Grape, la start-up che rende il vino più buono

Riccardo Saporiti

Riccardo Saporiti

Scritto il 08 Dic 2014 in Approfondimenti

StagistiC'è anche la scienza dietro a un buon vino. Lo sanno bene Simona Campolongo (30 anni), Chiara Pagliarini (31) e Fabrizio Torchio (33), tre dottorandi di ricerca della facoltà di Agraria di Torino che hanno dato vita a Grape, una start-up che si occupa di analisi microbiologiche di vitigni e cantine. «Il nome è una sigla che sta per Gruppo ricerche avanzate per l'enologia. Solo in un secondo momento ci siamo resi conto che significa anche 'uva' in inglese», racconta Campolongo. Microbiologa come Pagliarini - mentre Torchio è un enologo - ha conosciuto i suoi soci in università. Uno spazio che per questa azienda è centrale: «Prima di partire, ci siamo confrontati a lungo con i nostri docenti. Siamo nati come uno spin-off universitario, incubati all'intero di 2i3T. Ancora oggi abbiamo sede nella facoltà di Agraria: paghiamo un affitto per i locali e abbiamo una convenzione per l'utilizzo dei macchinari. Alcuni di quelli presenti nel laboratorio sono di nostra proprietà».

Il business plan è stato scritto tra il 2010 ed il 2011 poi, quando tutti e tre hanno completato la tesi di dottorato, si è passati alla fase operativa. Così è nata una srl, che lo scorso anno si è iscritta nel registro delle start-up innovative. In totale i soci sono sette, quattro sono professori dell'università di Torino che sono entrati con quote molto piccole nel capitale sociale da 15mila euro. Il grosso l'hanno messo i tre giovani startupper, attingendo dai loro risparmi. Ma che cosa fa, di preciso, Grape? «La nostra azienda è articolata in tre dipartimenti che si interfacciano tra loro», spiega la microbiologa. Il primo si occupa dei lieviti utilizzati nella produzione del vino: «eseguiamo dei campionamenti sul campo, caratterizziamo questi microrganismi per via genetica e verifichiamo se siano candidati o meno per la vinificazione». Il secondo “visita” i vitigni per controllare se le piante presentino sintomi di alcune patologie. Il terzo «quantifica gli antociani e i flavonoidi». In altre parole, «effettua un'analisi degli aromi». Ma perché un'azienda dovrebbe avere bisogno di questi servizi? «Perché noi permettiamo di migliorare la qualità finale dei vini».

Il lavoro, specie in una regione come il Piemonte, non manca. E la concorrenza non è così agguerrita: «In Italia ci sono pochi laboratori come il nostro e non tutti offrono un'assistenza completa, dal campo alla bottiglia, come facciamo noi». Oltre ai propri risparmi, i tre startupper hanno ottenuto 8mila euro grazie a un bando regionale che sostiene le start-up. Ora cercano nuovi finanziatori. «Siamo stati ad alcuni incontri con fondi di venture capital, ma ci siamo resi conto che fanno fatica a guardare all'agricoltura. Diciamo che il nostro non è un settore che “tira”, come succede invece per il farmaceutico». Fortunatamente per l'azienda, però, «siamo in grado di sostenere da soli gli investimenti necessari». Anche perché già dal primo anno l'azienda ha cominciato ad avere utili, con un fatturato che nel 2013 ha toccato i 200mila euro. Nonostante questo, Simona Campolongo è l'unica dei tre soci ad essere stipendiata, mentre gli altri due vivono grazie ad un assegno di ricerca. «Abbiamo già preso una persona, con un contratto a progetto, che si occupa delle analisi», aggiunge: perché non bisogna dimenticare che le startup, nel loro piccolo, creano anche nuovi posti di lavoro.

Intanto, lo scorso ottobre, Grape è stata l'unica azienda italiana invitata alla Biotech Week, fiera europea delle biotecnologie. «È stata un'esperienza positiva, ci ha dato la possibilità di aprire il nostro laboratorio ai curiosi», spiega la startupper: «Il nostro è un campo ostico, è stato carino spiegare quello che facciamo». Un'attività che non si limita ad aiutare i viticoltori piemontesi a migliorare la qualità del vino. Ma che, con l'associazione Innuva, studia anche come utilizzare i prodotti di scarto della vendemmia, ricchi di polifenoli. Due i progetti che coinvolgono la start-up torinese: il primo riguarda lo sviluppo di prodotti per la cosmesi, l'altro paste riempitive dentali. E se evita di produrre rifiuti, il vino diventa ancora più buono.

Riccardo Saporiti
startupper@repubblicadeglistagisti.it 

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