La vergogna dei tirocini gratis all'Onu, l’Assemblea: “bisogna pagarli”. Ma poi rimanda al 2025

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 10 Mag 2023 in Notizie

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Non è giusto non pagare gli stagisti: ora lo ammette anche l’Onu, e promette di voler cambiare la sua policy ed eliminare la gratuità. Ma pagare gli stagisti costa: e quindi meglio rimandare, e sgraffignare altri due anni (almeno) di tirocini gratis.

Poche settimane fa, a fine marzo, il presidente della Quinta Commissione delle Nazioni Unite Philippe Kridelka ha chiuso – dopo 16 ore di negoziazione – l'incontro dicendo ai presenti “Dovete essere orgogliosi del vostro lavoro”. La commissione, che si occupa di questioni  amministrative e di bilancio ed è una delle sei più importanti dell’Onu, è riuscita per la prima  volta in sei anni a trovare un accordo sulla necessità di introdurre delle linee guida per la gestione  delle risorse umane. All'ordine del giorno una pluralità di argomenti: dalla  selezione di nuovo personale, per ringiovanirlo, all’abbattimento delle discriminazioni, fino al tema dei tirocini. O meglio, dello scandalo – denunciato da oltre un decennio  anche dalla Repubblica degli Stagisti – della loro gratuità.

A metà aprile la risoluzione è stata approvata dall’Assemblea e ora il Segretariato generale ha una guida da utilizzare per il reclutamento che nel corso dei prossimi due anni sarà ulteriormente aggiornata.
 
«Non potremmo essere più felici» è il commento apparso sulla pagina Linkedin della Fair Internship Initiative movimento di stagisti e giovani professionisti delle Nazioni Unite nato nel 2015 con l’obiettivo di chiedere tirocini pagati e di qualità, e che da allora raccoglie dati sugli stage all’interno degli uffici Onu, diffonde informazioni e organizza varie attività di  sensibilizzazione istituzionale su questo tema. Il motivo della felicità è che la risoluzione contiene «una serie di paragrafi che invitano la Segreteria a formulare proposte per l’erogazione di rimborsi spese ai tirocinanti».

Il problema è la tempistica. Perché questa decisione di introdurre l’obbligo di una indennità non è immediatamente operativa. A dir la verità non è nemmeno a un orizzonte vicino: tutto è rimandato addirittura al 2025. Bisognerà che vengano formulate proposte da presentare al comitato di bilancio delle Nazioni Unite nella sessione, appunto, prevista per marzo 2025: solo allora «gli Stati membri saranno in grado di prendere una decisione definitiva sul  pagamento dei tirocinanti». Per i prossimi ventiquattro mesi – almeno – i tirocinanti Onu, a partire da quelli che fanno esperienza al celebre Palazzo di Vetro nel cuore di New York, città dove il costo della vita è altissimo, dovranno quindi ancora pagarsi tutte le spese di tasca propria. Mentre i funzionari Onu guadagnano cifre da capogiro.

«Per i prossimi due anni non ci sarà nessun cambiamento nella politica per il  Segretariato dell’Onu, che ha chiesto e ottenuto un anno di rinvio sulla scadenza per  fornire i report richiesti sui tirocini» conferma alla Repubblica degli Stagisti un portavoce della Fair Internship Initiative: «Questo non significa, però, che non ci saranno modifiche minori nelle aree non regolamentate nell’istruzione amministrativa, relative a sconti, linee guida per i supervisori e altri miglioramenti qualitativi nell’esperienza di stage. Queste tematiche, infatti, non  richiedono modifiche formali della policy. Sarà però necessario il sostegno dei gruppi di tirocinanti sul posto di lavoro, cosa che al momento stiamo cercando di fare».
 
Ma perché mai la Quinta Commissione non ha approvato un documento dicendo semplicemente che d’ora in poi gli  stagisti Onu dovranno essere pagati, facendo poi partire le opportune procedure per attuare la  disposizione? Perché rimandare a nuove riunioni addirittura per  i prossimi due anni? In effetti «il Segretariato delle Nazioni Unite avrebbe potuto proporre alla commissione, nel corso dell’ultima sessione, un pacchetto di riforme che avrebbe permesso una modifica immediata» spiegano dalla Fair Internship Initiative. «Non lo hanno fatto e hanno preferito mantenere una posizione passiva, aspettando che gli Stati membri formulassero una richiesta. Questo perché l’introduzione delle borse di studio ha implicazioni finanziarie e la Quinta Commissione ha dovuto prima chiedere al Segretariato di presentare proposte per il loro esame. La scadenza iniziale era nel 2024 ma ha chiesto e ottenuto un rinvio di un anno del termine. Quindi dovremo aspettare, appunto, il 2025».

Pagare finalmente gli stagisti costerebbe (o meglio, si spera: costerà) circa 10 milioni di dollari l’anno, secondo le stime di FII. Non certo una enormità: solo lo 0,003 per cento del budget regolare delle Nazioni Unite.  

Le proposte dovranno essere esaminate dal comitato consultivo per le questioni amministrative (ACABQ), il cui parere avrà un forte peso sulla decisione della Fifth Commission. Il passo successivo «sarebbe un’altra bozza di risoluzione della Quinta Commissione, che prenderà una decisione sulla base delle proposte del Segretariato delle Nazioni Unite e del  parere dell’ACABQ. Speriamo che questo nuovo testo venga approvato presto, poiché per l’ultimo ci sono voluti circa sei anni».

Ma quanti sono oggi gli stagisti non pagati nella complessa galassia delle Nazioni Unite? Difficile dirlo con certezza. Non solo perché i dati non sono aggiornati al 2023, ma anche perché è proprio difficile reperire il numero. Secondo i dati in possesso di Fair Internship Initiative ammontano a circa 2mila l’anno, ma sono i soli tirocinanti all’interno del Segretariato dell’Onu e dei suoi dipartimenti.
Incrociando con i dati pubblicati da Chris Kuonqui nel suo sito ImpactGrowthLab e con quelli del Join Inspection Unit del 2018, si può calcolare che ci siano ogni anno all’incirca 5mila persone che fanno stage non pagati all’interno dell’Onu, nel segretariato generale oppure in programmi specifici o agenzie specializzate della galassia Onu. Il numero si è un po’ abbassato (circa del 15%) nel 2020 a causa della pandemia, ma con tutta probabilità è già tornato in questi ultimi due anni (non ancora monitorati) ai livelli precedenti.

Vale la pena dire però che ci sono per fortuna alcune agenzie dell’Onu che garantiscono un rimborso spese ai tirocinanti. La Fair Internship Initiative tiene aggiornato l’elenco attraverso un documento in cui per settore viene indicato quanti e quali enti pagano e anche l’ammontare mensile previsto.

Delle 43 organizzazioni elencate, circa 25 prevedono un rimborso spese che però  varia tantissimo: dai 400 euro del World Tourism Organization a Madrid, in Spagna, ai circa 2mila franchi svizzeri dell’Ilo a Ginevra. Con grandi differenze anche per quanto riguarda l’assicurazione medica, quasi mai prevista, o la possibilità di poter prendere dei giorni per malattia, nella stragrande maggioranza dei casi non consentita.

«Quando abbiamo cominciato non era così. Quindi abbiamo già avuto un incredibile successo nel cambiare le regole sui tirocini.
E in particolare la mentalità riguardo il rimborso spese» dice il portavoce FII. Il riferimento è a quelle agenzie che negli ultimi sette anni hanno introdotto un'indennità per i loro stagisti, come UNDP, WHO, UNICEF, UNHCR, UN-Women e UNFPA.
«Sapevamo dall’inizio che cambiare la politica del Segretariato sarebbe stato molto  più difficile, per ragioni procedurali e politiche. A cui si aggiunge la storica riluttanza dei  responsabili decisionali del Segretariato delle Nazioni Unite a cambiare la policy sul non pagare. Tutto questo ha allungato i tempi perché abbiamo dovuto prima chiedere agli Stati membri di sollecitare il Segretariato per cambiare le regole. Se avesse avuto un atteggiamento più proattivo avremmo potuto avere tirocini con un rimborso spese presso il Segretariato delle Nazioni Unite e gli  organi sussidiari già ora».
 
Adesso si riparte proprio dai buoni esempi. Nei prossimi mesi Fair Internship Initiative agirà affinché le buone pratiche esistenti e i suggerimenti degli  stagisti siano presi in considerazione e lo farà di fronte agli uffici del Segretariato responsabili della formulazione delle proposte, ovvero DOS e MSPC, ma anche con l’Ufficio Giovani. E per rafforzare la rappresentanza dei tirocinanti ha in programma un nuovo sondaggio globale che andrà online forse già quest’estate.
 
Tra i commenti alla notizia di questo primo passo, c’è chi ricorda che trent’anni fa da stagista all’UNHCR  prendeva solo 100 dollari al mese, mentre oggi è previsto il 50 per cento del salario mensile di un dipendente di terzo livello nelle sedi di Bruxelles, Copenhagen, Ginevra e New York e il 70 per cento nelle altre sedi, oltre a un’indennità per trasporto e pasto introdotta a partire da  settembre 2022. Ma c’è anche chi è molto critico ed evidenzia come «tutto ciò a cui si è arrivati è stata una richiesta per il Segretariato di elaborare delle proposte, nel 2025. Che sarà oggetto di un voto» aggiungendo che «l’Onu dovrebbe vergognarsi dello sfruttamento e delle pratiche sleali di selezione e lavoro».

Ora, quindi, bisognerà aspettare per vedere come andrà a finire e se, alla fine, i tirocinanti in tutti gli uffici dipendenti dalle Nazioni Unite potranno finalmente avere con sicurezza un rimborso spese mensile per i compiti svolti. Qualcosa potrebbe, però, effettivamente cambiare visto che l’Onu deve far fronte a un forte livello di imminenti pensionamenti: in questo senso, una riforma globale delle risorse umane potrebbe includere un nuovo approccio per reclutare e trattenere i talenti.

Certo, impiegare un decennio per raggiungere questo traguardo è decisamente troppo. Chi all’epoca cominciò la battaglia oggi è ormai adulto, e non sarà per nulla coinvolto da un eventuale riforma nel settore. Non solo: per quanto i delegati abbiano applaudito al risultato, chi sta fuori percepisce quasi esclusivamente i bizantinismi di un ente che pure dei giovani ha approfittato in tutto il mondo. Le selezioni per i tirocini Onu ricevono ogni volta un numero di domande altissimo, ma i tirocinanti sono costretti a sforzi economici ingenti per affrontare un’esperienza di questo tipo, quasi sempre sostenuti dalle famiglie. Qualcosa, forse, cambierà tra due anni. Certo, finalmente c’è stato un accordo, superando una fase di stallo interminabile. Ma si poteva decisamente fare di più e più in fretta.

Marianna Lepore

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