Esasperati dalla crisi? L'«esperanza» di un riscatto si nasconde in un romanzo

Annalisa Di Palo

Annalisa Di Palo

Scritto il 01 Dic 2013 in Articolo 36

Qualcuno inizia a parlare di ripresa. Timida, ma pur sempre ripresa, decodificata con cautela tra gli ultimi indici economici, non certo nella vita delle persone. I giovani naturalmente sono in cima ai pensieri di tutti, ma la situazione è la peggiore di sempre, e rimarrà ancora a lungo critica. Il rischio è quello di arrivare alla fine del tunnel (che ci sarà) senza ossigeno, senza tenacia e voglia di provarci - perdendosi magari qualche buona possibilità - ma anche quello di vivere in asfissia cronica nel presente. La crisi oggi è anche psicologica, e generalizzata: servono sproni.

Una boccata di aria fresca arriva da un libro che è insieme
sfogo, catarsi, fuga dalle statistiche, sempre le stesse, verso un mondo immaginifico e poetico (senza per questo disdegnare una certa dose di scurrilità verbale e istintualità), e ancora esercizio letterario e realizzazione di un'ambizione di vecchia data. Esperanza è il romanzo di esordio del 30enne milanese Alberto Fumagalli [sotto, in foto], da poco pubblicato per Prospero (154 pagine, disponibile in versione ebook al costo di 4 euro): un libro per «una generazione che ha perso le speranze, che è presa a pugni dalla crisi, ma che ancora sogna e vuole rialzarsi». Il titolo la dice tutta insomma, come sempre più di rado succede coi romanzi.

Laureato in Geografia - «materia bellissima e sottovalutata» - l'autore ha alle spalle sei anni di colloqui infruttuosi, uno stage mal pagato di tre mesi in una grande libreria milanese, un'esperienza-volontariato da redattore sportivo e diversi contratti di un giorno, a chiamata (questi però ben retribuiti) in un negozio di abbigliamento. Nel romanzo entra nei panni del suo alter ego Edoardo Italiani, chiara allegoria della generazione di cui sopra, giovane disoccupato aspirante scrittore che vive a casa di una (dolcissima) nonna ultracentenaria, coltivando il suo sogno tra un volantinaggio e l'altro. Sullo sfondo, una grottesca campagna elettorale in cui il Partito dei Pari e quello dei Dispari si contendono i voti popolari, nella completa indifferenza di Italiani. Nel cassetto, invece, una fotografia dagli occhi blu e i capelli mori, che però rappresenta molto più di se stessa: è meta, obiettivo, motore delle azioni quotidiane, qualunque cosa succeda  intorno. E ancora di salvezza per il giovane Italiani, a bagnomaria nella frustrazione, un «vaso pieno d'acqua e senza fiori», come dice di sè di ritorno dall'ennesimo colloquio di lavoro.

«Mandare curriculum è diventato un passatempo inutile, un trauma che può conoscere solo chi ci è dentro al
problema, chi non lavora, chi non trova. Chi non è in questa situazione campa e tira avanti con consigli e frasi fatte. Bisogna crederci, insistere, fare di tutto, non mollare mail. Professori di vita. Clap clap» rimugina a denti stretti Italiani, togliendo le parole di bocca a 6milioni di persone. «A furia di scrivere come mi chiamo e cosa ho studiato mi sono dimenticato chi sono». A ricordargli chi è però alla fine arriva Esperanza, in un incontro (vero, fatto di tocchi gentili, sorrisi luminosi e birichinate) a lungo anticipato nel corso dei primi capitoli del romanzo. Come a dire: era sempre stata lì. Ma quando finalmente si mostra, Italiani inizia a cambiare rapidamente sotto gli occhi del lettore.

Esperanza è un romanzo di formazione scritto di pancia, per necessità
di una scrittura istintiva e ricca di simbolismi anche elementari, che ama raccontare estremizzando. Un libro scritto con «rabbia poetica», per adattare al contesto parole dello stesso protagonista. Che invece merita di essere citato per esteso nel passaggio che avvia alla conclusione del libro (ma non al finale) e che ne racchiude il senso: «Non paralizzatevi, non cadete nella trappola, non fatevi anestetizzare, non fatevi ammalare dalla crisi, dalla disoccupazione, dai datori di lavoro, dal tempo che passa e marcisce, dai buttafuori invisibili della società», dice ai lettori in un'improvvisa rottura della finzione letteraria. «Continuate a far muovere la vostra mente, ma fatelo da soli. Credete in voi stessi, nei piccoli gesti che riuscirete per sempre a fare e che la crisi non potrà mai togliervi».

Una bella differenza con il cinico dell'inizio. Forse non c'è bisogno di aspettare la ripresa per risollevarsi.

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