Rapporto Giovani, quota dei Neet lievitata a causa della pandemia

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 26 Mag 2021 in Notizie

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La pandemia ha aggravato le condizioni di vita dei giovani italiani, in particolare dei Neet. La denuncia arriva dall'ultima edizione del Rapporto Giovani, nona indagine sui Millennials nati tra i 1980 e il 2000 realizzata dall'Istituto Toniolo in collaborazione con università Cattolica, Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo. Secondo il rapporto, gli inattivi sotto i 34 anni sono passati da una incidenza del 28,9 del 2019 per cento al 30,7, con un divario dalla media Ue salito dall'11,6 ai 12,3 punti percentuali. «Per i giovani non c'è mai stata una ripresa a partire dalla punta più elevata della crisi economica italiana registrata nel 2012» commenta Alessandro Rosina [nella foto sotto], demografo e coordinatore dell'Osservatorio Giovani che edita il rapporto, al webinar di presentazione del volume nei giorni scorsi.

«L'indicatore dei Neet è stato introdotto nel 2010» sottolinea, «e da allora l'Italia è rimasta il Paese con il record negativo della loro presenza nella popolazione, con un divario rispetto alla Ue mai ridotto nel tempo». Avevamo la maglia nera in tempi normali, «e siamo stati quelli che sono peggiorati di più in anni di crisi»: si tratta di un fardello «che non possiamo più portarci dietro: in assenza di politiche adeguate il rischio è la cronicizzazione di tale condizione e diventare destinatari passivi del reddito di cittadinanza» chiosa Rosina.

La conseguenza sarà l'esclusione sociale permanente, «con rinuncia definitiva a solidi progetti di vita» tra cui la genitorialità, è l'allarme lanciato dal rapporto. Soprattutto per la fascia più adulta dei Neet, quelli over 30, che nell'ottanta per cento dei casi si dichiarano insoddisfatti della propria vita, contro una quota pari a circa alla metà degli altri coetanei.

Lascia allibiti anche il dato sulla scarsa conoscenza di uno dei mezzi introdotti a livello europeo, nel 2014, per contrastare proprio il fenomeno dell'inattività giovanile, ovvero Garanzia Giovani. Quasi la metà dei 18-24enni dice di non saperne nulla. In totale un terzo non conosce lo strumento e chi lo conosce afferma di averne solo una vaga idea, segno che «a scuola non si parla dei mezzi che riguardano il lavoro e le nuove generazioni» conclude Rosina. Ulteriore affondo per un orientamento già di suo poco applicato. Anche se, da parte sua, la ministra per le Politiche giovanili intervenuto al webinar Fabiana Dadone ricorda la recentissima apertura di «una piattaforma, Giovani 2030, aggregatore di tutte le opportunità destinate ai giovani, nazionali e internazionali, per evitare che i giovani a caccia di opportunità si disperdano tra i vari siti».

Il malessere sociale dà poi manforte allo sfruttamento, perché tra chi naviga in cattive acque economiche ben il 41,7 per cento si dice disposto a accettare un qualsiasi lavoro, contro il 33,3 per cento di chi sta economicamente meglio. E i progetti di vita si sospendono. Tra gli intervistati che vivono ancora con i propri genitori, al di là di chi sta ancora studiando, a prevalere decisamente nelle motivazioni sono le difficoltà oggettive: oltre uno su tre non è in grado di affrontare i costi di un’abitazione, contro uno su cinque che dichiara di stare bene così. Chi risponde di non potersi permettere una casa arriva al 49 per cento nel caso dei Neet, contro il 27 per cento di chi ha un lavoro stabile. «Mancano le condizioni per realizzare progetti di vita» evidenzia Rosina: «Fino alla fine del secolo scorso la metà di chi restava a casa dichiarava di non andarsene perché a proprio agio in quella sistemazione; oggi quei giovani sono diventati uno su cinque, quindi solo una minoranza».

A precipitare sono anche le finanze dei giovani, «che rappresentano un dei gruppi maggiormente colpiti da condizioni di vulnerabilità e fragilità economica» secondo il report. Gli effetti della pandemia sono al momento ancora accennati, ma lo studio «segnala il reale rischio di un ulteriore peggioramento» si legge nel comunicato. Il 42 per cento degli intervistati tra i 18 e i 34 anni afferma di vivere in una situazione economica «non buona», e uno su quattro fornisce la stessa valutazione per la famiglia in cui vive.

La crisi sanitaria ha reso ancora più dipendenti dalla famiglia di origine. Se si considera che nelle famiglie che percepiscono il reddito di cittadinanza, la percentuale di chi ha un titolo di studio basso sfiora la metà contro un terzo del resto dei giovani, «l'esito potrebbe essere quello di rafforzare le disuguaglianze e porre ancora un freno alla mobilità sociale» è scritto nel rapporto.

«Solo il cinque per cento della popolazione gode del novanta per cento della ricchezza e una persona su quattro è a rischio povertà» secondo i dati forniti nel webinar dal sociologo dell'università di Genova Mauro Migliavacca, curatore all'interno
del Rapporto Giovani del capitolo sulla povertà, la cui incidenza «è in crescente aumento», per cui fondamentale sarà «supportare il reddito dei giovani». E creare un salto di qualità attraverso il Next Generation Ue, «risorsa principale che l'Italia ha per tornare a crescere e essere competitiva» rilancia Rosina. E che «dovrà coinvolgere i giovani, senza lasciarli sullo sfondo», auspica Dadone. È importante «che si sentano parte di qualcosa».

Ilaria Mariotti 

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