Chiara Del Priore
Scritto il 24 Lug 2018 in Approfondimenti
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1999: nasce il cv formato europeo con l’obiettivo di creare uno strumento per permettere a ogni cittadino europeo di esercitare la propria professione in qualsiasi stato dell’Unione Europea. Oggi quel cv ha quasi vent'anni e sembra destinato alla soffitta. La sua evoluzione è in qualche modo lo specchio dei cambiamenti che hanno interessato in questi anni il mondo delle risorse umane e, nello specifico, la selezione del personale.
Se ne è parlato in occasione di Nobilita, festival della cultura del lavoro organizzato qualche mese fa a Bologna dall’associazione FiordiRisorse e dalla testata web Senza Filtro, che ha visto confrontarsi giornalisti, addetti ai lavori del mondo delle risorse umane e formatori su tanti temi, tra cui quello del recruiting e delle evoluzioni delle modalità di reclutare personale – anche alla luce della crescita del digital e della cosiddetta social reputation: cioè tutto ciò che viene detto di noi in particolare attraverso il web.
«Tra le aziende il cv europeo è stato sempre deprecato, è senz’altro utile per fare un benchmark molto veloce, ma soprattutto oggi la tendenza diffusa è quella di verificare la creatività e la personalità di un candidato sin dall’inizio» dice alla Repubblica degli Stagisti Silvia Zanella, responsabile global digital marketing di Adecco, multinazionale di selezione del personale e autrice del libro Social recruiter: «Personalmente quando ricevo un cv europeo la mia prima impressione non è positiva, a meno che esso non sia espressamente richiesto dall’azienda. Il cv europeo porta a una fortissima standardizzazione e permette minori opzioni di personalizzazione. In generale credo poco al curriculum, penso che non faccia uscire molto la persona».
Quali sono allora i consigli per chi manda una candidatura? «Non credo sia utile inoltrare sempre lo stesso cv alle aziende, va studiata l’azienda e calibrato il curriculum a seconda del destinatario. Il cv va “vestito” in maniera conforme al tipo di azienda per cui mi candido, cercando di bilanciarne i contenuti in modo diverso in base a cosa richiede. Se già ci fossero cv “modellati” le cose andrebbero diversamente. Un’altra mossa utile potrebbe essere una lettera motivazionale ben scritta, che consenta al candidato di esprimere la propria creatività».
Scrivere una bella lettera motivazionale e personalizzare il proprio curriculum però può non essere abbastanza. Nell’era del web e dei social conta molto anche cosa si dice di noi in rete e soprattutto cosa raccontiamo attraverso Facebook e simili. Su questi temi Silvia Zanella lavora da anni, precisamente dal 2010, quando ancora i social non erano completamente esplosi in tutte le loro potenzialità, intuendo la loro importanza cruciale anche nell'ambito della selezione del personale: «La nostra immagine digitale ha un impatto perché i selezionatori verificano se ciò che una persona dice ha qualche risonanza, fanno verifiche sulle informazioni pubbliche presenti sui profili Facebook o Instagram del candidato».
L’ultima ricerca di Adecco su questo tema, realizzata su 2.742 candidati e 143 recruiter in Italia, ha evidenziato come il 35% dei recruiter abbia ammesso di aver escluso potenziali candidati dalla selezione a causa di informazioni contenute sui social, una percentuale sempre più in aumento rispetto agli anni precedenti. Secondo i recruiter interpellati le principali motivazioni dell’esclusione sono state foto sconvenienti (20%) o informazioni non coerenti con il cv (18%). «Il recruiter è una persona che si fa un’idea in base agli elementi in suo possesso, provenienti ovviamente anche dalla rete» spiega Zanella. Va sottolineato tuttavia come anche i candidati si informino sul web sulle aziende presso cui vorrebbero andare a lavorare: sempre secondo la ricerca Adecco, il 76% dei candidati ha verificato online almeno una volta la reputazione di un’azienda.
È importante quindi fare molta attenzione a quello che si fa sapere di se stessi sugli spazi pubblici: «Compito di tutti deve essere quello di sentirsi responsabilizzati quando si pubblica online», aggiunge Silvia Zanella. Senza dimenticare che ci sono anche casi in cui l’immagine espressa da idee, parole, contenuti postati sui social viene notata dai recruiter e può influenzare la scelta di un candidato: «I social possono avere anche un ruolo positivo: se è vero che sono molte le persone scartate a causa di quanto trovato online, è anche vero che esistono casi di persone scelte anche grazie a quanto pubblicato». L’importante è essere creativi e riuscire a far emergere tutti gli aspetti più interessanti di se stessi – quando si parla di lavoro, ma non solo.
Chiara Del Priore
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