Uno stage che “nasconde” un rapporto di lavoro? Un contratto a progetto gestito con le stesse condizioni,escluse quelle economiche, di un tempo indeterminato? Per la legge italiana è possibile fare ricorso. Ma per questo servono le prove. E ora c’è un’app che è in grado di fornirle.
O meglio, è lo stesso diretto interessato a costruirle. Intanto, con ordine: l’applicazione si chiama StraJob e si può scaricare sia su iOS che su Android. Ad idearla un imprenditore, Franco Fontana (57 anni, a sinistra nella foto sotto), un avvocato che si occupa di diritto del lavoro, Luca Daminzio (29), e un’esperta di marketing e comunicazione, Silvia Pugi (45). «Mi chiedono sempre perché un datore di lavoro come me abbia creato un’app come questa», spiega Fontana, «il fatto è che le aziende che non pagano i loro lavoratori, o li pagano male, per me sono dei concorrenti sleali».
Ecco spiegato l’impegno nello sviluppare una soluzione digitale che permette a chi è sfruttato di ottenere delle prove per poi ricorrere al giudice del lavoro. Ma come si fa? Intanto, attraverso la geolocalizzazione: il gps integrato all’interno degli smartphone. «L’applicazione effettua una rilevazione della posizione ad intervalli regolari». Ad esempio, una volta ogni venti minuti. In questo modo è possibile dimostrare di essere in azienda. Magari anche al di fuori dell’orario previsto.
Una persona potrebbe però – è l’obiezione – lasciare volutamente il cellulare in ufficio, così da risultare presente anche durante il tempo libero. «Attraverso l’accelerometro degli smartphone l’app è in grado di capire se la posizione è registrata mentre si sta camminando o si è fermi», spiega Fontana. Per questo “dimenticarlo” sulla scrivania serve a poco. Più utile, invece, accendere la connessione wi-fi. «Nel database viene inserito l’ip di quella alla quale ci si connette. Ma anche tutte le altre reti delle quali si riceve il segnale». Ad esempio, se si lavora in un palazzo, anche quello degli uffici vicini.
Non solo. È possibile scattarsi delle foto: un selfie che può dimostrare la propria presenza sul posto di lavoro. E anche utilizzare l’applicazione per registrare conversazioni o telefonate. Ad esempio «se il datore di lavoro dice cose sgradevoli, che possono configurare il mobbing. O se fa affermazioni che possono confermare lo sfruttamento del lavoratore».
Ora, tutte queste funzionalità sono possibili grazie alle caratteristiche di ogni smartphone in commercio. Quello che offre StraJob in più è la possibilità di trasmetterli criptandoli e di conservarli sui server di questa start-up innovativa. L’idea, insomma, è quella di creare un dossier, «mettere insieme tanti elementi in modo coerente che permettano di dare un quadro credibile, forte e significativo in caso di opposizione al datore di lavoro». Se cioè si arriva ad una causa di fronte al giudice del lavoro. Non solo: la testimonianza di un collega o di un cliente può confermare se si è presenti in azienda. Ma non per quanto tempo. Elemento, quest'ultimo, che incide sul calcolo di un'eventuale indennizo. L'app di StraJob, che registra la presenza ogni 10 minuti, consente anche di stabilire quanto tempo si trascorre in azienda.
Certo, non è detto che si debba per forza arrivare in tribunale. È possibile che, riconoscendo il torto, l’azienda decida di offrire una soluzione stragiudiziale al contenzioso. Ma questo sta all’autonomia dei singoli. Il fatto è che StraJob si pone come un player innovativo sul mercato del lavoro. Col rischio, ad esempio, di mettere in secondo piano il ruolo delle organizzazioni sindacali.
«Intanto diciamo che, fino ad oggi, i sindacati sono rimasti un po’ lontani dai lavoratori atipici», la critica di Fontana. Detto questo, l’idea è quella di collaborare. «Hanno accolto con molto interesse la possibilità di avere uno strumento che consenta di ottenere un quadro probatorio più completo e raffinato». E che non richiede nemmeno la necessità di ricorrere alle testimonianze di altri colleghi, magari reticenti a parlare per paura di ritorsioni. In particolare è stato stretto un accordo con Cisl Lombardia che prevede tariffe ridotte per l'utilizzo dell'applicazione.
Al momento «una cinquantina di persone stanno utilizzando l’app, un paio hanno già risolto la situazione in via stragiudiziale. Ma in soli due mesi abbiamo già registrato più di 500 download». Scaricare l’applicazione e utilizzarla è completamente gratuito. Ma allora, dove ci guadagnano i founder? «Abbiamo previsto una tariffa molto popolare nel caso si chieda di poter utilizzare i dati». Un report con il materiale raccolto dall’utente ha un costo di 90 euro. Se poi si va a giudizio ci saranno quelli per la perizia legale. «Ma anche in questo caso vogliamo stare su prezzi decisamente inferiori a quelli di mercato». Il tutto in linea con la mission di un’app sviluppata per aiutare i lavoratori sfruttati ad ottenere giustizia.
Riccardo Saporiti
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