Marianna Lepore
Scritto il 13 Feb 2021 in Notizie
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Ripartono i concorsi pubblici: pochi giorni ancora e la macchina delle selezioni dovrebbe rimettersi in moto. Erano stati sospesi il 17 marzo 2020 con il Decreto Cura Italia, poi sono stati riavviati quando la pandemia Covid sembrava in via di risoluzione; il decreto legge Rilancio, a maggio, aveva posto in via sperimentale nuove regole fino al 31 dicembre 2020, come lo svolgimento presso sedi decentrate per evitare spostamenti massicci di candidati, o l’utilizzo della tecnologia digitale sia per le prove scritte che per l’orale. I concorsi erano quindi ripresi in tutta Italia, ma a causa dell’aumento dei contagi sono stati poi di nuovo bloccati.
Dallo scorso novembre le prove preselettive, scritte e abilitazioni professionali sono sospese; è invece ancora possibile lo svolgimento di concorsi, in varie modalità, per le professioni sanitarie e le Forze dell'ordine. Per tutti gli altri enti pubblici il dpcm del 3 novembre ha trovato una parziale soluzione per sopperire alla mancanza di organici consentendo l’utilizzo delle graduatorie di merito vigenti già approvate da altri enti pubblici, consentendo quindi una chiamata inaspettata per gli idonei non vincitori.
Gli altri concorsi non rientranti nelle eccezioni precedenti hanno visto la sospensione momentanea diventare di lungo periodo con il Dpcm del 3 dicembre, che l’ha di fatto prolungata fino al 15 gennaio. Con l’ultimo decreto è rimasta in vigore la sospensione della possibilità di svolgere procedure preselettive e scritte: ma all’articolo 1 comma 10 lettera z si avvisa già che «a decorrere dal 15 febbraio 2021 sono consentite le prove selettive dei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni nei casi in cui è prevista la partecipazione di un numero di candidati non superiore a trenta per ogni sessione o sede di prova, previa adozione di protocolli adottati dal Dipartimento della funzione pubblica e validati dal Comitato tecnico-scientifico».
Ci sono voluti ancora un po’ di giorni, ma alla fine il 4 febbraio è arrivato il protocollo per lo svolgimento dei concorsi pubblici che si rivolge non solo ai candidati ma anche le amministrazioni titolari delle procedure concorsuali, le commissioni esaminatrici, il personale di vigilanza e gli enti pubblici e privati coinvolti nella gestione dei concorsi.
A quanto ammonta il numero dei posti che i concorsi bloccati tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 mettevano a bando? Mettendo insieme i numeri dei bandi pubblicati in quel periodo «il dato si attesta intorno ai 20mila posti sospesi», dice alla Repubblica degli Stagisti Martina Bortolotti dell’ufficio stampa Cgil Funzione Pubblica. Il numero è del tutto approssimativo, e aumenta se si prendono in considerazione i concorsi autorizzati negli ultimi mesi e non ancora partiti e quelli straordinari previsti anche dal Decreto Rilancio. Secondo una ricerca pubblicata a inizio luglio del portale Forumpa la cifra è pari a oltre 37mila. E ora si cerca di recuperare.
Primo chiarimento: l’ambito di applicazione. Il protocollo validato dal Cts si applica alle prove preselettive e alle prove scritte delle procedure concorsuali. Prove orali e pratiche, infatti, «potranno svolgersi in via telematica». Se questo non dovesse essere possibile, allora dovranno seguire le regole del protocollo, in particolare nello scaglionamento degli orari di presentazione dei candidati e dove possibile nell’organizzazione in spazi aperti dello svolgimento delle prove.
Secondo chiarimento: il numero di partecipanti. Il Dpcm del 14 gennaio ha previsto che dal 15 febbraio sia consentito lo svolgimento delle prove selettive dei concorsi anche in presenza con un numero di candidati non superiore a 30 per ogni sessione o sede di prova. Su questo punto arriva la precisazione del Cts. Visto che non si può limitare la partecipazione dei candidati ai concorsi su base territoriale e volendo limitare i movimenti delle persone tra le regioni, il Comitato tecnico scientifico specifica che non ci debbano essere più di due sessioni giornaliere, non consecutive e separate da un tempo necessario per far defluire i candidati e permettere la pulizia degli ambienti.
Terza precisazione: le misure igienico sanitarie. Alle ormai classiche indicazioni dell’ultimo anno – non presentarsi se sottoposti a regime di quarantena o isolamento domiciliare fiduciario o con una temperatura superiore ai 37,5° C o con tosse, difficoltà respiratoria, perdita di gusto e olfatto, mal di gola – se ne aggiungono due nuove: bisognerà presentarsi da soli e senza alcun tipo di bagaglio e consegnare all’ingresso dell’area concorsuale «un referto relativo a un test antigenico rapido o molecolare effettuato mediante tampone oro/rino-faringeo» in una struttura pubblica o privata nelle 48 ore precedenti la data di svolgimento delle prove. Infine il protocollo prevede che dal momento di accesso dell’area concorsuale sarà obbligatorio indossare la mascherina chirurgica messa a disposizione dall’amministrazione organizzatrice. Chiunque non volesse rispettare anche solo una di queste indicazioni non potrà accedere all’area concorsuale.
E qui ci sono alcune osservazioni da fare. Per quanto si prescriva il rispetto della distanza droplet di almeno un metro tra i candidati, aumentato di un altro metro all’interno dell’aula del concorso, sorprende l’obbligo di dover cambiare mascherina all’ingresso e quindi, in taluni casi, di dover togliere la ffp2 (con un grado di protezione più alto) con cui si è usciti da casa per sostituirla con una chirurgica (con un grado di protezione più basso).
«Il problema nasce dal fatto che non è possibile controllare l’efficacia di un dispositivo di cui un utente è provvisto, perché quel dispositivo potrebbe essere danneggiato o non conforme agli standard di sicurezza» prova a spiegare Angelo Marinelli, 49 anni, segretario nazionale della Cisl Funzione Pubblica, alla Repubblica degli Stagisti «Perciò nel protocollo si è prevista la somministrazione a cura dell’amministrazione organizzatrice di nuovi dispositivi di protezione individuale, per garantire a tutti livelli standardizzati di sicurezza. Il problema è: quali sono questi livelli?». E su questo punto Marinelli aggiunge: «Noi sosteniamo che tutti i luoghi dove vengono erogati o gestiti servizi pubblici dovrebbero garantire il livello massimo di sicurezza possibile per cittadini, lavoratrici e lavoratori. In questo caso occorrerebbe rendere disponibili le mascherine ffp2 anziché quelle chirurgiche». Per questo il segretario nazionale Cisl Fp arriva a definire la gestione della prevenzione nell’emergenza epidemiologica in atto «ancora insoddisfacente».
Sul punto dei dispositivi di protezione individuale sorprende poi la disparità di trattamento tra i candidati e gli operatori di vigilanza. Nel protocollo, infatti, non solo si prescrive l’uso delle mascherine chirurgiche per i candidati ma si precisa anche che «gli operatori di vigilanza e addetti all’organizzazione e all’identificazione dei candidati nonché i componenti delle comissioni esaminatrici devono essere muniti di facciali filtranti ffp2/ffp3».
Altra prescrizione che lascia qualche perplessità è l’obbligo di consegnare un referto negativo relativo a un test antigenico rapido o molecolare fatto nelle 48 ore precedenti il concorso. La finalità del provvedimento è comprensibile, limitare la circolazione di infetti e il contagio a catena tra i candidati. Il problema, però, è la regola di base: perché introdurre prescrizioni diverse a seconda dei luoghi in cui si entra? Se, infatti, si prescrive l’obbligo della mascherina, l’utilizzo del gel disinfettante e la distanza tra i soggetti di un metro a volte aumentata fino a due metri, mettere anche l’obbligo del tampone negativo introduce una restrizione a questo punto valida solo per i concorsi. Eppure in altri luoghi, per esempio le chiese o i grandi supermercati o in questi ultimi tempi i locali della movida, dove pure si ritrovano molte persone quasi sempre a distanza inferiore ai due metri, non c’è alcun obbligo di questo tipo. Senza contare che la stessa Inail ha evidenziato in un videotutorial sui test diagnostici come il test antigenico rapido abbia «un’affidabilità minore rispetto al test molecolare»
C’è poi il fattore costo. Chiunque abbia fatto un concorso sa bene che è anche un investimento economico: dai testi su cui studiare ai mezzi per spostarsi e spesso sistemazioni varie per dormire fuori casa. Spese che da sempre giovani e meno giovani mettono in conto per riuscire a firmare un contratto. Ora bisognerà aggiungere anche il costo del tampone. L'associazione per la difesa e tutela dei consumatori Altroconsumo a dicembre aveva fatto un’indagine da cui era emerso come il costo in sei regioni prese in esame variasse per tipologia e territorio: dai 22 euro per un tampone rapido in Lazio ai 40 se fatto invece in Piemonte e dai 60 di un molecolare ai 110.
A tutto questo vanno poi aggiunti i costi per chi gestisce i concorsi, dalla sanificazione e disinfezione dell’ambiente prima e dopo la prova, alla scelta degli edifici che dovranno avere una serie di aree riservate per accogliere ed eventualmente isolare i soggetti sintomatici. Oltre ad essere di grandi dimensioni per consentire un’area di quattro metri quadri per ogni candidato. Che, ultima fra le regole, non potrà mangiare durante il concorso, ma solo bere.
Ognuno degli enti che gestiscono i concorsi pubblici avrà il compito di informare i candidati sulle modalità del concorso post Covid, tramite pec o con una comunicazione sul sito, e restano comunque valide le modifiche introdotte dal Decreto Rilancio come la possibilità di svolgere le prove in modalità decentrata o di svolgere gli orali in videoconferenza.
Tante nuove regole e costi aggiuntivi, quindi, per un settore che è stato totalmente bloccato, con concorsi che da un anno ormai procedono mensilmente al rinvio delle comunicazioni ed altri di cui non si ha più notizia. Lasciando nel limbo giovani e meno giovani che su quelle selezioni avevano puntato.
Sullo sfondo poi resta sempre la possibilità di nuovi blocchi. L’ultima richiesta è arrivata dal senatore Mario Pittoni, responsabile Scuola della Lega, che ha chiesto di fermare la ripartenza del concorso straordinario per docenti di terza fascia previsto per il 15 febbraio, visto il periodo di crescita dei contagi. E online è già partita una petizione diretta al dipartimento della funzione pubblica che contesta le nuove disposizioni, in particolare la richiesta del tampone per accedere al concorso.
Quello che succederà da metà febbraio in poi sarà probabilmente legato anche all’insediamento del nuovo esecutivo. Che dovrà, quindi, trovare la difficile quadra tra il bilanciamento di un settore – quello dei concorsi – in crisi ormai da quasi un anno e la necessità di coprire quei posti ora disponibili, con il diritto alla salute dei candidati, tutelato dall’articolo 32 della Costituzione.
Nel frattempo il 15 febbraio si torna a far concorsi: il primo a riprendere dopo l’interruzione causa pandemia è il concorso straordinario della scuola che prende il via lunedì e andrà avanti fino al 19.
Marianna Lepore
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