Inaccettabili pensioni d'oro, in Parlamento due proposte per tagliarle secondo giustizia

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 13 Nov 2013 in Articolo 36

I giovani pensano poco alla questione della pensione. Quasi per niente, a dir la verità. Ma nel dibattito pubblico il tema è molto sentito, anche perché gli anziani sono la maggioranza degli iscritti al sindacato e, in un certo senso, anche la maggioranza dei votanti alle elezioni. Così come la riforma dell'età pensionabile attuata due anni fa dalla Fornero fece molto discutere, così periodicamente ritorna nelle aule del Parlamento e nei media il tema delle pensioni da tagliare.

Ma quali pensioni vanno tagliate?
Ieri sera Giorgia Meloni, già ministro della Gioventù nell'ultimo governo Berlusconi e oggi parlamentare di Fratelli d'Italia, ha riassunto la questione con un intervento molto efficace durante la trasmissione Ballarò. Prima commentando il provvedimento di "taglio alle pensioni d'oro" contenuto nella bozza della legge di stabilità: «A quelli che prendono una pensione che supera i 150mila euro l'anno chiediamo il 5% della parte che eccede i 150mila euro. Cioè: non il 5% di 150mila. Se prendo 160mila, il 5% di 10mila. Io considero che questo sia vergognoso». Secondo la deputata la classe politica dovrebbe avere il coraggio di dire «una volta per tutte che bisogna da una parte non toccare le pensioni della povera gente, che sono quelle che noi continuiamo a toccare sempre; e guarda un po' la Corte costituzionale - interamente composta, apro e chiudo parentesi, da pensionati d'oro - non dichiara mai incostituzionali i provvedimenti tipo il blocco delle indicizzazioni delle pensioni da 1.400 euro. E invece andare a stanare e comunque riequilibrare i diritti per chi ha avuto troppo in rapporto alle generazioni successive». Specificando che «col sistema retributivo c'erano alcuni meccanismi che hanno permesso ad alcune pensioni di essere totalmente al di fuori del consentito, anche per questo tempo, anche per le pensioni in essere. Noi abbiamo in Italia 200mila persone che prendono una pensione più alta di 10 volte la pensione minima. 300 persone che prendono una pensione che è più alta di 50 volte la minima e che da sole ci costano 115 milioni di euro».

Dopo questa premessa la Meloni ha presentato la proposta del suo partito: «Oggi è arrivata in Commissione lavoro della Camera dei deputati la proposta di legge in materia di Fratelli d'Italia. Che cosa dice? Una cosa banale. Per le pensioni in essere, quindi anche per quelle che noi stiamo dando adesso, si calcola un tetto: dieci volte la pensione minima. Sono 5mila euro, non sono pochi. Fino a quel tetto non si tocca. Sopra, si calcolano i contributi. Li hai versati i contributi per prendere una pensione da 8mila, 10mila, 20mila, 90mila euro al mese? Se li hai versati i contributi sono soldi tuoi»: significa che il lavoratore li accantonati mese dopo mese con i versamenti previdenziali, e dunque è giusto che lo Stato glieli renda sotto forma di pensione. «Non li hai versati? La parte che eccede la taglio e vado ad aiutare le pensioni di invalidità, le pensioni minime, la povera gente».

La Meloni si riferisce alle tante pensioni d'oro che, come il sistema retributivo permetteva, non sono basate sul calcolo delle quote contributive effettivamente versate. E lancia un guanto di sfida, durante la trasmissione di Floris, a due degli altri ospiti presenti, il 34enne Roberto Speranza del Pd e Paolo Romani, già ministro dello Sviluppo economico per il Pdl: «C'è qui il capogruppo democratico e un illustrissimo esponente del Popolo della libertà, insieme fanno la maggioranza del Parlamento. Io penso che sarebbe un bellissimo segnale se una volta tanto l'Italia da questo punto di vista facesse per una volta una legge considerata giusta: perché senza giustizia, senza la percezione di uno stato giusto, noi non possiamo restituire speranza. Questi due illustri esponenti del parlamento italiano sono disposti ad approvare insieme a Fratelli d'Italia la nostra proposta di legge che forse darebbe un segnale di giustizia in Italia?».

In attesa di sapere se il Partito democratico e il Popolo delle libertà sceglieranno di appoggiarla o di osteggiarla, ecco i dettagli della proposta di legge "Disposizioni concernenti il calcolo del limite massimo dei trattamenti pensionistici", catalogata agli atti della Camera con il n° 1253, presentata lo scorso 21 giugno con Meloni come prima firmataria. Un unico articolo suddiviso in tre commi con il quale si prevede, al comma 1, che «I trattamenti pensionistici obbligatori, integrativi e complementari, i trattamenti erogati da forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, […] nonché i trattamenti che assicurano prestazioni definite per i dipendenti delle regioni a statuto speciale e degli enti […] con esclusione delle prestazioni di tipo assistenziale, degli assegni straordinari di sostegno del reddito, delle pensioni erogate alle vittime del terrorismo e delle rendite erogate dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, i cui importi, alla data di entrata in vigore della presente legge, risultino superare complessivamente, anche in caso di cumulo di più trattamenti pensionistici, dieci volte l’integrazione al trattamento minimo dell’Inps, sono ricalcolati e corrisposti secondo il sistema contributivo». Utilizzando i risparmi così ottenuti per sostenere le pensioni minime e di invalidità.

Una proposta straordinariamente affine a quella elaborata da Pietro Ichino, Giuliano Cazzola e Irene Tinagli qualche mese fa. I tre parlamentari di Scelta Civica l'avevano presentata poco prima di Ferragosto attraverso una lettera di Ichino al Corriere della Sera: «Nei giorni scorsi il Corriere ha dato conto dettagliatamente di alcuni trattamenti pensionistici davvero impressionanti: molte decine di migliaia di euro al mese». Entrando subito nello specifico: «La realtà è che ci sono “pensioni d’oro” di due tipi, molto diversi tra loro. Se non mettiamo a fuoco la differenza tra i due tipi, la nostra battaglia contro le rendite indebite è destinata a nuove sconfitte, come quella subita ultimamente davanti alla Corte costituzionale: la quale ha ritenuto incostituzionale il “contributo straordinario” del cinque per cento che il Governo Monti aveva imposto sulle pensioni superiori a 90.000 euro annui (dieci per cento su quelle superiori ai 150.000)».

La differenza sta proprio lì dove anche Giorgia Meloni la colloca: «Il primo caso è quello di chi percepisce una pensione molto elevata perché per tutta la propria vita lavorativa ha percepito retribuzioni molto elevate, e ha versato contributi previdenziali in proporzione. In questo caso, la “pensione d’oro” non è altro che una porzione, differita nel tempo, della “retribuzione d’oro” che l’ha generata». Ichino fa l'esempio di un ipotetico signor Rossi che per tutta la sua vitalavorativa abbia guadagnato un milione di euro all'anno, versando 3-400mila euro all'anno di contributi.

E poi descrive il secondo caso, totalmente diverso: «Il discorso cambia radicalmente se il sig. Rossi ha avuto la retribuzione di un milione di euro soltanto negli ultimi dieci della sua vita lavorativa, ma la sua pensione è stata calcolata per intero in proporzione alla retribuzione e contribuzione di quell’ultimo decennio. In questo caso, il sig. Rossi si è effettivamente guadagnato soltanto un terzo o un quarto della pensione d’oro che gli viene erogata, mentre la parte restante è sostanzialmente regalata. Questo si chiama “sistema retributivo” di calcolo della pensione; ed è quello che è stato in vigore fino alla riforma Monti-Fornero del dicembre 2011, per tutti i fortunati che hanno incominciato a lavorare e versare contributi previdenziali prima del 1978 (cioè per la generazione di quelli che oggi hanno cinquanta o sessant’anni). Oggi la maggior parte delle pensioni d’oro nasce proprio dall’applicazione di questo vecchio e sbagliatissimo metodo di calcolo: il sig. Rossi incomincia a guadagnare il super-reddito soltanto nell’ultimo periodo della sua vita lavorativa, ma si vede poi calcolata la pensione per intero in riferimento a quell’ultimo periodo». Ichino spiega che «questa è la parte della pensione non effettivamente guadagnata: la differenza tra la pensione calcolata in proporzione alle ultime retribuzioni e quella calcolata in stretta proporzione ai contributi versati nel corso di tutta la vita lavorativa».

Se le premesse sono uguali, la differenza delle due proposte sta
nel cosa fare della porzione di pensione «regalata»: Fratelli d'Italia propone di tagliarla di netto, Scelta Civica opta per una soluzione intermedia, quella di applicarvi un consistente   «contributo straordinario». Ichino, Cazzola e Tinagli, forti anche delle loro competenze accademiche, spiegano che questa modalità neutralizzerebbe eventuali annullamenti da parte della Corte costituzionale: «Se il contributo straordinario sarà riferito soltanto a questa differenza, la Corte non potrà non approvarlo, poiché esso non creerà una disparità di trattamento, bensì al contrario ridurrà un privilegio indebito, in un momento di straordinaria necessità».

Insomma, i pensionati d'oro in Italia non sono quelli che percepiscono pensioni alte perché nella loro vita lavorativa hanno versato tanti contributi; bensì quelli che, pur avendo versato contributi in maniera modesta, per qualche meccanismo estremamente favorevole si ritrovano con un trattamento pensionistico (o più trattamenti cumulati) stellare, completamente slegato dai contributi versati. Queste "regalie di Stato" vanno contrastate; che sia con la soluzione radicale di Giorgia Meloni o con quella più morbida di Pietro Ichino, è comunque urgente agire per riequilibrare la situazione che, in un momento di crisi come questo, risulta ancor più insopportabile sia ai pensionati "normali" che prendono poche centinaia di euro al mese, sia ancor di più alla folta schiera di disoccupati. Senza parlare delle centinaia di migliaia di giovani iper-precari che spesso non arrivano a guadagnare nemmeno quei mille euro al mese che sono la base minima per poter sopravvivere senza dover pesare sulle spalle delle famiglie d'origine.

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