La Commissione Europea offre ogni anno 1.300 posti per stagisti europei laureati in ogni disciplina, con un buon rimborso spese: più di 1000 euro mensili, pubblicando ogni anno due bandi. L'avvio degli stage per chi farà domanda entro il 4 fabbraio, e verrà selezionato, è previsto per ottobre 2019. Teresa Caterino 28 anni, ha partecipato al progetto da ottobre 2018 a febbraio 2019 e ha raccontato alla Repubblica degli Stagisti la sua esperienza.
Sono nata nel 1991. Dopo il liceo classico nella mia città, in in provincia di Varese, ho deciso di iscrivermi a Giurisprudenza, con il sogno di diventare magistrato, possibilmente antimafia. Ho scelto l’università di Trento attratta non solo dall’ottima fama ma anche dall’approccio internazionale e comparatistico, e non sono stata delusa: già dal 2010 ho respirato un’aria internazionale, fino a scegliere poi di trascorrere il mio quarto anno all’Università di Amburgo, in Germania, nel quadro del programma Erasmus. Quest’esperienza è stata molto utile per farmi capire che in realtà il diritto non era la materia di cui avrei voluto occuparmi per il resto della vita. Tornata in Italia, dopo la laurea nel 2016 ho deciso di iscrivermi al Master in Cooperazione Internazionale all'Ispi puntando a una carriera come project manager per il no profit.
Proprio in seguito al master, attraverso l'Ispi, ho svolto uno stage curriculare come assistente Program manager di quattro mesi con Oxfam Italia nei Territori Palestinesi Occupati: come gran parte degli stage curriculari questo non prevedeva un compenso, ma percepivo un rimborso spese mensile di circa 300 dollari per la copertura parziale delle spese di alloggio. Questo stage è stato utilissimo: la mia tutor è stata paziente nello spiegarmi tutti i tecnicismi del lavoro, affidandomi anche mansioni di responsabilità e credendo sempre nelle mie capacità. Dopo la fine dello stage mi ha proposto un rinnovo dello stesso alle medesime condizioni, ma purtroppo economicamente non sarebbe stato per me sostenibile.
Tornata in Italia, dopo due mesi di ricerca quotidiana e frustrante, sono stata assunta come apprendista da una ong torinese come progettista. La retribuzione era di circa 1200 euro netti al mese; si tratta di una forma contrattuale a tempo indeterminato che prevede una parte di formazione. Il posto di lavoro era caratterizzato da un clima molto informale, e il rapporto con i colleghi era buono, anche se la tensione tra il reparto cooperazione allo sviluppo e gli altri reparti si faceva talvolta sentire. Dopo riflessioni e dilemmi personali, tuttavia, ho deciso di interrompere il rapporto di lavoro e di trasferirmi all’estero, accettando una posizione in una azienda che si occupa di traduzioni legali, sempre da project manager e con lo stesso contratto di apprendistato. Ho quindi iniziato a lavorare da Barcellona nella gestione e pianificazione di progetti di traduzioni di medie e grandi dimensioni, in un ambiente molto esigente, veloce e stressante. Le condizioni retributive erano leggermente migliori, ma il rapporto con i colleghi risentiva del carico di lavoro sbilanciato e degli orari impegnativi (ogni giorno erano da mettere in conto un paio di ore di straordinario, non retribuite). Di conseguenza, quando a metà luglio 2018 ho ricevuto l’offerta di stage alla Commissione Europea ho deciso di fare questo salto nel vuoto lasciando il lavoro e ricominciando dalla gavetta.
Avevo fatto domanda per la posizione da stagista per la seconda volta già a gennaio 2018. Era stata l’università a farci conoscere tale possibilità, ma la mia prima candidatura, immediatamente dopo il master, aveva avuto esito negativo. Invece questa volta sono stata chiamata da Easme, l’agenzia esecutiva per le piccole e medie imprese: nonostante non fosse tra le mie scelte preferite (che sarebbero state le DG più in linea con la mia formazione umanitaria), mi è sembrata un’agenzia interessante e che mi avrebbe permesso di acquisire competenze a tutto tondo nell’ambito della gestione di progetti. Mi sono trasferita a Bruxelles lo scorso settembre, e dal primo ottobre 2018 ho iniziato lo stage nel dipartimento monitoraggio e valutazione di EASME, con il compito di assistere i project advisor nel monitoraggio quotidiano di budget e progetti e la responsabilità di gestire autonomamente i database del network. Ho quindi acquisito competenze più specifiche in un campo che in precedenza mi era ignoto, nello specifico progetti europei di sviluppo economico e più in generale il MAE (monitoring and evaluation).
Fin da subito è stata un’esperienza molto positiva, sia per il contesto lavorativo (accoglienza organizzata nei minimi dettagli, creazione fin da subito di una comunità di trainee, team di lavoro molto aperto e accogliente, presenza di subcomitati autogestiti per varie attività di volontariato extracurriculari…) sia per il contesto privato e abitativo: avevo già un’amica qui, e per le prime settimane sono stata da lei, prima di trasferirmi in una casa condivisa con altri tre stagisti in varie organizzazioni. Certo l’affitto a Bruxelles è caro (500/600 euro sono la norma per una stanza singola), ma il rimborso spese della Commissione, di circa 1200 euro è sufficiente per mantenersi autonomamente.
Durante lo stage ho conosciuto persone di background diversi, stringendo rapporti di amicizia molto intensi considerato il tempo limitato a disposizione. Credo sia un’ottima opportunità per entrare in contatto con persone che hanno intrapreso percorsi professionali eterogenei e imparare moltissimo. Allo stesso tempo, un rapporto di stima mi lega a molti membri del mio team, con cui spero di mantenere i contatti anche dopo che la mia parentesi belga/alla Commissione sarà terminata.
Infatti, mi piacerebbe, ora che ho acquisito uno sguardo più profondo e competenze più sfaccettate, tornare nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, idealmente con delle missioni sul campo, in Africa subsahariana o in Medioriente – anche se non mi dispiacerebbe rimanere nell’ambito delle istituzioni europee o quantomeno della gestione di progetti finanziati dall’UE. Credo di essere all’inizio di un percorso professionale lungo e faticoso, e sono disposta ad accettare altre posizioni di stage in quanto sento che posso imparare ancora molto, ma allo stesso tempo so di avere qualifiche e competenze uniche, grazie anche a questo stage.
Per il momento, dietro proposta del mio head of sector, ho rinunciato all’ultimo mese di stage – febbraio – per iniziare a lavorare nel reparto in cui ero stagista con contratto ad interim. Continuerò a mantenermi completamente da sola, e resterò nella casa in cui ho abitato finora. Sono molto soddisfatta del mio tenore di vita e del mio percorso professionale finora, che se anche tortuoso mi ha permesso di acquisire esperienza e capacità, nonché di essere economicamente indipendente da quasi un anno. Spero comunque di riuscire a tornare sul campo in tempi brevi: sarebbe una sfida sotto ogni punto di vista.
Non considero probabile il mio rientro in Italia sul breve-medio periodo, perché le opportunità professionali per il mio settore sono in prevalenza non retribuite, e perché sono in qualche modo affezionata al dinamismo e all’aria internazionale che si respira all’estero – ho vissuto in Palestina, Spagna e Belgio nell’ultimo anno e mezzo, e credo che si impari e si cresca anche dall’abbandonare i contesti più familiari. La prevalenza dei miei amici e colleghi di università, tuttavia, è rimasta in Italia ed è felice: pur dovendo faticare molto per veder riconosciuti i propri meriti, e pur percependo spesso stipendi irrisori, hanno scelto di rimanere vicini ai propri affetti. Ovviamente ci sono le eccezioni però!
Credo che il problema principale degli stage in Italia oggi sia da un lato l’aspetto finanziario – anche se con le ultime norme di legge, che prevedono un rimborso obbligatorio almeno per gli extracurricolari, sono stati fatti dei passi avanti. Dall’altro lato c’è ancora la errata percezione dello stage come fonte di lavoro qualificato a basso costo. Manca sovente qualsiasi aspetto di formazione e inserimento nel vivo del lavoro: questo è deleterio per noi stagisti, avviliti da offerte di stage che non prevedono rimborsi e chiedono anni di esperienza, ma anche per i datori di lavoro, che non approfittano di uno sguardo magari ancora inesperto ma proprio per questo potenzialmente innovativo.
Conosco la Repubblica degli Stagisti solo da alcuni mesi, dopo averne sentito parlare per caso in un programma di radio radicale, e ancora credo di non aver sfruttato appieno la potenzialità di informazione e, talvolta, consolazione che offre, ma intanto colgo l’occasione di ringraziare tutto il team per l’impegno e la coscienza critica!
Per chi oggi si appresti ad entrare nel settore della gestione di progetti di cooperazione internazionale, il mio consiglio è: non demordete! Abbiate fiducia e fede in voi stessi, continuate a formarvi, non scoraggiatevi. Cogliete ogni opportunità, siate coraggiosi e sappiate quali sacrifici siete disposti a compiere, così ogni scelta sarà un po’ più semplice.
Testimonianza raccolta da Giulio Monga
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