annualmente dall'indagine Excelsior di Unioncamere, è pari a poco più del 9%. Lo stage dunque si conferma una porta poco più che socchiusa sul mondo del lavoro, su cui va effettuata una rigorosa vigilanza per frenare gli abusi.

Bisogna affrontare di petto il problema, per far salire questa percentuale a un livello decente - noi auspichiamo almeno il 30% - quantomeno per quanto riguarda i tirocini di inserimento. Come? Una idea potrebbe essere quella di vincolare l'attivazione di ogni stage di questo tipo a una dichiarazione da parte del soggetto ospitante di essere intenzionato e nelle condizioni di assumere lo stagista, in caso di esito positivo del periodo di stage. Questa semplice autodichiarazione bloccherebbe all'istante tutti i tirocini di inserimento negli enti pubblici - nessun dirigente potrebbe in coscienza prendersi il rischio di firmare una dichiarazione di intenti palesemente irrealizzabile - e scoraggerebbe molto anche le aziende intenzionate a comportarsi in maniera truffaldina. A valle, si potrebbe anche pensare a una sorta di dichiarazione esplicativa in caso di non assunzione, in cui al soggetto ospitante venisse chiesto di motivare perché l'inserimento non è andato a buon fine; con la possibilità, dopo 3 o 4 tirocini di inserimento andati a vuoto nella stessa realtà, di far scattare una moratoria e dunque impedire a quel soggetto di ospitare stagisti per un tot di tempo.

Insomma, le idee non mancano, a queste se ne possono certamente aggiungere altre. L'importante è non fare gli struzzi, facendo finta che il problema degli stage di inserimento in posti dove l'inserimento è impossibile non esista.

Eleonora Voltolina

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