Antonio Piemontese
Scritto il 21 Ago 2019 in Interviste
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Quando ti trovi di fronte un ventunenne già laureato, con esperienze di liceo in Australia, universitarie a Londra e Hong Kong e che parla inglese e francese fluenti, ti rendi conto che l’asticella della competizione per entrare in azienda si è alzata, e non di poco.
Milano, quartier generale di illimity, la nuova banca creata da Corrado Passera. Ambiente informale in un palazzo a due passi dalla Stazione Centrale che mixa stile corporate da istituto di credito a tocchi di brio cromatico. Chissà come dev’essere fare uno stage qui. L’occasione per scoprirlo è arrivata quando illimity ha deciso di aderire al network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, grazie alle disponibilità di tre ragazzi il cui percorso si è appena concluso, e che abbiamo intercettato per una breve chiacchierata.
Il “panel” è composto da Simona Vastola e Alberto Salvi (entrambi ventun anni e provenienti dalla Bocconi, dove hanno studiato Economia) e da Kelly LLain (ventisei anni, laureanda in Design del prodotto al Politecnico). I tre sono stati inseriti rispettivamente nelle divisioni HR, IR e UX. Che poi significa Human Resources, Investor Relations e User Experience. Simona e Alberto sono entrati in contatto con la banca tramite il proprio ateneo, mentre Kelly ha scovato l’opportunità da sola, grazie a Linkedin.
Storie di vita molto differenti, ragazzi ambiziosi, lucidi, accomunati da una certa maturità. La sensazione viene confermata dai toni e dalla scelta dei vocaboli che usano per raccontarsi. Si vede che hanno studiato da manager e che la vita aziendale con le sue logiche, ritmi e convenzioni a loro non dispiace – anzi.
Probabilmente questo discostarsi dallo stereotipo del bamboccione è dovuto in parte al fatto di aver vissuto a lungo lontano da casa. Come Alberto: è sua la storia tratteggiata all’inizio di questo articolo. E lui sta già per rimettersi in viaggio: destinazione Londra, per proseguire gli studi in finanza nella capitale britannica. O Kelly, che dalla Colombia ha scelto proprio il capoluogo lombardo per studiare al Politecnico.
«Qui da voi si respira la cultura del design, c’è poco da fare» esordisce lei, raccontando di un’altra esperienza all’estero, questa volta in Brasile. Una scelta, quella di attraversare l'oceano Atlantico per venire a studiare all’ombra del Duomo, non certo a buon mercato. «Rispetto al mio paese costa tutto il triplo» confessa: «Mi sono pagata l’università con risparmi e borse di studio, oltre, ovviamente, all’aiuto dei miei. Ma adesso che sono in dirittura d’arrivo è necessario pensare a un lavoro. E qui ho avuto una buona opportunità per cominciare a fare pratica. Tra l’altro, sono una tra le poche nella mia cerchia di amici ad essere pagata mentre faccio uno stage». Cosa vede Kelly nel suo futuro? «Penso di restare all’estero ancora qualche anno, e poi magari tornare in Colombia e aprire la mia startup».
«L’aiuto della famiglia è stato fondamentale anche per me» le fa eco Simona, che viene da Salerno: «Senza di loro penso sarebbe stato difficile permettermi un’esperienza di studio o un percorso di stage a Milano, senza nulla togliere a illimity che, anzi, ci ha supportato». Kelly e Simona hanno ragione: illimity garantisce condizioni di stage più che buone. Agli stagisti offre un'indennità mensile di 700 euro, senza fare distinzioni tra curricolari ed extracurricolari, e in aggiunta buoni pasto da 6,75 euro al giorno, che rappresentano più o meno altri 150 euro al mese in tasca.
«In realtà trovo che il capoluogo lombardo sia un buon compromesso» corregge però il tiro Alberto, rimasto incredulo di fronte al mercato immobiliare delle metropoli cinesi: «Posso dirlo dopo aver vissuto a Hong Kong: lì i prezzi per gli affitti arrivano al doppio». Ma anche lui, per sostenere tutte le spese, fa affidamento sulla famiglia e sul fratello, che già lavora, e con cui divide casa. E per il futuro? «Una quindicina d’anni all’estero, poi di nuovo in Italia».
«In realtà trovo che il capoluogo lombardo sia un buon compromesso» corregge però il tiro Alberto, rimasto incredulo di fronte al mercato immobiliare delle metropoli cinesi: «Posso dirlo dopo aver vissuto a Hong Kong: lì i prezzi per gli affitti arrivano al doppio». Ma anche lui, per sostenere tutte le spese, fa affidamento sulla famiglia e sul fratello, che già lavora, e con cui divide casa. E per il futuro? «Una quindicina d’anni all’estero, poi di nuovo in Italia».
Che bilancio tracciano questi tre ragazzi dell'esperienza in illimity? «Prima di arrivare in illimity mi aspettavo che durante uno stage sarei stata trattata da ultima ruota del carro» risponde Simona: «Mi sbagliavo. In realtà, oltre a imparare, qui abbiamo avuto la possibilità di essere messi costantemente al centro del progetto, forse anche perché si tratta di una banca nata pochi mesi fa, e la novità si respirava nei corridoi». Aria frizzante, spettinata. «C’era la possibilità di confrontarmi senza fronzoli con persone molto più esperte di me. Il gap generazionale non ha impedito il dialogo, e questo mi ha sorpreso» aggiunge Alberto.
«Merito di una cultura aziendale che privilegia la sostanza alla forma» sintetizza Ilaria Pascutti, che in illimity si occupa di Risorse Umane e Talent Acquisition e ha seguito passo per passo il percorso dei tre. Ma anche della diversity – in parte cercata e in parte, semplicemente, connaturata a un’azienda che ha avviato le operazioni meno di un anno fa. «Siamo in trecento dipendenti, e secondo le nostre stime proveniamo da circa centoventi aziende diverse: una ricchezza incalcolabile, che però va governata. L’energia enorme che deriva da un retroterra del genere è bilanciata dalla difficoltà di gestire persone abituate a seguire prassi lavorative molto differenti, e che per questo motivo vanno amalgamate all’interno di una cultura aziendale nuova e condivisa».
Per ora gli stagisti sono stati solo una decina. Possibile che questi ragazzi vengano assunti in futuro? «È un arrivederci, non un addio. Del resto qui non fanno solo uno stage, ma portano quella ventata di freschezza, idee e il carico di input che ci serve per raggiungere il target che ci prefiggiamo: un’audience giovane e nativa digitale. Che, tramite loro, possiamo conoscere direttamente».
Antonio Piemontese
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