Riforma del lavoro approvata: e adesso che succede?

Andrea Curiat

Andrea Curiat

Scritto il 04 Lug 2012 in Approfondimenti

La riforma del lavoro è stata approvata in via definitiva dalla Camera lo scorso 27 giugno. Il testo è stato firmato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed è stato pubblicato ieri sulla Gazzetta ufficiale. La riforma sarà efficace a partire dal 18 luglio, in seguito al normale periodo di vacatio legis pari a 15 giorni. L’iter normativo, quindi, può dirsi concluso. Non tutte le novità però entreranno in vigore contemporaneamente.
stage lavoroAvranno effetto immediato tutte le norme in materia di licenziamenti, che modificano i casi in cui il giudice può disporre la reintegra o il risarcimento del lavoratore. La modifica dei termini per l’impugnazione del licenziamento, e il nuovo rito abbreviato per le cause in materia, verranno applicati a tutte le nuove controversie sorte a partire dal momento stesso dell’entrata in vigore della legge. Anche le norme sulle partite Iva e sui contratti a progetto si applicano per i nuovi rapporti instaurati subito dopo la vacatio legis; per le partite Iva in corso, invece, le norme saranno valide dopo un periodo di 12 mesi.
A partire dal 2013 scatteranno invece i nuovi ammortizzatori sociali (Aspi, mini-Aspi e indennità una tantum per i cococo e cocopro). L’Assicurazione sociale, in particolare, sostituirà gradualmente l’indennità di mobilità per entrare a pieno regime entro il 2016. A partire dal primo gennaio 2013, senza alcun effetto sui contratti in essere, verrà abrogato il contratto di inserimento e verranno applicati i nuovi limiti all’assunzione di apprendisti e il divieto di utilizzo con somministrazione. Sempre in tema di apprendisti, per i primi 36 mesi dall’entrata in vigore della legge i nuovi inserimenti saranno subordinati alla prosecuzione del rapporto di lavoro per almeno il 30% degli apprendisti esistenti; dopo tre anni, il tetto minimo salirà al 50%. A partire dal 2013 entreranno in vigore anche i nuovi termini per impugnare i contratti a tempo determinato in sede giudiziale (da 270 a 180 giorni) e stragiudiziale (da 60 a 120 giorni). 
stage lavoroParziale retromarcia invece su quello che i giornali avevano definito il «salario di base per i contratti a progetto»: non sarà più il ministero del Lavoro a stabilire una cifra minima valida per tutti i settori, come prevedeva la prima versione dell'emendamento Castro-Treu. Nel testo approvato dal Senato si fa invece riferimento a un compenso «non inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività [...] sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro»; in assenza di contrattazione collettiva viene specificato che «il compenso non può essere inferiore [...] alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto». Questo cambiamento, sebbene renda l'articolo immediatamente operativo per tutti i nuovi contratti (mentre la precedente versione prevedeva che la cifra fosse stabilita dal ministero tramite decreto ministeriale «emanato entro dodici mesi dalla citata data di entrata in vigore della presente legge»), rischia però di impantanare l'applicazione del principio: moltissimi contratti a progetto infatti vengono attivati in settori e per mansioni prive di contrattazione collettiva specifica, e sarà quindi probabilmente molto difficile stabilire un compenso adeguato. 
Resta invece su altri punti la necessità di attendere decreti attuativi che chiariscano gli aspetti rimasti in sospeso nella riforma. Il più importante riguarda proprio il mondo degli stage: entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano dovrà raggiungere un accordo per definire le linee-guida in materia di tirocini. L’obiettivo fissato dalla riforma consiste nel contrastare l’uso distorto di questa tipologia di contratti, individuarne gli elementi essenziali, e riconoscere la “congrua indennità” per i tirocinanti.
Spetta invece al ministero del Lavoro, di concerto con quello dell’Economia, il compito di emanare, entro 180 giorni, un decreto per regolare le modalità e i limiti entro i quali sarà possibile liquidare l’Aspi in un’unica soluzione a chi voglia mettersi in proprio.
Gli stessi ministeri del Lavoro e dell’Economia dovranno adottare, nel giro di un mese, i decreti attuativi che fissano i criteri di accesso e l’importo economico dei voucher per le mamme lavoratrici, una tra le misure sperimentali per sostenere la genitorialità (insieme alle ferie obbligatorie per i padri) che entreranno in vigore nel 2013 fino al 2015.
Sempre al ministero del Lavoro è attribuita la facoltà di individuare delle modalità semplificate (rispetto a quanto già stabilito dalla riforma Fornero) per accertare la volontà dei lavoratori a rassegnare le dimissioni.
Un ulteriore decreto attuativo è atteso in tema di contratti a tempo determinato. Questi vengono automaticamente considerati a tempo indeterminato se proseguono per più di 30 o 50 giorni (a seconda che siano di durata inferiore o superiore ai 6 mesi) oltre la loro scadenza naturale. Al datore di lavoro spetterà l’onere della comunicazione della prosecuzione dei contratti al Centro per l’impiego competente. Il ministero del Lavoro emanerà, entro un mese dall’entrata in vigore della riforma, il decreto attuativo indicante le modalità di comunicazione. Un altro decreto servirà invece per definire le modalità di comunicazione (via sms, fax o e-mail) che riguardano il lavoro intermittente.
Anche in tema di fondi di solidarietà bilaterali servirà un decreto attuativo del ministero del Lavoro e dell’Economia, per determinare i requisiti di professionalità e onorabilità dei soggetti preposti alla gestione dei fondi stessi; i criteri e i requisiti per la contabilità dei fondi; le modalità volte a rafforzare la funzione di controllo sulla loro corretta gestione e di monitoraggio sull’andamento delle prestazioni. Un secondo decreto istituirà un fondo di solidarietà residuale per i lavoratori dei settori non coperti dalla normativa in tema di integrazione salariale, e per i quali non siano stati attivati dei fondi di solidarietà ad hoc.


Andrea Curiat


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