Ci sono anche le professioni sanitarie riabilitative tra i “lavori del futuro” individuati dall’Istat. Si tratta di quelle categorie professionali che dal 2011 al 2016 hanno registrato significative variazioni in positivo dell’occupazione. In particolare, nell’ultima rilevazione AlmaLaurea il numero di laureati nelle professioni sanitarie occupati a un anno dal conseguimento del titolo di studio triennale è passato dal 63,4% (laureati nel 2014 censiti nel 2015) al 66,7% (laureati nel 2015 censiti nel 2016). Per loro la retribuzione netta mensile media è di 1.220 euro, che salgono a 1.355 per i laureati alla magistrale.
«Questi numeri sono possibili anche grazie a una programmazione molto rigorosa» spiega Angelo Mastrillo, Segretario della Conferenza permanente delle classi di laurea delle professioni sanitarie e docente presso le università di Bologna e Ferrara «25mila i posti totali, di cui 15mila per gli infermieri e 10mila per le restanti professioni». Inoltre «quella delle professioni sanitarie è l’unica area che applica realmente il sistema formativo “3+2”» aggiunge «e che, in generale, dà la possibilità immediata di lavorare dopo tre anni, anche grazie a una formazione nel triennio già altamente professionalizzante. Non a caso solo il 2% dei laureati si iscrive poi al corso di laurea magistrale per diventare dirigente dei servizi».
Nell'anno accademico 2016/2017 secondo l'anagrafe Miur si sono iscritti al primo anno dei corsi di laurea triennale nelle professioni sanitarie - escludendo professioni infermieristiche e ostetriche - 9.510 studenti. A primo anno dei corsi di laurea magistrale gli iscritti sono stati invece solo 1.179. A prevalere, in tutte le aree professionali, sono state le donne, con una differenza maggiore (+26,4%) - a sorpresa - nelle professioni sanitarie riabilitative, come fisioterapista, podologo e logopedista. Oltre il 60% di donne anche nelle professioni sanitarie tecniche, come tecnico audiometrista e tecnico di radiologia.
Secondo l'elaborazione dei dati di federazioni e associazioni di categoria a cura di Angelo Mastrillo, in Italia gli operatori delle professioni sanitarie - escludendo gli infermieri - sono oltre 244mila. Tra questi spiccano: quasi 65mila fisioterapisti, 28mila tecnici di laboratorio e altrettanti tecnici di radiologia, circa 31mila educatori professionali, oltre 16mila tecnici prevenzione, 11mila logopedisti e quasi 8mila igienisti dentali.
La situazione occupazionale è diversificata fra le 22 professioni: in cima alla lista degli occupati a un anno dalla laurea ci sono: gli igienisti dentali (87% di occupati), i logopedisti e i fisioterapisti (86%), i tecnici audioprotesisti (83%) e i podologi (78%). Mentre gli indirizzi più ambiti sono Fisioterapia (14 domande per ogni posto a bando) e Logopedia (10 domande per ogni posto). L’invecchiamento della popolazione e i maggiori sbocchi nel privato sono due delle ragioni di questo successo, destinato a confermarsi. «Le professioni che in futuro andranno per la maggiore» sostiene Mastrillo «saranno quelle per la terza età, legate agli organi sensoriali, come l’apparato acustico. visivo e masticatorio, e alla riabilitazione. In particolare, quelle che gravitano nel privato – come tecnici audioprotesisti e igienisti dentali, con il 90% di occupazione nel privato – avranno più richieste e stipendi più alti».
«Il sistema di formazione per queste categorie di professionisti ha funzionato molto bene in Italia, in termini di qualità e di competenza» aggiunge Giuseppe Novelli, presidente dell’Osservatorio nazionale per le professioni sanitarie presso il Miur e rettore dell’università di Roma “Tor Vergata”: «Sono convinto che altre professionalità in futuro potranno certamente raggiungere gli stessi standard occupazionali. Penso anche alle nuove professioni da formare secondo quanto previsto dalla legge Lorenzin: osteopati e chiropratici».
In basso alla classifica delle ventidue figure professionali ci sono invece: tecnici di fisiopatologia cardiocircolatoria (32%), tecnici audiometristi (34%), tecnici di laboratorio (35%), tecnici di radiologia (36%) e ostetriche (44%). Il calo più evidente riguarda i tecnici di radiologia: per loro nel 2007 l’occupazione a un anno dalla laurea era addirittura del 92%. Un crollo che ha portato molti professionisti a spostarsi all'estero, in particolare in Inghilterra, dove la categoria è molto richiesta e ben retribuita. «Sono stati compiuti degli errori di valutazione, e c’è stato un esubero dei posti messi a bando: fino a dieci anni fa erano 1.500, oggi sono stati ridotti a 750» aggiunge Mastrillo: «Non è facile fare una stima dei fabbisogni, perché in alcuni casi mancano dati certi per poter stabilire il turn over».
L'ultima indagine AlmaLaurea conferma che ad oggi è il settore privato a trainare l'occupazione nelle professioni sanitarie. In particolare, a un anno dalla triennale lavora nel privato l'88,7% dei laureati nelle professioni sanitarie tecniche, il 78,5% dei laureati nelle professioni della prevenzione (tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro e assistente sanitario) e il 75% dei laureati nelle professioni sanitarie riabilitative. Per queste ultime risulta particolarmente significativo il dato sul lavoro autonomo (46,3%), molto comune soprattutto tra i fisioterapisti. Esercita la libera professione anche il 35,5% degli occupati nelle professioni sanitarie tecniche, tra cui spiccano igienista dentale e dietista.
Un miglioramento nella previsione della domanda si avrà forse per effetto dell’introduzione degli ordini professionali (Legge Lorenzin): i primi tre ad essere stati istituiti sono gli Ordini degli infermieri, delle ostetriche e dei tecnici di radiologia, figure che già disponevano di un albo e saranno più facilmente censite. A queste si aggiungeranno gradualmente tutte le altre professioni. «Considero in maniera molto positiva l’istituzione degli ordini professionali» commenta Novelli «in quanto ne apprezzo l’importanza nella promozione, organizzazione e valutazione delle attività formative e nell’aggiornamento continuo dei professionisti. E sarebbe auspicabile prevederne un ruolo più rilevante in materia di accreditamento dei professionisti, anche al fine dello sviluppo dell’ampliamento delle competenze che si stanno delineando».
Insomma, quello delle professioni sanitarie sembra destinato a confermarsi ancora a lungo uno dei settori con maggiori sbocchi occupazionali, soprattutto per quelle categorie che hanno la possibilità di lavorare privatamente, sia in qualità di dipendenti dei centri specializzati che nella libera professione.
Rossella Nocca
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