Ancora sugli stage nei tribunali: in Calabria mille “tirocinanti della giustizia” fermi in attesa di un ok del ministero

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 29 Nov 2018 in Approfondimenti

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C'è un problema negli uffici giudiziari calabresi. Ci sono mille tirocini che risultano fermi, sospesi, in attesa dell'ok del ministero ad andare avanti. E c'è un’interrogazione datata 20 settembre 2018, presentata dal deputato del Partito Democratico Antonio Viscomi in commissione Giustizia, per chiedere al ministro Bonafede se «intenda o meno consentire la prosecuzione dell’esperienza per ulteriori dodici mesi e mettere in atto l’esperienza già nota dei tirocini di perfezionamento».

L'interrogazione è ferma da due mesi, senza risposta. «La
Regione prevedeva un periodo biennale di tirocinio presso gli uffici giudiziari», spiega alla Repubblica degli stagisti Viscomi, 57 anni, calabrese originario di Petrizzi, già professore ordinario di diritto del lavoro presso l’università Magna Grecia di Catanzaro: «Ma allo scadere del primo anno (ndr. il 3 ottobre) ha chiesto al ministero la possibilità di andare avanti con la seconda annualità e nonostante sollecitazioni varie ad oggi il ministero non ha ancora risposto». Se lo farà o meno, spiega il deputato, «sarà solo una scelta del ministro, ma mi auguro che abbia la sensibilità di farlo».

In realtà i tirocinanti in questione non sono al loro primo “biennio” di formazione, visto che è sin dal 2010 che gli stagisti degli uffici giudiziari aiutano lo smaltimento delle pratiche e il funzionamento di tribunali e corti di appello. Poi, nel 2015, con l’avvio dell’ufficio per il processo e la divisione degli stagisti tra quanti hanno iniziato il nuovo percorso e quelli che sono rimasti esclusi, sono partiti nuovi progetti regionali e in Calabria, dopo alterne vicende, si è arrivati alla pubblicazione di una manifestazione di interesse per mille tirocinanti da cui, in seguito, nel marzo 2017 si è firmata una convenzione per 650 stagisti negli uffici giudiziari, come previsto dal ministero, e altri 350 assegnati in uffici assimilati. Ora il primo anno del nuovo biennio è terminato ma manca la firma del ministero per il rinnovo – previsto dalla convenzione – di un ulteriore anno.

Certo, il mondo politico ora è preso da ben altri argomenti – la Finanziaria prima di tutto – ma Viscomi sottolinea come sia urgente che il ministero ripensi l'organizzazione degli uffici giudiziari, che hanno serie difficoltà ad andare avanti nonostante ci sia una folta platea di soggetti che potrebbe aiutare lo snellimento del lavoro. «Ci sono gli idonei del concorso per assistenti giudiziari che chiedono lo scorrimento della graduatoria, ci sono i tirocinanti della giustizia che chiedono un percorso di valorizzazione della loro presenza, ci sono i tirocinanti dell’ufficio per il processo che sono specializzandi delle scuole di giurisprudenza, in alcune realtà abbiamo anche il personale part time assegnato dalle province tramite le regioni agli uffici giudiziari che dovrebbe essere convertito full time. Abbiamo una quantità di soggetti che meriterebbero una particolare attenzione o una visuale di sistema che ora manca. Anche i capi degli uffici segnalano costantemente le esigenze di personale qualificato di sostegno e supporto di tipo amministrativo, non solo forense e giudiziario». Il deputato Pd aspetterà ancora qualche giorno prima di sollecitare il ministero e gli uffici competenti per ottenere una risposta. Che non è detto, però, arrivi. Basta dare un’occhiata alla banca dati del sindacato ispettivo per scoprire che nel corso del 2018 solo il sei per cento delle 249 interrogazioni a risposta in commissione sono state svolte, mentre nello specifico dall’avvio del governo Conte nessuna delle interrogazioni in commissione con destinatario il ministro della giustizia ha ricevuto risposta.

La Repubblica degli Stagisti segue il caso più ampio dei tirocinanti della giustizia – che riguarda tutte le regioni italiane - ormai da anni e ha sempre denunciato che questi sono falsi tirocinanti, in realtà lavoratori a tutti gli effetti, che dovrebbero essere stati inquadrati con contratti veri, con una vera copertura previdenziale e non con stage, per di più contra legem. Su questo punto Viscomi non si tira indietro: «Questo è il paradosso forte dei tirocini come strumento all’interno delle politiche attive del lavoro. Il problema è questo: lo stage avrebbe un senso in quanto politica attiva del lavoro se fatto in azienda dove crea una professionalità che dopo può essere utilizzata con un contratto a termine, un part time, o a tempo indeterminato. Quando, invece, è effettuato presso la pubblica amministrazione, è sicuramente utile per la collettività ma poi non si tradurrà in un’assunzione. Così l’esperienza del tirocinio rimane buttata lì». Anche perché purtroppo «non c’è mai stata una seria discussione nel nostro Paese sull’organizzazione delle pubbliche amministrazioni».

Quale potrebbe, dunque, essere la soluzione per evitare continui rinnovi a questi stagisti che da anni svolgono gli stessi compiti all’interno degli stessi uffici e, di fatto, non potrebbero più nemmeno essere chiamati stagisti? «Allo stato dell’arte, con le leggi esistenti non c’è», risponde netto Viscomi. «Andrebbe fatta una conversione del tirocinio in contratto a tempo determinato, ma è un passaggio un po’ forte rispetto alle nostre tradizioni nelle pubbliche amministrazioni. Più facile in un’impresa privata, questa transizione non è così immediata negli uffici pubblici. Oltre a tutte le figure elencate prima, abbiamo anche una quota residua di collaboratori a progetto che da qualche parte andrebbero collocati. Abbiamo una proliferazione e frammentazione di tipologie contrattuali che rende ingovernabile la situazione. Per questo il ministro Bonafede farebbe bene a mettersi intorno a un tavolo per avere un quadro generale della dotazione di personale negli uffici giudiziari. Sarebbe un errore pensare che sia un problema solo a livello meridionale: è un caso nazionale e bisognerebbe assumere l’organizzazione degli uffici giudiziari come una vera strategia di contrasto all’attività mafiosa e organizzata». Quello che serve, secondo Viscomi, non è l’ennesima riforma del rito processuale a costo zero, ma una riforma dell’organizzazione degli uffici per agevolare l’attività del processo, che in effetti si attende dal lontano 1973.

In attesa che questo succeda, al momento non ci sono grandi novità. «Stiamo aspettando il decreto del ministro Bongiorno sulla riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni per comprendere gli spazi di nuove assunzioni e di allungamento della validità delle graduatorie di stabilizzazione. Fin quando la proposta non sarà resa nota è evidente che si può fare ben poco». Processi di razionalizzazione che erano stati avviati già dal ministro Madia, con un obiettivo di fondo: «Funzioni stabili devono essere ricoperte da posizioni lavorative stabili. Questa era la regola di metodo che il governo Pd aveva iniziato:
se la funzione è stabile bisogna trovare le risorse perché le persone che lì lavorano siano stabili nell’interesse della collettività. Quindi tutta la frammentazione esistente, tirocini, contratti a termine, cococo, deve essere riportato a sistema».

Nel frattempo le proposte e le proteste dei tirocinanti vanno avanti. Oggi alle 14 davanti Montecitorio è prevista la manifestazione dei tirocinanti giustizia indetta dalla CSE Filai, la Federazione italiana lavoratori atipici e inoccupati, organizzazione sindacale della Confederazione indipendente sindacati europei. Tra le tante proposte avanzate dal segretario generale Antonino Nasone nel corso degli ultimi mesi c’è anche quella di modificare lo status giudirico dei tirocinanti e trasformarli in lavoratori di pubblica utilità, in modo da cambiare anche il loro status economico garantendogli un contratto nell’attesa di una stabilizzazione.

«Da un punto di vista giuridico astratto è giusto. È chiaro che ho un aumento del livello di tutela con dei regolamenti che le stesse regioni possono meglio definire. Da un punto di vista concreto, però, bisogna vedere qual è l’impatto di una norma del genere nella vita delle persone e delle amministrazioni. In Calabria» continua a spiegare Viscomi, «abbiamo già 4700 tra lavoratori socialmente utili e lavoratori di pubblica utilità, i cosìdetti LSU e LPU. Ci sono persone che da moltissimi anni hanno questo status più protetto dei tirocinanti, ma meno rispetto ai lavoratori contrattualizzati. Dobbiamo quindi prima chiudere le partite pregresse. Gli lsu e lpu calabresi solo negli ultimi tre anni hanno avuto il passaggio alla contrattualizzazione e ora con molta fatica sono all’interno di un processo di stabilizzazione negli enti locali. Ma in questo caso ci sarebbe un doppio salto: da tirocinanti a lavoratori di pubblica utilità, quindi una contrattualizzazione e infine la stabilizzazione. Sono dei tempi infiniti. È una procedura complessa che richiede da entrambe le parti l’assunzione di un impegno. Quindi da un punto di vista tattico va benissimo, ma non è una soluzione dall’oggi al domani. Sono tappe che richiedono tempi e interventi normativi per derogare una serie di vincoli esistenti».

Ora, quindi, non resta che aspettare e vedere se il ministro della giustizia risponderà, e come, all’interrogazione. Ma soprattutto capire se un governo per metà composto da rappresentanti del movimento 5 stelle, che durante la precedente legislatura pure avevano a più riprese appoggiato le battaglie dei tirocinanti della giustizia, ora riuscirà, una volta per tutte, a chiudere la partita a livello nazionale.

Marianna Lepore


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