Scritto il 24 Nov 2023 in Interviste
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Come le nuove tecnologie stanno trasformando il mondo del lavoro? Quali sono i nuovi mestieri che sono nati proprio da, per e con queste tecnologie? In un momento in cui il dibattito sull'intelligenza artificiale, da Chat GPT in giù, sta esplodendo in tutto il mondo, vale la pena di capire se il fatto che le aziende usino sempre di più tecnologie come servizi di cloud computing, big data, intelligenza artificiale, sia un rischio o un'opportunità.
Parliamo in questo episodio del podcast della Repubblica degli Stagisti di mestieri del futuro con Marco Pesarini, che è partner di Bip xTech – Bip è un'azienda che da molti anni fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, ed è la più grande società di consulenza a matrice italiana al mondo. Pesarini in Bip è "Cloud Data Competence" e guida un gruppo di 250 persone.
«La tecnologia, la robotica, l'intelligenza artificiale stanno aggiungendo nuovi strumenti al lavoro che facciamo, nuovi strumenti che aiutano a cancellare i lavori difficili, noiosi, ripetitivi» esordisce Pesarini: «Siamo davanti ad una trasformazione le cui prospettive ancora fatichiamo a comprendere ma che sono sicuramente molto interessanti». Questi strumenti sono secondo lui un prezioso supporto che permetterà agli esseri umani di spingersi «sempre di più nella direzione della creatività, dell'intuizione, e sempre meno nell'ambito dell'esecuzione».
In effetti i nuovi mestieri "gemmati" dalle innovazioni tecnologiche non solo sono molti, non solo sono in crescita, ma garantiscono anche nella maggior parte dei casi condizioni contrattuali e retributive superiori rispetto alla media. Insomma, avere questo tipo di competenze permette di poter trovare più facilmente lavoro.
Eppure ci sono ancora troppe poche persone che scelgono di formarsi in questi campi. Il cosiddetto mismatch, la discrepanza tra ciò che i datori di lavoro cercano e le competenze possedute in media da chi è alla ricerca di lavoro, è sempre molto alto in Italia: e quando si parla di digital mismatch, ancora di più. Specie per le ragazze: secondo uno studio realizzato nel 2019 da noi della Repubblica degli Stagisti e Spindox, un'altra delle aziende virtuose dell'RdS network con il supporto dell'Osservatorio giovani dell'Istituto Toniolo su un campione di ben 2mila persone tra i 20 e i 34 anni, molte donne restano lontane dai percorsi formativi in informatica perché persiste tutt'oggi un enorme stereotipo di genere che disegna lo studio dell'informatica, così come le professioni ICT, come “roba da maschi”.
Ma ovviamente questi lavori in realtà sono alla portata di chiunque abbia un'attitudine, a prescindere dal genere: «Serve soprattutto una preparazione alla comprensione del requisito, al problem solving, all'analisi» conferma Pesarini: ci sono «sempre più donne che entrano in questi percorsi; quindi se è vero che adesso la proporzione è sbilanciata a favore degli uomini, a tendere questa cosa cambierà». E il manager spezza anche una lancia in favore del nostro sistema accademico: «Le università italiane, con un approccio più classico, preparano benissimo a questi lavori del futuro».
Con Eleonora Voltolina, fondatrice della Repubblica degli Stagisti, nel corso dell'episodio Marco Pesarini approfondisce anche il tema del cosiddetto "low coding": «Non sarà importante in futuro essere dei super esperti di codifica», bensì «saper guidare le macchine» spiega, e sopratutto «supervisionare il risultato che questi robot danno. Perché una cosa di cui forse ancora si parla poco è che tutti questi strumenti sono fallaci, hanno una percentuale di rischio d'errore», sottolinea: ci sarà quindi molto bisogno «nel futuro di analisti, persone con un notevole senso critico che sappiano intercettare errori generati da strumenti che sembrano perfetti e che quindi tendono a nascondere i propri errori».
Anche perché «l'intelligenza artificiale non è etica», ammonisce il manager: «Etica e supervisione saranno sempre nelle mani dell’uomo; questo è il nuovo lavoro dell'ingegnere che lavora nell'ambito dell'intelligenza artificiale». Il pensiero non può che correre a R. Daneel Olivaw, indimenticabile e profetico personaggio al centro della saga dei robot e della Fondazione di Isaac Asimov.
Tornando ai temi più concreti, e agli sbocchi lavorativi offerti dalle nuove tecnologie, gli sviluppi più recenti hanno cambiato molto la situazione del mondo del lavoro in ambito IT. Pesarini spiega per esempio come per anni ci sia stata una grande richiesta di data scientists, «specialisti di intelligenza artificiale creata da zero». Ma questa figura, «per quello che stiamo percependo nel mercato, adesso è già superata» dice il manager, perché il Data Scientist classico faceva quel «che oggi Chat GPT fa facilmente. Per questo stiamo sempre di più investendo su figure tipo Data Engineer, Cloud Engineer, che invece che sviluppare l'intelligenza artificiale da zero – il Data Scientist di prima – utilizza un'intelligenza artificiale sviluppata da altri, implementata e integrata ai nostri processi». Si staglia dunque all’orizzonte la «decrescita» della figura del Data Scientist «a favore della crescita di figure come quella del Cloud Data Engineer e del Machine Learning Engineer, che poi è il Data Scientist specializzato sulle tecnologie che arrivano dal Cloud».
Altro esempio: «Mentre il settore IT assorbiva il 90% di informatici negli anni passati, adesso ci sarà molto più spazio per gli altri» dice Pesarini: «Gli informatici avranno ancora un ruolo centrale, ma non saranno più maggioritari: anche perché in questi ultimi anni sono cresciuti molto i corsi professionalizzanti, a cui è possibile accedere quando si ha una laurea di un altro tipo» – vale a dire, non Stem – «oppure anche semplicemente un diploma di scuola superiore, e che danno degli strumenti immediatamente spendibili sul mercato del lavoro digitale, come per esempio una formazione in uno specifico linguaggio informatico». Insomma, si tratta di un settore che offre tante opportunità anche al di là della – sempre molto valorizzata – laurea in ingegneria o in informatica.
Senza dimenticare che a chi ha competenze informatiche vengono proposti contratti più solidi e stipendi più alti, perché «c'è meno disponibilità nel mercato, e c'è meno esperienza», conferma Pesarini, «per cui viene pagata più la competenza che non l'esperienza: oggi io incontro e assumo giovani con ruoli che normalmente avrei dato a persone più esperte, banalmente perché su alcuni temi non si possono avere anni di esperienza perché la tecnologia è molto moderna!». Inoltre con questo tipo di competenze si è appetibili ovunque nel mondo: «chi lavora in questo mercato ha la possibilità non di lavorare in Italia o per l'Italia, ha la possibilità di lavorare dovunque e per chiunque» sottolinea il manager: «In questo contesto, essere italiani e essere cresciuti in una scuola italiana, quindi magari non essere super fluenti in inglese, non è assolutamente un limite: un aspetto molto importante, penso, per i giovani italiani da focalizzare».
L’intera conversazione è disponibile nell’episodio del podcast RdS, in cui alla fine Marco Pesarini svela anche il suo libro del cuore. Buon ascolto!
L'immagine di apertura è di Zhenyu Luo, tratta da Unsplash
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