Eleonora Voltolina
Scritto il 23 Mar 2024 in Notizie
Commissione Europea direttiva europea diritti degli stagisti diritto al rimborso spese normativa stage curriculare normativa stage extracurriculare Parlamento europeo raccomandazione europea stage gratis
La Commissione Europea ha appena pubblicato le proposte di direttiva e di raccomandazione per migliorare in tutta Europa le normative sui tirocini e dare più diritti agli stagisti. Come prevedibile, il testo della direttiva – l’atto cioè più forte, perché vincolante per gli Stati membri, da adottare in ciascuno Stato entro due anni – è molto più blando di quello della raccomandazione: la Commissione ha scelto la via sicura di imporre poco, e suggerire un po’ di più. Il testo esplicativo spiega che si è giunti a questa formula dopo lunga riflessione e discussione, e che alla fine «l'opzione di policy ritenuta più adeguata» è risultata essere appunto «un pacchetto costituito da una direttiva da applicare agli stagisti che sono lavoratori secondo la legislazione europea e una raccomandazione aggiornata del Consiglio dell'Unione europea che copra tutti gli stagisti».
In particolare, qui ci soffermeremo sul testo della proposta di direttiva. L’intento esplicito è quello di rischiare il meno possibile opposizioni da parte degli Stati e dei partiti politici in disaccordo con queste disposizioni – opposizioni che potrebbero basarsi sul fatto che l’Unione Europea non è competente rispetto alla materia del mercato del lavoro. Apparentemente, molte resistenze al lavoro del Commissario europeo per il Lavoro e i diritti sociali Nicolas Schmit sono arrivate anche a livello dei servizi giuridici della Commissione, che hanno spinto per un testo più prudente per evitare conflitti tra le competenze dell’UE e quelle degli Stati Membri. Ragion per cui la proposta licenziata dalla Commissione ha un approccio così cauto.
Gli obiettivi focalizzati sono due «situazioni problematiche e illegali rilevate in tutti i tipi di stage nell'UE». La prima, quando gli stagisti pur facendo un vero percorso formativo e acquisendo nuove competenze «non godono dei diritti che sono loro riconosciuti». La seconda, quando gli stage mascherano in realtà lavoro dipendente, e vengono cioè utilizzati dai datori di lavoro per risparmiare sul costo del personale. Interessanti i punti esplicitati nel testo per scovare i tirocini fittizi: dalla mancanza di progetto formativo alla durata eccessiva, dall’aspettativa di “performance” dello stagista quasi fosse un normale dipendente alla richiesta di “stagisti con esperienza” o con precedenti esperienze di stage o di lavoro nello stesso settore o attività, fino alla quantità di rapporti di stage comparata ai contratti di lavoro.
La delusione più grande è quella relativa all'assenza di una chiara messa al bando degli stage senza compenso. Lo stesso commissario Schmit ha affrontato di petto la questione con un tweet su X: “Perché la Commissione non ha proposto di vietare esplicitamente gli stage gratuiti? Perché legalmente non ci è possibile farlo! Abbiamo messo il massimo possibile nella direttiva e nella raccomandazione. Nel recepire la direttiva, gli Stati membri chiaramente dovrebbero vietare gli stage gratuiti».
Gli stage gratuiti vengono scoraggiati, nel testo reso pubblico dalla Commissione, con una formulazione blanda (lo vedremo nel dettaglio tra un attimo). La direttiva invece si sofferma molto sulla possibilità per gli stagisti di far valere i propri diritti, dedicando vari articoli alla garanzia che possano fare ricorso, che possano essere difesi dai sindacati, che possano avere protezione contro possibili ritorsioni, o anche ottenere risarcimenti in caso le autorità accertassero che sono stati trattati ingiustamente. Sono principi condivisibili, ma la fattispecie non è forse così frequente da giustificare un’attenzione tanto diffusa all’interno di una direttiva di tale portata.
Avremmo voluto vedere focalizzati i punti più salienti. Avremmo voluto leggere nero su bianco che qualsiasi tirocinio gratuito (a parte quelli brevissimi) non può più essere legale. In qualsiasi posto sia svolto (quindi anche enti pubblici), senza alcuna eccezione. Ma questo nel testo non c’è.
A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, questo è comunque un passo avanti notevole – inimmaginabile anche solo pochi anni fa: basti pensare alla posizione che l’Unione Europea aveva preso nel 2014 con lo European Quality Framework for Traineeships, una misura insipida e per questo infatti largamente criticata, all’epoca, dai difensori dei diritti degli stagisti per la timidezza con la quale i grandi problemi degli stagisti erano stati affrontati. Adesso quindi è intenzione dell’Unione Europea, con questo testo di direttiva, cambiare atteggiamento verso il tema, venendo incontro alle esigenze degli stagisti. Il problema è che tra le righe del testo della direttiva ci sono alcuni scivoloni che potrebbero trasformarsi in trappoloni.
“In respect of pay, trainees are not treated in a less favourable manner than employees”
Il primo è più evidente è la perifrasi che viene utilizzata per vietare la gratuità degli stage. Anziché dire che ad ogni stagista è dovuto un compenso commisurato al tempo e all’impegno che dedica allo stage, ed eventualmente anche alle conoscenze pregresse e al suo grado di istruzione, il testo della direttiva è più arzigogolato: «Gli Stati membri dovrebbero assicurare che, rispetto alle condizioni di lavoro ivi compresa la retribuzione, gli stagisti non siano trattati in maniera meno favorevole che analoghi normali dipendenti nella stessa struttura, a meno che un trattamento differente non sia giustificato da motivi oggettivi» si legge nell’articolo 3. Ma nella comparazione tra un lavoratore e uno stagista, il fatto stesso dell’inquadramento differente è un «motivo oggettivo» (“objective ground”).
Purtroppo, pur assicurando il preambolo (non il testo vero e proprio) che no, “il semplice fatto di essere uno stagista non può costituire la base per un trattamento meno favorevole», l’articolo 3 si chiude specificando che un objective ground può invece essere tranquillamente rappresentato da “compiti differenti, minori responsabilità, minore intensità di lavoro, o l'onere della componente di formazione e addestramento professionale».
È ovvio, perfino banale che uno stagista non possa pretendere di guadagnare quanto un dipendente. Quindi perché mai formulare la frase così? Perché alludere a un diritto che però nei fatti sarebbe inapplicabile, per il fatto stesso che lo stagista non assicura praticamente mai una performance paragonabile (tantomeno identica) a un dipendente?
Sulla scorta di quella frase, nell’applicazione futura di questi principi, qualsiasi Stato potrebbe non solo (com’è ragionevole) limitarsi a prevedere che l’importo dell’indennità minima di stage sia inferiore a quello di uno stipendio, ma anche andare più in là. E scegliere per esempio di mantenere la gratuità degli stage, o inserire indennità minime irrisorie, sostenendo che gli stagisti hanno ovviamente meno competenze professionali, non sono autonomi, non prendono responsabilità per il loro lavoro, devono essere costantemente formati e supervisionati da qualcun altro. Che non svolgono un’attività equiparabile a quella di un dipendente, pur anche magari condividendo lo stesso “mansionario” col proprio tutor e/o con altre risorse junior. E che appunto “l'onere della componente” della loro formazione grava sull'azienda ospitante, costituendo già un sufficiente disturbo.
“Trainees who are workers”
Un altro punto critico è la definizione del raggio d’azione. Ben consapevole del fatto che questo è un elemento cruciale, la Commissione ha dedicato l’intero articolo 2 alle Definizioni. E quindi ecco le quattro fornite «ai fini di questa direttiva»:
(a) con “stage” si intende un periodo limitato nel tempo di pratica di lavoro che include una significativa componente di formazione e addestramento professionale, effettuato per acquisire esperienza pratica e professionale nell'ottica di aumentare l'occupabilità e di facilitare la transizione verso un regolare rapporto di lavoro o accedere a una professione
(b) con “stagista” si intende qualsiasi persona che svolga uno stage avendo un un contratto di lavoro o rapporto di lavoro così come definito da leggi, accordi collettivi o prassi in vigore in ognuno degli Stati membri con tenendo conto della giurisprudenza della Corte di Giustizia
(c) con “regolare rapporto di lavoro” si intende qualsiasi rapporto di lavoro che non sia uno stage
(d) con “dipendente regolare” si intende qualsiasi persona impegnata in un regolare contratto di lavoro
Scrivere un testo che abbia senso i tutti i 27 Paesi dell’Unione, ciascuno con la sua lingua, le sue tipologie contrattuali, le sue denominazioni e definizioni delle variegate esperienze di formazione e lavoro, è certamente complesso. Ma chiunque mastichi un po’ di diritto del lavoro non può che notare alcuni passaggi (come questi due nella lunga premessa esplicativa: «Le disposizioni di attuazione incluse in questa proposta di direttiva sono finalizzate ad assicurare che gli stagisti che sono lavoratori godano di tali diritti», e «sia i lavoratori (compresi gli stagisti che sono lavoratori) sia i lavoratori autonomi [devono] avere accesso a un'effettiva e adeguata protezione sociale») che farebbero intendere che ci sia una categoria di “stagisti che sono lavoratori” (“trainees who are workers”) e un’altra categoria diversa non meglio specificata – e che, salvo smentita, resterebbe esclusa da questi diritti. Il che combacia anche con la già citata frase che spiega che la direttiva riguarderebbe i “trainees who are workers”, e invece la raccomandazione coprirebbe “all trainees”.
Nel testo della direttiva ricorre l’equiparazione tra stagista e lavoratore; si legge per esempio nella premessa che “La direttiva proposta contiene una serie di disposizioni che aiutano gli stagisti a difendere i loro diritti di “lavoratori”» (“defend their rights as ‘workers’”). In Italia, e probabilmente non solo in Italia, questo farà rizzare i capelli in testa a molti: basti pensare che nella nostra normativa è ripetuto continuamente che il tirocinio consiste in un periodo di orientamento al lavoro e di formazione e che non si configura come un rapporto di lavoro.
Nessuna menzione, invece, dei tirocini svolti durante periodi di formazione, quelli che noi in italiano chiamiamo “curricolari”. Di fatto, la richiesta contenuta nella risoluzione del Parlamento europeo di includerli nel raggio d’azione della futura legislazione europea a protezione degli stagisti è stata ignorata nella bozza di direttiva, e recuperata solo nella raccomandazione.
Nel preambolo della direttiva invece trova purtroppo posto una menzione non entusiasmante, al comma 4, che sdogana gli stage per persone mature: siccome la popolazione invecchia e mancano lavoratori con competenze in determinati settori in crescita, come quelli legati alla transizione digitale, “gli stage di qualità possono essere un'utile strada upskilling e/o reskilling per persone di qualsiasi età per acquisire competenze pratiche sul lavoro per entrare nel mercato del lavoro o dare una nuova direzione alla loro carriera». Come, “di qualsiasi età”? Noi qui sulla Repubblica degli Stagisti abbiamo denunciato a più riprese le storture e i rischi di inquadrare le persone di mezza età, o perfino quasi anziane, al ruolo di stagisti con il paravento della “formazione”. Per riqualificare le competenze di una persona che ha già anni di esperienza nel mondo lavorativo ci sono altre strade: non la retrocessione a stagisti.
Ma bisogna ricordare che questa è sola la prima bozza: adesso comincia una discussione in Parlamento e in Consiglio per portare a casa un testo definitivo – che comunque non riuscirà ad essere approvato prima della fine di questa legislatura, dato che le elezioni europee incombono. Nei prossimi mesi cambieranno sia la composizione del Parlamento europeo e quella della Commissione europea sia le forze politiche in campo, a seconda dei risultati di queste elezioni.
Resta il fatto che la Commissione europea ha mantenuto la promessa e ha partorito una bozza di direttiva che contiene aspetti interessanti e che si propone di risolvere un problema che affligge in Europa milioni di persone: gli stage gratuiti, quelli di bassa qualità, quelli utilizzati per sfruttare manodopera o cervellodopera gratuita senza fare contratti di lavoro corretti e pagare le retribuzioni dovute. Si staglia all'orizzonte, anche se ancora lontano, il traguardo di ottenere più diritti per gli stagisti in tutta Europa grazie ad una presa di posizione netta dell’Unione Europea: bisognerà lavorarci nella prossima legislatura.
Eleonora Voltolina
Community