Ilaria Mariotti
Scritto il 20 Dic 2018 in Approfondimenti
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Oltre all'indennità versata dalla Gestione separata, esistono altre misure su cui le madri lavoratrici autonome possono contare, ma può risultare complicato districarsi. La Repubblica degli Stagisti ha provato a metterle in fila. La prima è il cosiddetto premio alla nascita, pari a 800 euro e introdotto con la legge finanziaria del 2016. In vigore dal primo gennaio 2017, viene corrisposto dall’Inps, senza applicare nessuna tassazione, per la nascita o l’adozione di un minore su domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o alla nascita, adozione o affido (c'è poi tempo fino a un anno per richiederlo a partire dall'evento).
Un contributo a cui hanno diritto tutti, senza limite di reddito. Per accedervi basta insomma essere in gravidanza o aver iniziato l'iter per l'adozione o l'affido. Dopo un inizio un po' zoppicante con erogazioni che stentavano a partire (la procedura è diventata operativa solo lo scorso 4 maggio), il sistema è al momento funzionante fino a data da destinarsi. «Le domande pervenute sono state quasi 445mila nel 2017» precisa alla Repubblica degli Stagisti l'ufficio stampa Inps, mentre il 2018 ne sono arrivate oltre 200mila («ma il dato è in fase di consolidamento»).
C'è poi il bonus bebé (anche detto 'assegno di natalità' e per la cui proroga si è in attesa dell'approvazione della legge di Bilancio 2019): un assegno mensile per famiglie con un figlio nato, adottato o in affido preadottivo e con un Isee non superiore a 25mila euro. Le richieste accolte lo scorso anno «sono state più di 50mila» fa sapere l'Inps, «circa la metà quest'anno». L’assegno viene corrisposto ogni mese fino al primo anno di vita del bambino. Questa volta però il reddito familiare conta perché, come chiarisce l'Inps sul sito, spettano 960 euro l’anno (80 euro al mese per 12 mesi) con un Isee fra i 7mila euro ed i 25mila euro annui; 1.920 euro l’anno (160 euro al mese per 12 mesi) con un Isee non superiore a 7mila euro annui».
E ancora il bonus asilo nido o di assistenza familiare per patologie croniche istituito con la legge di stabilità 2017 e pari a 1000 euro annui. A questo hanno diritto tutti i genitori che iscrivano i propri bimbi a un nido per un massimo di tre anni e per figli nati o adottati tra il gennaio 2016 e dicembre 2018 (sperando naturalmente che la misura sia prorogata). A regolarla la circolare Inps numero 14 del 29 gennaio 2018.
Da non confondere peraltro con il voucher baby sitting – anche detto “bonus infanzia” – istituito nel 2013 e prorogato fino a fine 2018 (ma attenzione, non cumulabile con l'altro, né con le detrazioni previste per la frequenza di asili nido). «Il bonus asilo nido viene erogato con cadenza mensile, parametrando l’importo massimo di mille euro su 11 mensilità» chiarisce il sito Inps, «per un importo massimo di 90,91 euro direttamente al beneficiario che ha sostenuto il pagamento, per ogni retta mensile pagata e documentata».
Anche qui il reddito familiare non conta, e il rimborso è aperto a tutti. Il sistema prevede però una sorta di prenotazione del budget perché il contributo è erogato fino a esaurimento dei fondi. «All’atto della domanda il richiedente dovrà indicare le mensilità relative ai periodi di frequenza scolastica compresi tra gennaio e dicembre 2018 per le quali intende ottenere il beneficio. Ciò permetterà di accantonare gli importi relativi ai mesi prenotati» spiega infatti la circolare 14 del 29 gennaio 2018.
Da menzionare è poi anche una misura residuale che si aggira intorno ai 1700 euro e che è duplice, e riservata a chi possiede un Isee basso: per il 2018 il tetto è 17mila euro, ma il valore è in costante aggiornamento e per determinarlo bisogna rivolgersi a un caf. Da una parte c'è infatti l'assegno di maternità concesso alle neomamme dal Comune, sempre a carico dell'Inps. Come specifica il sito, il contributo può essere richiesto dalle non lavoratrici, oppure dalle lavoratrici che non abbiano raggiunto i requisiti per ottenere il sussidio dell'Inps (le tre mensilità di contribuzione, per chi è iscritta alla Gestione separata), oppure che non ricevano una retribuzione nel corso della maternità. «Se poi l'importo dell'indennità o della retribuzione dovessere essere inferiori all'importo dell'assegno» specifica ancora il sito, «la madre può chiedere al Comune l'assegno in misura ridotta». Altra cosa è invece l'assegno di maternità dello Stato, riservato alle madri precarie e con lavori discontinui in regola con la contribuzione, oppure al momento disoccupate o che abbiano subito un licenziamento. Anche per questa seconda misura si applica la cosiddetta quota differenziale, cioè la madre – se destinataria di altri sussidi – può richiedere la differenza. Il tutto entro sei mesi dalla nascita del bambino.
Ilaria Mariotti
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