Perché si va via dall'Italia, perché non si torna: l'affresco dei giovani all'estero della creatrice di Spaghettipolitics

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 28 Set 2022 in Approfondimenti

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Uscire. Andare. Mettersi alle spalle l’Italia per qualche mese, qualche anno. Imparare. Lasciarsi sorprendere. Aprire la mente. Questo è il messaggio più forte contenuto nel libro Il futuro non può aspettare di Michela Grasso, una 23enne appassionata di scienze politiche che – con un profilo Instagram chiamato Spaghettipolitics con 240mila followers e oltre trecento contenuti all’attivo – è riuscita a sdoganare il tema complesso della politica italiana con un punto di vista dall’estero, sopratutto per il pubblico straniero dei più giovani.

stage lavoro michela grasso spaghettipoliticsIl sottotitolo del libro che ha scritto, uscito a fine 2021 per De Agostini, è «Perché la mia generazione è costretta a partire», e quel verbo passivo, “costretta”, è interessante perché contemporaneamente rappresenta e non rappresenta quello che Michela Grasso vuole comunicare.

Da una parte è vero che lei, da ventenne italiana con già tanta esperienza all’estero – a cominciare dal quarto anno di scuola superiore passato in Oregon, negli Stati Uniti, passando per l’università in Olanda e arrivando poi alla scelta di fare un anno di volontariato in Francia con il corpo europeo di solidarietà – non risparmia critiche anche dure all’Italia: «Andare via, molto spesso, è più semplice che tornare, soprattutto quando la tua nazione non fa nulla per garantirti un futuro adeguato». E poi più avanti: «La fuga dei cervelli è anche questa: ragazzi e ragazze che se ne vanno perché non si sentono benvenuti in Italia, portando le loro competenze all’estero».

Eppure Grasso è ben consapevole che sia meglio partire non perché ci si sente “costretti”, ma per una libera scelta, un desiderio genuino di scoperta. Vivere in Paesi diversi dal proprio serve soprattutto in un’ottica di crescita personale, piuttosto che di fuga o di sfogo della rabbia: «Riuscire a viaggiare conoscere altri Paesi europei aiuta formare un’identità europea, e non solo» scrive infatti: «Facilita anche la crescita di aspirazioni e capacità molto preziose per la vita dell’Unione Europea. Viaggiare libera dai pregiudizi e dona nuove prospettive, che aiuteranno nella formazione professionale, creando cui cittadini più consapevoli, attenti e uniti».

Ma ci sono anche molti che partono per scelta e poi non tornano perché si sentono in qualche modo
“costretti” a restare lontani: perché l'Italia non offre abbastanza. A volte nemmeno il minimo indispensabile. «Quello che mi manca, in Italia, è la possibilità di sognare, e di crescere» scrive infatti Grasso nelle prime pagine: «Il lavoro è poco e retribuito male, c'è persino carenza di stage non pagati e i giovani sono l'ultima ruota del carro». Se questa situazione non cambia, i giovani continueranno ad andarsene e a tenersi ben lontani dall'Italia, rientrando solo per le vacanze e le feste comandate, ripensando magari con nostalgia alla loro infanzia e giovinezza in Italia ma costruendo sempre più saldamente la propria vita adulta altrove: «Questo libro vuol essere una richiesta di aiuto, da parte mia e di tante centinaia di migliaia di giovani italiani, per poter scegliere un giorno di tornare a casa ed essere sicuri di poter condurre la vita che meritiamo. Una vita dove essere trattati, pagati e considerati per quello che siamo, per quello che valiamo».

stage lavoro expatNel volume, una raccolta di testimonianze di giovani – perlopiù di coetanei dell’autrice, classe 1999, quindi ragazzi a cavallo tra l'adolescenza e l'età adulta, impegnati in studi universitari o appena entrati nel mondo del lavoro – si trovano esperienze di emigrazione positive e negative, expat che rimpiangono l’Italia ed expat che non ci tornerebbero mai. Un affresco pieno di diversità che vuole rappresentare anche le persone solitamente meno raccontate, le cosiddette minoranze – chi ha un colore di pelle diverso dal bianco, un orientamento sessuale diverso dall’eterosessualità, un corpo con una disabilità. Alcuni degli intervistati sono a loro volta, proprio come Grasso, persone attive online e sui social network, che portano avanti progetti multimediali con l’obiettivo di raccontare un pezzo di mondo dal loro punto di vista.

Del resto il numero di persone con cittadinanza italiana all’estero è impressionante: in aggiunta ai 60 milioni di italiani in Italia, ce ne sono oltre cinque milioni e mezzo – di cui più di due e mezzo tra i 18 e i 49 anni – iscritti all’Aire, l’anagrafe dei residenti all’estero. Molti di questi – oltre 2,2 milioni – hanno il passaporto italiano grazie a qualche padre, nonna, bisnonno, in virtù dello ius sanguinis. Ma c’è anche l’emigrazione nuova, “ripartita” più o meno vent’anni fa e in costante aumento: quella raccontata appunto da Michela Grasso. Nel solo 2020, per esempio, secondo i dati pazientemente e preziosamente raccolti ogni anno nel Rapporto Italiani nel Mondo, quasi 110mila italiani hanno spostato la propria residenza in un altro Paese: una mobilità soprattutto giovane, dato che quasi il 43% dei neo expat del 2020 aveva tra i 18 e i 34 anni.

E tra questi ci sono alcuni dei protagonisti delle 240 pagine del libro. Che sono partiti per le ragioni più svariate: «C’è chi fugge, lottando per la propria sopravvivenza. C’è chi lascia tutto per amore, che sia per un partner o per un figlio. E c’è chi migra con la consapevolezza che ci sia ben poco per cui valga la pena di restare. Le ragioni per andarsene sono innumerevoli e ognuno le vive in maniera diversa».

Dice per esempio Michela Grasso in un passaggio: «Se noi giovani ce ne andiamo è anche per riprenderci parte della libertà che in Italia sentiamo di non avere, in un paese governato da uomini che sono tutti uguali identici – bianchi, cisgender, eterosessuali, di un’età almeno superiore a quarant’anni (ma meglio sessanta) – e non hanno il coraggio di lasciare spazio alle nuove generazioni».

Il libro è pieno di dritte, di “tips” per tutti coloro che accarezzano l'idea di partire per studiare o lavorare all'estero, ma non hanno ancora fatto il grande passo. E poi è divertente. La giovane autrice racconta per esempio del mitico “pacco da giù”, la riserva di viveri che diventa «pezzo di cuore che gli italiani di ogni età si fanno mandare dai genitori o dai nonni, il modo di nascosto in cui un padre e una madre possono dire “ti voglio bene“ senza esporre troppo le proprie vulnerabilità». Ma a volte ci sono pagine che affrontano temi anche molto spinosi, come le case da incubo in cui ci si ritrova a vivere quando ci si trasferisce in città sconosciute, lo spaesamento nel non parlare perfettamente la lingua e non cogliere i riferimenti politici e culturali delle conversazioni con i nativi, o le brutte esperienze in cui alcuni expat si trovano invischiati quando cercano lavoro e finiscono per essere sotto inquadrati, sottopagati, a volte addirittura sfruttati. Perché andare all’estero non è sempre certo una passeggiata, e non è detto che si trovi subito una buona sistemazione!

Le due categorie in cui l’autrice suddivide chi sceglie di andarsene sono quella di chi
«odia il paese dove vive e ama l’Italia, ha difficoltà a interagire con gli stranieri e preferisce il comfort degli italiani» e poi quella di chi «odia l’Italia e ama l’estero, non fa che parlare di quanto l’Italia sia terribile e sottolineare le meraviglie straniere». Ovviamente è la via di mezzo la situazione più consueta: «io per esempio vado a momenti» scherza lei.

Michela Grasso è ben consapevole che «viaggiare e vivere all’estero sono dei privilegi che derivano direttamente dalla famiglia in cui si cresce, che può darti non solo il sostegno economico ma anche gli strumenti necessari e l’educazione necessari per approcciarsi al mondo con mente aperta e occhi diversi». Non è quindi solo una questione economica: chi è capace ad adattarsi può anche viaggiare con budget ridotti, e poi c’è sempre l’opzione di lavorare prima di partire o mentre si è in viaggio. E’ sopratutto una questione culturale.

Ed ecco che torna il messaggio principale dell’autrice ai suoi coetanei, e a tutti quelli più giovani di lei: fare la valigia e partire, per dare una scossa di terremoto alle proprie certezze e alla propria comfort zone, e imparare in posti lontani da casa propria. Per poi magari, chissà, un giorno tornare e costruire un’Italia finalmente più a misura di giovani.

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