Quindici 60enni in stage in Tribunale da un decennio: troppo pochi per fare rumore, ma il Lazio deve trovare una soluzione

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 28 Ott 2022 in Notizie

buchi contributivi regione lazio sindacato stage in Tribunale stagisti adulti stagisti anziani tirocinanti giustizia uffici giudiziari uso improprio dello stage

I tirocinanti della giustizia in Lazio hanno cominciato la loro avventura nella primavera del 2010: all'epoca erano circa 500 persone, di età diverse, arruolate per aiutare a smaltire l’arretrato nel distretto della Corte di appello di Roma. Per anni sono state usate per coprire il blocco del turn over e i vuoti di organico nel decennio brunettiano; il loro apporto è stato apprezzato e riconosciuto da Presidenti di tribunali e Corti di appello a tal punto che anno dopo anno, con lettere, appelli e manifestazioni, si è trovato il modo di far rinnovare i loro stage. Che però erano e sono decisamente contro legge: per la durata, per la ripetizione dei compiti, ma anche per il target: disoccupati adulti, over 40, 50 e addirittura over 60.

Per questo gruppo, che a livello nazionale è arrivato a contare nel periodo massimo quasi 3.500 soggetti,  – cifra in realtà mai confermata dal ministero, apparentemente incapace di sapere chi di fatto lavorava nei suoi uffici – il momento spartiacque è stato, a fine 2015, l’istituzione dell’ufficio per il processo e il bando per selezionare gli stagisti che avrebbero potuto farne parte. La selezione era per circa 1.500 posti, la metà della platea reale.


Così, terminate le selezioni, i tirocinanti che non ce l'avevano fatta, e che quindi erano rimasti esclusi dal (lungo e laborioso) “collocamento” negli uffici per il processo, sono stati presi in carico dalle singole Regioni – tra cui anche il Lazio, governato già a quel tempo dalla giunta Zingaretti. «Il primo bando è del 2016, poi ogni anno abbiamo fatto incontri presso la Commissione lavoro della Regione Lazio e con l’assessore al lavoro per cercare di individuare dei percorsi che potessero portare all’inserimento a tempo determinato nel ministero della giustizia», spiega alla Repubblica degli Stagisti Fiorella Puglia, della Funzione Pubblica della Cgil: «Abbiamo fatto un’infinità di proposte alternative per non perdere l’investimento in formazione fatto su questi tirocinanti».

Proposte che non sono mai state accolte
, con la conseguenza che di anno in anno si è dovuto aspettare il rinnovo, confrontandosi con i tempi lenti della politica e la continua incertezza di rimanere senza nulla. In scadenza il 31 dicembre di quest’anno è anche l’attuale ennesimo tirocinio: «Il 3 ottobre abbiamo fatto una richiesta di audizione alla Regione Lazio per individuare una soluzione per le persone del residuo bacino, in vista della conclusione dell’ulteriore anno formativo», spiega Puglia. «Dopo siamo stati contattati e ci è stata assicurata la massima disponibilità a trovare una soluzione. Ci hanno garantito la prosecuzione anche in termini economici. Noi però vogliamo l’audizione e parleremo solo in quella sede». Ad oggi, l’audizione non è stata ancora fissata; il tempo stringe visto che mancano praticamente due mesi al termine del tirocinio.

Sulla carta la soluzione non dovrebbe essere complicata visto che in questo momento nel Lazio le persone in questa situazione sono solo 15. «Il bacino iniziale dei tirocinanti della giustizia nel Lazio era di circa 500 persone. Con il tempo il numero si è assottigliato, qualcuno ha trovato altri lavori, qualcuno è stato accompagnato al pensionamento, purtroppo qualcuno è anche morto. Ci sono state tre occasioni per snellire il bacino in cui, se per i tirocinanti dell’ufficio per il processo era stato garantito un titolo preferenziale per l’accesso al concorso, per quelli regionali il titolo preferenziale era garantito solo a parità di punteggio. Il primo concorso era per circa 600 operatori della giustizia attraverso il centro per l’impiego: una piccolissima parte di soggetti è entrata lì, anche se il bando che era su base regionale nel Lazio era fatto male, perché non valorizzava gli stagisti, come invece per esempio si è fatto per il bando in Abruzzo. Poi ci sono stati i due concorsi per mille unità a tempo determinato di 24 mesi e per 1.090 a tempo determinato per 12 mesi. Fuori da tutto e quindi riassorbiti nei progetti regionali c’erano circa 86 tirocinanti. Oggi, però, sono rimasti in 15: che ci vuole a trovare una soluzione per così poche persone?» si chiede Puglia.

L’ulteriore difficoltà è data dall’età dei tirocinanti ancora in balìa di una stabilizzazione: sono tutti ultra 60enni, il che non stupisce visto che sono “fedelissimi” del primo bando che era aperto ai cassintegrati o lavoratori in mobilità. Un progetto che dieci anni fa sembrava l’inizio di un reinserimento e invece per questi soggetti è stato al momento solo la ripetizione continua di un programma senza sbocchi. Stagisti particolari, non solo per il tempo che hanno passato in questo inquadramento, ma anche perché timbrano un cartellino come dei veri dipendenti, ed oggettivamente sono alle prese con carte e documenti anche di una certa delicatezza. Qualcuno di loro a breve andrà in pensione, gli altri dovranno ancora aspettare qualche anno.

Le varie proposte avanzate negli anni dalla Cgil per impiegarli con veri contratti, mai accolte dalla Regione, erano state per esempio «di inserirli all’interno dei propri enti locali di residenza per fare lavori di carattere amministrativo. Oppure di fare degli sportelli di servizio della pubblica amministrazione in tutti i comuni, compreso quello di Roma, collegati agli uffici giudiziari per facilitare ai cittadini l’inizio delle procedure amministrative di carattere civile. Si poteva fare un accordo tra la Regione e i comuni o tra questi e gli uffici giudiziari per prendere in carico in una sorta di front office le domande, richieste e problematiche dei cittadini e poi smistarle nei diversi uffici dei tribunali o uffici giudiziari», spiega Puglia: «Una sorta di velocizzazione e razionalizzazione del lavoro che avrebbe comportato la riduzione dell’accumulo dell’arretrato negli uffici giudiziari». In pratica si sarebbero utilizzate le competenze sviluppate da questi tirocinanti per avvicinare gli enti locali ai cittadini. Queste proposte, però, non sono state prese in considerazione, «e allora ne abbiamo fatte delle altre, per non buttare i soldi investiti fino ad oggi nella loro formazione. Avevamo pensato anche ad utilizzare questi soggetti per tenere aperti i siti archeologici o di beni culturali in Regione, anche quelli meno conosciuti, attraverso dei pacchetti turistici che avrebbero valorizzato il territorio».

Invece si è preferito mettere in bilancio ogni anno le risorse per rinnovarli, «approvare puntualmente in corner a fine anno i rinnovi. Con fatica siamo passati dai 400 euro al mese ai 500, per un numero comunque molto esiguo di ore di lavoro, circa 12 alla settimana» ammette la sindacalista, ma specificando che comunque queste indennità erano e sono “nude e crude” e non prevedono «contributi, malattia, nulla».

Ora si è punto e a capo, con questi stage che termineranno tra due mesi e per cui si riapre la solita trafila di incontri, promesse e probabili rinnovi. «Come Cgil faremo di tutto per ottenere un risultato. Non possiamo garantire nulla, ma essendo anche a ridosso delle elezioni c’è la speranza di ottenere qualcosa di più». Le trattative devo ancora partire, dalla Regione non è ancora arrivata alcuna risposta, e si spera di intavolare una discussione quanto prima. I tempi delle proteste in piazza sono lontani. Quindici persone sono troppo poche per far rumore. Non resta quindi che affidarsi nuovamente alla contrattazione e al buon senso: senza un eventuale rinnovo o una contrattualizzazione quanti soldi sarebbero stati buttati a vuoto dai fondi regionali?  

Marianna Lepore

Community