È un ritratto sfacciatamente, drammaticamente conservatore degli under 35 italiani quello che emerge dal sondaggio Lavoro, formazione, partecipazione. Cosa vogliono i giovani under 35? presentato a Roma da Termometro Politico nel corso di Italia110, un evento ideato e realizzato da Marco Meloni del PD. E alla domanda contenuta nel titolo la risposta potrebbe essere questa: conservare lo stato attuale delle cose - rifiutando il ruolo proprio delle nuove generazioni, cambiare il mondo in vista del futuro. Devono mancare completamente delle prospettive di vita certe se è quasi l’80% degli intervistati a dichiarare di non essere disposto a tagliare le pensioni dei genitori per permettere a quelli della propria generazione di averne una anche solo “dignitosa” in futuro. Nessuno è portato a volere una condizione peggiore per la propria famiglia d’origine, è chiaro. Ma viene da pensare che dietro una percentuale così alta di contrari ci sia la paura di sovvertire lo stato delle cose, e ridurre quelle pensioni dalle quali troppo spesso – se ci si trova impantanati nella precarietà del lavoro - si è costretti a dipendere. Del resto i favorevoli alla stabilità sono quasi la totalità degli intervistati quando si chiede di scegliere tra un lavoro fisso ma con uno stipendio più basso e uno precario ma con stipendio più alto: l’87% è sicuro di volere il primo, a prescindere dal guadagno, perché è proprio la sicurezza del lavoro a premere. E se si parla di aiuti all’imprenditoria giovanile, solo il 12% (al Centro il 18%) crede nei contributi a fondo perduto. Tutti gli altri vorrebbero tasse più basse e meno burocrazia. Anche qui è come se si pensasse che non è bene confidare nell’iniziative e nelle idee di un giovane imprenditore: tutt’al più gli si può rendere la vita un po’ più semplice.
E ancora, quasi la metà degli intervistati (siamo attorno al 45%) crede che le “conoscenze” siano il miglior canale di ricerca di un lavoro, mentre solo uno su tre ritiene che stage ed esperienze professionali siano importanti per ottenere un buon impiego (percentuale che sale al 45% tra i lavoratori autonomi). E lo studio universitario? Ci crede solo il 23% (sono di più gli studenti: un terzo degli intervistati). Se poi si chiede di abolire gli ordini professionali, emblema delle corporazioni, si solleva quasi un muro di contrarietà: ben il 60% è per nulla o poco d’accordo.
Si delinea così il quadro di una generazione conservatrice, che non mette in discussione la condizione sociale dei padri ed è alla ricerca di stabilità, che è liberale ma al contempo corporativa (difende gli ordini professionali), e disillusa, nella consapevolezza che le reti informali dei contatti ‘giusti’ sono più efficaci di stage ed esperienze di lavoro. E anche impaurita da un futuro che non riesce a prefigurarsi.
Un’immagine che si riflette sulla propensione alla partecipazione in politica: solo un giovane su quattro ha pensato di cimentarsi in questa attività. Del resto i governanti raccolgono bassissimi livelli di fiducia (solo il 24% la ripone nei partiti). Interessante anche la tabella che descrive le opinioni dei giovani in quanto a cause di ingiustizia sociale: quasi la metà la imputa al fenomeno dell’evasione fiscale. Mentre solo il 32% lo attribuisce a uno squilibrio tra generazioni e uno su cinque al corporativismo. Ancora una volta sembra che gli under 35 la pensino come i loro padri, verso i quali rifiutano lo scontro. Che se non è necessario a ogni costo, è però un passaggio naturale nell’evoluzione della società.
Ilaria Mariotti
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