A cinquant'anni non è giusto essere stagisti, per almeno cinque ragioni

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 09 Mag 2016 in Editoriali

centri per l'impiego Disoccupazione stage a 50 anni

Uno stage a 40 anni, magari anche a 50. Perché si è perso il lavoro e ci si deve riqualificare. Per non restare a ciondolare per casa con le mani in mano. Perché in assenza di stipendio anche un minimo di indennità mensile fa comodo. Perché piuttosto che niente, meglio piuttosto: e molto spesso l'unica proposta avanzata dai centri per l'impiego come politica attiva è proprio quella di un tirocinio.

Sono spiegazioni sensate. Eppure, no: uno stage a 40 anni, o addirittura a 50, anche no. A meno di situazioni molto particolari – che possono per esempio coinvolgere persone adulte con fragilità psichiche, o con dipendenze da alcol o altre sostanze, o ancora rimesse in libertà dopo aver scontato una pena in  carcere lo dice il buon senso: a cinquant'anni non è giusto essere stagisti. Va bene, Robert De Niro ci ha fatto un film e certo, siccome è De Niro, la cosa lì risultava perfino divertente. Ma in realtà non lo è: per almeno cinque ragioni.

La prima è che il tirocinio è uno strumento pensato per addestrare al lavoro giovani senza esperienza. Persone che non solo non hanno conoscenze professionali specifiche, ma hanno anche bisogno di imparare le “competenze trasversali” necessarie per stare nel mondo del lavoro: imparare a gestire la puntualità e le tempistiche, i rapporti con colleghi e superiori. Tutte cose che chi ha 40-50 anni sa già grazie alle precedenti esperienze lavorative.

Seconda ragione, lo stage non è un contratto di lavoro: le somme mensili attribuite agli stagisti sono delle “indennità”, da non confondere mai con una retribuzione. Invece le persone adulte, ancor più dei giovani, hanno bisogno di un lavoro vero e di uno stipendio vero. Inoltre non solo il tirocinio (che sia “formativo e di orientamento“” o “di inserimento / reinserimento lavorativo”, è indifferente) non è di per sé un contratto di lavoro, ma la sua efficacia e la percentuale media di successivo inserimento lavorativo è scarsissima. Solo 13 stage su 100 si trasformano in assunzione.

E squi irrompe il terzo punto: se già stagisti 40-50enni in imprese private hanno scarsa probabilità di essere assunti, le probabilità precipitano a zero in caso vengano piazzati in enti pubblici. Il caso dei “precari della giustizia”, oltre 2mila disoccupati adulti inseriti negli anni scorsi in tirocinio nei tribunali e negli uffici giudiziari – più per tappare i buchi di organico, a ben guardare, che per ricevere una formazione utile per trovare lavoro... – è un chiaro esempio di quanto usare lo strumento dello stage nella pubblica amministrazione sia rischioso, e finisca per generare frustrazione e far perdere tempo prezioso agli stagisti attempati (fornendo di solito, peraltro, competenze specifiche difficilmente spendibili altrove).

Quarta ragione, gli stage non danno luogo a contribuzione. Lo stage cioè non prevede che vengano pagati i contributi: ciò vuol dire che se un 40-50enne viene coinvolto in un periodo di stage, nella sua posizione previdenziale si creerà un buco contributivo, che sarà poi un problema quando la persona andrà in pensione.

Il quinto e ultimo punto è psicologico. Essere inquadrati come stagisti quando si hanno 40 o 50 anni, e si è magari padri e madri di famiglia, può risultare umiliante. Ancor di più se magari si hanno figli che fanno a loro volta uno stage.

Nessuno dice che un adulto non possa aver bisogno di formazione - anzi, viviamo in un'epoca in cui progresso e innovazioni tecnologiche rendono indispensabile la formazione continua, intesa come aggiornamento professionale periodico. Nei casi più radicali è vero anche che si può aver bisogno di una riconversione professionale: per esempio se si viene licenziati da un'impresa che operava in un settore in declino, che non offre la prospettiva di poter trovare lavoro in un'azienda simile. Un minatore che perde il lavoro, per esempio, dovrà per forza imparare un altro mestiere, perché non troverà nuove miniere disposte ad assumerlo. Ma per questo esistono i corsi di formazione. Lo stage, limitiamolo ai giovani.

Eleonora Voltolina

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