Numero chiuso a Medicina, nuove proposte di legge per abolirlo

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 09 Dic 2023 in Notizie

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Tre semplici articoli per chiedere l’abolizione delle limitazioni all’accesso ai corsi universitari di area sanitaria: sono quelli contenuti nella proposta di legge presentata a settembre dal Consiglio regionale della Campania che mira a eliminare dal prossimo anno accademico, 2024/2025, ogni restrizione per iscriversi alle lauree non solo in medicina e chirurgia ma anche in medicina veterinaria, odontoiatria e protesi dentaria, «nonché ai corsi universitari concernenti la formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione e ai corsi di laurea specialistica delle professioni sanitarie».

La proposta di legge, fortemente voluta dal Presidente della Regione, Vincenzo De Luca, dopo essere stata illustrata in Conferenza delle Regioni ricevendo appoggi trasversali, ha raccolto l’unanimità in Consiglio. «Dal momento in cui si registra una carenza drammatica di personale medico è inaccettabile tenere in piedi ostacoli di accesso alla facoltà di medicina, non legati peraltro a nessuna valutazione di merito», spiega il Governatore del Partito democratico alla Repubblica degli Stagisti. «Così come è intollerabile un sistema di quiz che sta spingendo verso forme di depressione e di disagio mentale decine di migliaia di ragazzi e ragazze».

Per l’anno accademico 2023 – 2024 il ministero dell’università e ricerca ha messo a disposizione 19.544 posti, per la sola laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, compresi i posti per i candidati di Paesi non dell’Unione europea residenti all’estero (escluso quindi Odontoiatria e Veterinaria per i quali c’erano altri 2mila 428 posti). Quasi un quinto di posti in più rispetto all’anno precedente. Nella sola Campania, tra le sedi della Federico II, dell’università Vanvitelli e di quella di Salerno, il numero totale di posti per il corso di laurea in Medicina e chirurgia per i candidati europei e non, residenti in Italia, e per quelli dei paesi non europei residenti all’estero ammontava a 1.513.

Le domande (a livello nazionale), però, sono state decisamente di più visto che per la prima sessione del TOLC Med (le nuove modalità di selezione) per l’anno accademico da poco partito erano 79mila 356, di cui 72mila 450 per medicina e chirurgia. Mentre per la seconda sessione sono state 88mila 679, anche se di questi, secondo il Cisia, il Consorzio interuniversitario sistemi integrati per l’accesso che supporta le università nella realizzazione ed erogazione dei test di accesso, più di sette candidati su 10 avevano già fatto un tentativo in primavera. Bisogna ricordare che con la nuova modalità di selezione potevano partecipare al test anche gli studenti iscritti al quarto anno delle scuole superiori, che secondo il Cisia erano circa il ventotto per cento del totale, che quindi non potevano iscriversi ma semplicemente tentare il test come esercitazione. Facendo qualche rapido calcolo, molto approssimativo, si può dedurre che solo il 20 per cento del totale candidati poteva avere una chance di superare il numero chiuso.

E infatti i test di ammissione alla facoltà di medicina nemmeno quest’anno sono stati esenti da polemiche. Il nuovo quiz conteneva domande errate il che ha generato non solo i soliti ricorsi ma anche una petizione, lanciata a fine settembre dal comitato Aboliamo il numero chiuso, che ha raggiunto al momento oltre 51mila firme e chiede, appunto, l’abolizione del numero chiuso, considerata «improcrastinabile» e di «rivedere profondamente il sistema d’accesso alla formazione medica»: i promotori sostengono che il metodo attuale «non tiene conto né delle esigenze reali del nostro sistema sanitario né prevede un sistema di selezione legittimo e meritocratico». Il test di ammissione, denunciano, non premia la preparazione o l’impegno, perché è sempre «la casualità di un quiz iperspecialistico e la fatalità di un sistema equalizzato aleatorio a decretare chi potrà proseguire per la propria strada e chi no, ledendo quel diritto allo studio sancito dal nostro ordinamento».

Nel testo della proposta di legge campana viene evidenziato come «l’attuale sistema di accesso alle facoltà di medicina, fondato sul superamento dei test di ingresso – in grandissima parte incentrati su materie che non sono oggetto di approfondimento nel corso degli studi scolastici e, talvolta, su materie completamente avulse sia dal percorso scolastico che da quello, poi, accademico – implica una preparazione specifica, tesa esclusivamente al superamento di quei medesimi test». Obbligando spesso le famiglie a pagare per corsi specifici di preparazione ai quiz.

La proposta consta di soli tre articoli: nel primo si rende libero l’accesso ai corsi di laurea di area sanitaria, per «superare il disagio sociale connesso al regime di accesso programmato»; nel secondo articolo si precisa che con decreto da adottare entro il 31 gennaio 2024, il Ministero dell’università e della ricerca «accerta l’eventuale fabbisogno di risorse umane e strumentali necessario al rafforzamento del sistema universitario e lo trasmette al Ministro dell’economia e delle finanze» per la successiva approvazione di un piano straordinario pluriennale di reclutamento e adeguamento; al comma due c’è la questione specializzazione – vero nodo del problema di carenza di organico – precisando che entro il 31 dicembre 2026 il Miur debba definire il fabbisogno di risorse umane, strumentali e finanziarie per incrementare i posti disponibili nei corsi di formazione specialistica dei medici; il terzo e ultimo articolo introduce una novità, consentendo nelle more dell’attuazione dell’ampliamento di docenti e aule la possibilità di fruizione dei primi due anni di corso anche in modalità on line, spostando i corsi pratici a partire dal terzo anno.

Non è solo la Campania, però, ad aver intrapreso questa strada: in Conferenza Stato Regioni «è emerso che anche le altre regioni italiane sono a favore dell’abolizione del numero chiuso per il test di Medicina. Ci aspettiamo, quindi, che tutte le forze politiche portino avanti la proposta di legge della Regione Campania», osserva De Luca. E infatti già l’Assemblea regionale siciliana a fine ottobre ha presentato a sua volta una proposta di legge analoga  che mira a modificare la legge attualmente vigente in Italia e approvata alla Camera nel 1999.  L’intenzione del legislatore 24 anni fa di introdurre l’accesso programmato, si legge nel testo, «sarebbe stata quella di limitare il numero di studenti, riducendo gli oneri per la didattica e determinando un miglioramento della qualità formativa con una preliminare selezione dei discenti». Invece ha prodotto «conseguenze negative per il sistema universitario e per l’intero sistema Paese, portando anche «migliaia di studenti a iscriversi ai corsi promossi da università di altri Paesi europei, costringendo le famiglie a sostenere oneri pesanti». Ma la conseguenza più grave, sottolinea il documento, è emersa durante l’emergenza della pandemia Covid: «l’acclarata carenza di figure professionali in campo medico e nell’area sanitaria in genere». Per questo la proposta di legge, costituita da due soli articoli, propone «di abrogare le disposizioni in materia di numero programmato».

Entrambe le proposte di legge, quella dell’Assemblea Regionale Siciliana e del Consiglio Regionale della Campania, sono state poi presentate dai rispettivi Consigli alla Camera dei deputati. La Costituzione, infatti, stabilisce  che una proposta di legge possa essere presentata alle Camere dal Governo, da ciascun deputato, da almeno 50mila elettori, dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro o dai Consigli regionali. Questi, quindi, esercitano la potestà legislativa attribuita alle Regioni e possono anche fare proposte di legge, secondo l’articolo 121 della Costituzione. I due testi dopo la presentazione sono stati assegnati alla stessa commissione. Potrebbe anche succedere, come spesso accade in Parlamento, che a fronte di più proposte su uno stesso argomento – in questo caso l’abolizione del numero chiuso – si arrivi ad unire i vari documenti per arrivare a un testo unico. È, però, decisamente prematuro parlarne visto che al momento non è stato ancora calendarizzato l’inizio dell’esame delle due proposte.


Ora parte la corsa contro il tempo: l’abolizione dovrebbe essere operativa da settembre, tra soli nove mesi, ma la discussione alla Camera non è ancora cominciata. Considerando i tempi dei dibattiti e il successivo passaggio per l’approvazione anche al Senato, qualsiasi eventuale rallentamento potrebbe posticiparne l’entrata in vigore. «Sarebbe un disastro», osserva De Luca, «ma siamo fiduciosi, l’iter procede. Il disegno di legge è stato approvato il 6 settembre dalla Giunta Regionale, poi dal Consiglio regionale il 12 e trasmesso alle Camere è stato assegnato il 7 novembre alla VII Commissione Cultura della Camera».


Decisamente contraria all’abolizione è l’Anaao Giovani, sindacato di medici e dirigenti sanitari. «L’abolizione del numero programmato, non chiuso, a medicina presenta diversi punti deboli», spiega alla Repubblica degli Stagisti Giammaria Liuzzi, responsabile nazionale. «È impraticabile per via dell’entità delle strutture universitarie presenti; è inutile per l’abbondanza di medici che ne scaturisce; è anacronistica perché avremmo specialisti formati tra 11 anni; è costosa perché formare un medico in surplus costa 125mila euro».


Come risolvere, dunque, la carenza di medici ospedalieri? In tre modi: bisogna secondo Liuzzi «riformare le condizioni di lavoro dei professionisti, finanziare finalmente in maniera adeguata il servizio sanitario nazionale e riformare la formazione medica post-laurea. Occorre semplicemente la volontà politica di potenziare in maniera forte e pragmatica la sanità pubblica e l’erogazione di salute a tutti gli italiani».


L’Anaao è convinta che questo provvedimento sia una pura illusione e che andrebbero invece migliorate le condizioni di lavoro, gli stipendi, e anche depenalizzato l’atto medico. «L’Anaao pone dei problemi seri sui quali il Governo dovrebbe intervenire ma che non hanno a che vedere con il problema altrettanto serio – concreto e non pura illusione - dell’ostacolo del numero chiuso per l’accesso alla professione», obietta il Presidente De Luca. «Non ci sono motivazioni tecniche per mantenerlo e, in ogni caso, ogni selezione va fatta dopo i primi due anni, ma sulle materie sanitarie non su argomenti che nulla hanno a che vedere con la medicina».


Che i test di accesso possano essere migliorati lo crede anche Anaao: «È indubbio che qualunque meccanismo di selezione può essere implementato e ottimizzato ed ovviamente non c’è nessuna preclusione a riformare nuovamente quello attuale, ma ciò non è un alibi per mettere in discussione l’abolizione dell’intero impianto di selezione sulla programmazione dei medici e dei futuri specialisti», dice Liuzzi che aggiunge come paradossalmente «il problema della carenza di alcune specialità non è un problema di finanziamento ma un inquadramento vecchio di 24 anni», in cui ogni medico specializzando ha «pochi diritti e molti doveri, viene retribuito solo 1.650 euro mensili» e per giunta nemmeno riceve «una formazione di qualità a causa della carenza di personale dirigente».


E Anaao si chiede: che fine faranno i medici dopo il biennio aperto a tutti? In Francia, dove c’è un sistema simile ma con selezione dopo il primo anno, l’ottanta per cento non supera lo sbarramento. La domanda quindi è: perderanno un anno [ndr. nel caso italiano due anni visto che si parla di biennio] o saranno dirottati su un binario di seconda scelta? 


Troppo presto per dirlo, ma la proposta dell’abolizione è un’idea che nel mondo politico gira da tempo. Non solo la ministra Anna Maria Bernini ha annunciato nei mesi scorsi di voler aumentare di 4mila unità i posti a Medicina, ma in Conferenza delle Regioni sono state numerose le aperture e già altre regioni – tra le ultime il Molise - si stanno occupando del tema.


Ora bisognerà aspettare l’inizio della discussione alla Camera per verificare la posizione delle forze politiche e capire se riceverà l’appoggio sufficiente per diventare legge così com’è o se durante il dibattito accoglierà alcune delle obiezioni avanzate da Anaao.



 Marianna Lepore

Foto di apertura di senivpetro da Freepik in modalità creative commons

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