Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Irene Porrari, assunta a tempo determinato nell'ufficio Marketing del gruppo Reti, a Busto Arsizio.
Vivo in provincia di Varese, a Somma Lombardo, una cittadina a ridosso dell'aeroporto di Malpensa e distante una quindicina di chilometri da Busto Arsizio. Ho sempre avuto un particolare interesse per l'economia, sotto ogni suo aspetto e sfumatura, e sulla base di questa passione ho costruito il mio percorso di studi, sin dalla scelta delle scuole superiori. Dopo la maturità ITC nel 2004 mi sono iscritta all'università Statale di Milano, al corso di laurea triennale in Scienze internazionali e istituzioni europee - curriculum Commercio internazionale - laureandomi a dicembre 2007 con una tesi intitolata "Mafie ed economia". Mentre aspettavo la discussione, ho iniziato a frequentare le lezioni della specialistica in Economia e finanza internazionale, alla quale ho avuto accesso con degli esami di debito, non essendo la prosecuzione "naturale" della mia triennale. E marzo 2010, con 110 e lode, ho salutato definitivamente l'università. Durante questi anni ho cercato di essere il più indipendente possibile e ho svolto tutta una serie di lavoretti che si incastrassero bene tra lezioni universitarie e ore di studio. Ho fatto così la promoter di cosmetici all'aeroporto di Malpensa, la gelataia, la ricercatrice per un sindacato, la babysitter, e ovviamente la classica "ragazza delle ripetizioni".
Dopo la laurea specialistica ho iniziato a guardarmi intorno. Non sapevo bene da dove iniziare, quindi mi sono iscritta a diverse agenzie di recruiting, ho partecipato ai vari job day della Borsa, delle università, di associazioni, enti… Uno dei colloqui fatti in queste occasioni mi ha portato al mio primo stage: un'agenzia mi proponeva sei mesi in una banca finanziaria a Milano con un contributo di 750 euro mensili e tickets restaurant da 5 euro. Ho passato le tre fasi di colloquio, due in agenzia e uno presso la sede della banca, e a maggio 2010 ho iniziato. Nel frattempo però non ho smesso di cercare. Ho mandato il curriculum anche al gruppo Reti e dopo un paio di settimane sono stata contattata dalla mia attuale responsabile per il primo colloquio. Poi ne è seguito un altro, dopo una settimana, questa volta anche in presenza del presidente del gruppo. Un'altra settimana ancora ed ecco la proposta: sei mesi di stage nell'ufficio Marketing&Sales con un rimborso di 500 euro al mese. Lo stage che stavo facendo in banca non mi entusiasmava più di tanto e le possibilità di assunzione erano praticamente nulle, quindi l'ho lasciato per passare a Reti. Era l'ottobre 2010.
Ero molto incuriosita da questa nuova esperienza. Reti si presentava come un'azienda giovane e dinamica, con una bella idea di stage: non un modo per avere una persona in più per far numero, da pagare meno rispetto a un dipendente, tenere finché la legge lo permette e poi mandare a casa. Per Reti quelli dello stage sono mesi importanti, di formazione e investimento. Il risultato infatti è che dopo quel semestre sono stata assunta a tempo determinato per otto mesi, con uno stipendio lordo di quasi 1.500 euro al mese. E il contratto mi è appena stato rinnovato per altri nove mesi! Per adesso vivo ancora con la mia famiglia: ma dato che ormai ho 26 anni, molto probabilmente valuterò la possibilità di andare a vivere da sola una volta ottenuto il tempo indeterminato, che teoricamente dovrebbe permettermi di accendere un mutuo. Tra i miei amici ed ex compagni di università questo tipo di contratto è una rarità, a differenza di quanto succede ai miei amici diplomati: secondo me hanno 5 anni "di vantaggio"! Non che l'università sia una perdita di tempo, ma ora come ora il gioco non sembra valere la candela, e l'impegno nello studio spesso non viene ripagato. Non per questo bisogna mollare però: anche qui in Italia noi laureati possiamo realizzarci nel lavoro; è più difficile, ma non impossibile!
Testo raccolto da Annalisa Di Palo
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