Far giocare insieme bimbi disabili e normodotati: la mission di una start-up di Gorizia

Riccardo Saporiti

Riccardo Saporiti

Scritto il 09 Feb 2015 in Approfondimenti

StagistiDesigner una, consulente l'altra. Amiche da una vita, hanno fondato una start-up che progetta giocattoli pensati per aiutare i bambini disabili a divertirsi insieme ai coetanei normodotati. Tutto questo è Lam Project, azienda fondata nel settembre 2014 a Gorizia da Anna Devecchi, 33 anni, e Giovanna Culot (31). Il nome è un acronimo che sta per “Look at me”, ovvero “guardami”. «La nostra amicizia è nata negli scout ed è proseguita facendo volontariato a favore dei disabili» racconta Devecchi: «In questi contesti abbiamo notato che spesso si dice ai bambini di non fissare i diversamente abili, perché non sta bene». Questo atteggiamento, però, «porta ad un disinteresse nei confronti della problematica. È quando si guardano queste persone che ci si accorge delle loro esigenze e si riesce a dare loro una mano». Insomma “look at me”, guardami: e «capisci di cosa ho bisogno».

È esattamente questo lo spirito che guida le due startupper friulane. «Vogliamo progettare dei giocattoli che favoriscano l'inclusione dei diversamente abili. Per questo abbiamo contattato delle cliniche che operano con questo tipo di pazienti». Il punto, prosegue la designer, è che «di fondo tutti i bambini hanno bisogno di stimoli cognitivi, motori o di tipo sociale». Da una parte si tratta di porre un limite «ai giochi oggi sul mercato, che sovrastimolano i bambini». Dall'altro di offrirne alcuni mirati per i diversamente abili, ma che possano arricchire anche l'esperienza ludica dei normodotati. Un esempio? «Se inseriamo degli elementi tattili in un gioco dell'oca per un bimbo non vedente, anche uno che non ha questo problema li percepisce come un elemento in più e ne viene stimolato».

Al momento l'attività si sta concentrando sulla fascia di età da zero a tre anni. «Abbiamo dei progetti pronti», sui quali però il riserbo è massimo. «Il fatto è che prima dobbiamo testarli nelle cliniche, verificare che i prototipi siano effettivamente validi». In un primo momento le due startupper pensavano di occuparsi anche della produzione. «Questo però avrebbe richiesto un investimento mostruoso per avere i requisiti necessari per ottenere il marchio CE». Per questo hanno deciso di affidare la produzione ad aziende esterne, già certificate.

Il passo successivo sarà quello di studiare giocattoli per bambini più grandi, senza trascurare il mondo digitale delle applicazioni per tablet. Nonostante la start-up abbia preso vita solo lo scorso anno, sta già diversificando la propria attività. «Abbiamo notato che c'è la necessità di progettazione degli spazi, ad esempio nei musei», che consentano ai bimbi disabili e normodotati di giocare insieme. E sono in trattativa con alcune gallerie per realizzarli. L'azienda è una srl, «ci hanno consigliato di evitare quella semplificata visto che le aziende che producono giocattoli sono dei colossi»: il capitale sociale di 10mila euro è stato versato grazie ai risparmi delle due socie.

Soldi che sono serviti anche a sostenere le prime spese insieme ai 12mila euro vinti grazie a un bando della regione Friuli Venezia-Giulia che ha finanziato anche una ricerca di mercato. «Solo per il notaio se ne sono andati 2.600 euro. La stessa cifra l'abbiamo investita nella nuova versione del sito, che riteniamo uno strumento per noi molto importante». E poi c'è l'affitto della sede: «Fortuna che Gorizia è una piccola città, ce la caviamo con 250 euro al mese». Ma non sono le difficoltà economiche quelle che hanno creato più problemi alle due startupper. «È come se ci fossero delle barriere architettoniche di tipo culturale», spiega Devecchi: «Non tutti sposano la nostra idea, molto quando sentono parlare di giochi per disabili vanno nel pallone. Per questo preferiamo presentare i nostri progetti come giocattoli per lo sviluppo armonico del bambino».

Nonostante l'entusiasmo e l'impegno delle due imprenditrici, la sopravvivenza della loro start-up è appesa a un filo. Culot a febbraio terminerà la maternità e tornerà alla sua scrivania al Boston Consulting Group, Devecchi alterna la sua professione di designer freelance al lavoro per l'azienda. «Ancora non percepisco uno stipendio per questo, forse nei prossimi mesi». Questo se Lam Project inizierà a fatturare: «Ci siamo date un anno e mezzo di tempo. A metà del 2016 decideremo se questa start-up ha le gambe per camminare». È anche per questo che le due socie sono alla ricerca di partner che le aiutino nel loro progetto di far giocare insieme bimbi disabili e normodotati.

Riccardo Saporiti
startupper@repubblicadeglistagisti.it

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