La polizza assicurativa obbligatoria non piace ai giovani avvocati: costa troppo in proporzione ai guadagni

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 20 Dic 2017 in Approfondimenti

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Il 2017 ha portato una novità non di poco conto per i legali in tutta Italia: l’obbligo di dotarsi di una polizza professionale. Gli oltre 243mila iscritti all’albo, secondo le statistiche del Consiglio Nazionale Forense, stando a quanto stabilito dalla legge 247/2012 (art. 12) devono stipulare una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione e dalla custodia di documenti, denaro, titoli ricevuti in deposito dai clienti. E devono anche avere una polizza a copertura degli infortuni derivanti ai propri collaboratori in conseguenza dell’attività svolta.

Quanto stabilito dalla legge del 2012 è stato inserito nel decreto ministeriale del settembre 2016 che si occupa proprio delle “Condizioni essenziali e massimali minimi delle polizze assicurative” per la responsabilità civile di chi esercita la professione di avvocato. La polizza deve prevedere una retroattività illimitata, anche a favore degli iscritti, e una clausola di ultrattività almeno decennale.

In realtà erano cinque anni che una legge già parlava dell’obbligatorietà di dotarsi di una polizza, ma l'obbligo non era mai stato reso operativo. Di recente
era stata fissata la data limite dell’11 ottobre 2017. Ma proprio quel giorno in Gazzetta ufficiale è comparsa la proroga di un mese, facendo slittare l’obbligatorietà al 10 novembre. Un obbligo imprescindibile e che rientra tra i sei requisiti che devono ricorrere congiuntamente per rimanere iscritti all’albo, tra questi anche quello di essere titolari di una partita Iva attiva e di aver trattato almeno cinque affari per ciascun anno: pena la cancellazione.

Il provvedimento della polizza ha agitato le acque tra i professionisti, soprattutto tra i più giovani e tra quelli che non hanno una grandissima mole di lavoro. Partiamo dai dati: secondo i numeri dell’avvocatura 2016 analizzati dalla Cassa
Forense, più della metà degli avvocati ha un reddito annuale sotto i 20mila euro con quasi tre su dieci con poco più di 5mila. Ed è soprattutto la fascia più giovane della categoria a rientrare nei guadagni medio bassi. Al di sotto dei 29 anni, infatti, il reddito irpef medio è di poco più di 10mila euro, e migliora di scarsi 4mila euro tra i 30 e i 34 anni.

Ed è quindi su queste categorie di avvocati ancora alle prime armi che questa misura creerà qualche difficoltà. Perché la polizza deve essere adottata da tutti, indipendentemente dal guadagno annuale.

Certo, non è proprio intuitivo capire che cosa debba coprire una polizza assicurativa per un avvocato, al contrario, ad esempio, di come possa essere lampante quella adottata da un chirurgo. Bisogna quindi andare a leggere bene il decreto entrato in vigore quest’anno per capire di che si tratta. La polizza assicurativa deve garantire «la copertura della responsabilità del professionista per qualsiasi tipo di danno arrecato al cliente: patrimoniale, non patrimoniale, indiretto, permanente, temporaneo e futuro. Ed è inclusa anche la copertura per responsabilità da colpa grave e per pregiudizi causati a terzi». In pratica l’avvocato si deve assicurare per due profili di rischio: quello legato all’esercizio della professione in sé e verso la clientela – responsabilità per danni involontariamente provocati nello svolgimento della professione legale, compresa la custodia di documenti, somme di denaro, titoli ricevuti in deposito dai clienti – e quello legato alle vicende dell’attività organizzata in azienda
quindi infortuni di dipendenti e collaboratori. Categoria in cui rientrano anche gli infortuni ai praticanti.

Ma quanto costa questa polizza? Gli avvocati possono provare a chiedere un preventivo alle varie agenzie di assicurazioni che si sono mobilitate per prevedere delle offerte di questo tipo, ma bisogna stare in guardia e verificare che le offerte personali prevedano di default anche l’opzione per l’ultrattività decennale.

Per non dover negoziare personalmente i costi si può approfittare delle convenzioni sottoscritte dagli organismi di categoria, primo fra tutti l’ente previdenziale – la Cassa forense. Al momento quelle disponibili sono nove, e riguardano gruppi assicurativi sia italiani sia stranieri. Logicamente il costo della polizza varia a seconda del fatturato dichiarato dal professionista, ma anche dalle garanzie accessorie scelte. Ad esempio, Generali prevede per gli avvocati under 35 uno sconto del 50% sul premio annuo della polizza, fissato a 300 euro l’anno, per chi non supera i 30mila euro di fatturato. In cambio si otterrà un massimale sinistro annuale di 350mila euro.

La convenzione con Compagnia Amissima prevede per gli avvocati iscritti alla Cassa da non più di sei anni, quindi senza limite di età, un premio minimo di 250 euro, sempre con un massimale di 350mila, per chi ha un introito massimo di 30mila euro l’anno. Premio lordo annuo che a partire dal settimo anno di iscrizione sale a 400 euro.

Diverse le tariffe con la Unipol Sai, che per chi guadagna entro i 15mila euro annui con un massimale di copertura di 350mila euro, chiede un premio di 260 euro a cui si applica uno sconto in base al numero di anni di iscrizione all’albo portando la cifra a scendere, per il primo anno, a 183 euro.


Anche la società Brokeritaly è tra quelle che hanno sottoscritto una convenzione con la Cassa Forense creando un pacchetto che parte da un premio minimo di 135 euro per quanti hanno un fatturato inferiore ai 15mila euro annui.

Ci sono anche altre convenzioni e poi esiste come già scritto la contrattazione personale con le agenzie. Ma proviamo a fare un po’ di calcoli per vedere se ai giovani avvocati questa spesa, apparentemente non altissima, incida o meno sul reddito.

Secondo i dati della Cassa Forense, i giovani avvocati al di sotto dei 30 anni superano di pochissimo i 10mila euro annui di reddito. Se a questi si tolgono i 1.846 euro di contributi da versare alla Cassa
e si tratta già della riduzione riservata agli under 35 per i primi sei anni di iscrizione; la somma piena è 3.609 euro –, si sottrae poi la quota annuale da versare agli Ordini di appartenenza (che varia a seconda delle regioni con una media sui 200 euro), e si elimina anche la cifra per la polizza professionale sui 250 euro, l’avvocato under 35 chiude l’anno con un ottimistico reddito lordo di 7.700 euro, scarsi 640 al mese. A cui vanno sottratte anche le spese per l’utilizzo di determinati software e soprattutto il fitto almeno di una stanza all’interno di uno studio per esercitare la professione.

È su queste cifre reali, quindi, che è scoppiato il malcontento degli avvocati. Che alla fine, comunque, si sono dovuti rassegnare a sottoscrivere le polizze. Tutto finito? Non proprio. Perché dopo le proteste del Consiglio nazionale forense che ha chiesto al ministro della giustizia di valutare l’opportunità di modificare la legge «nel senso di prevedere come facoltativa» la copertura assicurativa in materia di infortuni, in una prima stesura obbligatoria anche per quelli derivanti a sé, alla fine è arrivata la risposta del guardasigilli Orlando. Che
, d’accordo «sull’opportunità di rimettere all’autonoma decisione del singolo avvocato la stipulazione di una polizza a copertura degli infortuni a sé derivanti in conseguenza dell’attività svolta nell’esercizio della professione», aveva comunicato di aver trasmesso all’Ufficio legislativo la proposta di modifica dell’articolo 12 comma 2 della legge 247.

E infatti anche il Parlamento si è occupato della questione. Tanto che nel decreto collegato alla legge di bilancio 2018, approvato in via definitiva al Senato il 30 novembre, è stato dedicato l’articolo 19-novies alla questione, cancellando dalla legge del 2012 le parole “a sé”. In pratica l’avvocato non ha più l’obbligo di stipulare una polizza per la copertura degli infortuni derivanti a sé stesso, ma resta l’obbligo per la copertura assicurativa di
eventuali collaboratori, dipendenti e praticanti. Nonostante proprio il Ministero avesse chiesto al suo ufficio legislativo di valutare anche l'ipotesi della modifica relativa all'esenzione dell'avvocato dall'obbligo assicurativo per gli infortuni derivanti ai collaboratori già provvisti di relativa copertura data dall'iscrizione all'Inail.

Resta quindi da chiedersi come mai ci sia stata un'abrogazione a metà, non comprendendo i collaboratori, e se vi sia spazio in futuro per un'eventuale abrogazione dell'assicurazione infortuni anche per questi soggetti. Quello che è probabile è che a questo punto anche i costi ora disponibili vengano rimodulati e diminuiti. Con buona pace dei tanti professionisti under 30 alle prime armi
e con redditi bassi che, preoccupati dal poter essere cancellati dall’albo, la polizza l'hanno già sottoscritta entro i termini previsti.



 Marianna Lepore

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